Carissimi lettori, ecco qui il commento alla terza puntata del ciclo su Di Giacomo di "canzonenapoletana@rai.it", nonostante le infinite sofferenze. Le sofferenze, e voglio spendere quattro parole questa volta, sono dovute al fatto che la Rai, che si vanta di essere il "servizio pubblico" italiano, ha reso il sito dedicato ai suoi programmi internazionali, quello che permette l'ascolto di questa trasmissione, molto difficilmente accessibile a noi non vedenti (chi esclude qualsiasi categoria non si può chiamare "servizio pubblico", magari si potrebbe chiamare "servizio di maggioranza!").
Ma veniamo alle cose a noi note e da noi amate, perché si inizia a ricordare i capolavori digiacomiani.
Si inizia con un brano intitolato "Ammore piccerillo", uno di quei duetti giocosi così romantici e pepati. Il brano, musicato da Enrico de Leva, è una tarantella molto addolcita, talmente che non riesce facile farsi prendere dal ritmo. L'interpretazione che ascoltiamo, di questa riflessione piccantina sull'amore, è di Amedeo Pariante e Pina Lamara, brano molto bello e sconosciuto.
Ed eccoci ad un disco molto frusciato, tramite il quale il grande posteggiatore Pietro Mazzone ci fa sentire questa "Matalè". Non riesco a capire un granché del testo, posso dirvi che è un tipico brano binario, quelli dove accordi minori e maggiori si alternano tra strofa e ritornello. L'interpretazione fa intuire la bellezza del brano, che dovrebbe essere ascoltato in una versione moderna per capirlo meglio. La musica è di Vincenzo Valente, bellissima melodia piena d'arte e di allegria.
Stiamo ascoltando ora una tarantella che, secondo me, non è di Di Giacomo ma questa è un'altra storia. Bisogna dire che lo stile ce l'ha, perché è uno di quei ritratti femminili pieni d'amore, tenerezza e spasso. La musica, di Salvatore Gambardella, è una tarantella che, poco prima del ritornello, rallenta brevemente. La versione che si ascolta è di Nina di Landa, una cantante del cafè-chantant. Per ascoltare una versione moderna di questo brano si può ricorrere all'"Antologia della canzone napoletana" di Bruno Venturini.
Ed eccoci a questa "Vocca addurosa", che Di Giacomo scrive insieme a Vincenzo Valente. Il brano, risalente al 1897, è interpretato da Francesco Daddi. E' un brano di corteggiamento spassoso, caratterizzato da una struttura fortemente binaria, quasi di marcetta, ma senza militarismo. L'interpretazione di Daddi, se magari smorza un po' la felicità presente nel testo con qualche tremolato di troppo, è comunque molto bella e anche il disco è buono (miracolo!).
Dello stesso anno è questa "'A sirena" che noi a scoltiamo nella versione di Gennaro Pasquariello, che Paquito del Bosco definisce "magistrale", ma io definirei piuttosto deludente per la sua eccessiva velocità. La versione è molto valzerata, condizione che non permette di evidenziare i bellissimi particolari della melodia, che si possono invece ascoltare benissimo nelle versioni di Antonello Rondi, Mario Abbate ed altri interpreti. E' una canzone sul potere che hanno le donne di cambiare il destino della vita d'un uomo, il quale, per quanto tenti di scappare, viene sempre irrimediabilmente attratto nella trappola.
La puntata si chiude con l'interpretazione di Francesco Daddi della "Serenata napulitana", scritta sempre nel 1897 da Di Giacomo e Pasquale Mario Costa. L'interpretazione è deludente, per gli stessi motivi della precedente, soprattutto per l'eccessiva velocità che caratterizza la prima parte di ogni strofa, quella che non viene arpeggiata. Questa serenata, fatta ad una donna che aspetta un altro uomo che nel frattempo l'ha lasciata, ha delle versioni bellissime da parte di Roberto Murolo, Consiglia Licciardi ed altri interpreti.
Spero che vi sia piaciuto questo commento, vi saluto augurandomi che questi stimoli facciano riscoprire la bellissima ed insuperabile canzone classica napoletana.
domenica 14 marzo 2010
Commento ala puntata del 14/03/10 di "Canzonenapoletana@rai.it".
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