sabato 28 luglio 2012

Un paio di comunicazioni

Carissimi lettori, nel post col quale vi annunciavo di poter finalmente rispondere ai vostri eventuali commenti, vi avevo laconicamente accennato di una mia avventura virtuale che all'epoca era poco più di un sogno ma che, da ormai tre giorni è nata. Mi riferisco alla web radio Pizzica e dintorni, dedicata alle autoproduzioni del Centro-Sud Italia, registrate modernamente ma suonate con strumenti tradizionali. Mi sono divertita ad archiviare per intero i dischi della mia collezione che avessero le caratteristiche sopra descritte ed è venuta fuori una playlist di trecento brani, in verità divisa in due parti, "Salento" e "Altro", dato che delle altre regioni ho (e credo purtroppo si possa trovare) poco materiale autoprodotto, quantomeno qui. Non va dimenticato, scusate l'appunto polemico, che nonostante i numerosi meridionali Perugia non è assolutamente recettiva dal punto di vista del mercato, se non ad un certo gruppo (e chi conosce sa di chi parlo). Comunque provate a viaggiare, che il viaggio è pur sempre bello! Chi mi volesse cercare su Facebook digiti Valentina Locchi e mi troverà senza problemi. Mi dispiace un sacco che non posso permettermi di modificare il mio profilo su Youtube con il link alla "creaturina", spero che questo post attizzi comunque la vostra curiosità.

Un paio di comunicazioni

Un paio di comunicazioni

mercoledì 25 luglio 2012

Briganti di Terra d'Otranto: "Focu de paja"

Carissimi lettori, oggi sono particolarmente felice di aggiornare questo blog, per una recensione inaspettata, quella del cd "Focu de paja" dei Briganti di Terra d'Otranto. Il cd comincia con un brano che io personalmente non ho mai amato, in questo annetto di conoscienza dei Briganti, da me scoperti tramite Youtube (vi ricordo il loro canale www.youtube.com/brigantichannel). Il brano si chiama "Zumpa", è una tarantella con interessanti venature irlandesi, sottolineate dal violino che in questo cd ha una parte predominante, mentre dal vivo è sfidato da vicino dai flauti di Stefano Blanco. Quello che non mi convince è il testo, lo trovo abbastanza banale e anche un po' qualunquista, con quella filosofia che la pizzica redime da tutto e quindi stiamo bene. Fortunatamente il cd si riprende ed arriva forse subito alla sua vetta, con una pizzica dal titolo "Core schiattusu". Musicalmente è iniziata dal basso elettrico di Tonino Friolo (quando lo sostituiranno con un basso acustico o dei mantici brinderò all'evento!). Comunque va riconosciuto al musicista leccese che ha trovato uno stile bassistico fortemente compatibile con la pizzica. Il testo del brano è un dialogo tra un uomo e una donna (Giovanni Esperti ed Antonella Esposito, rispettivamente chitarrista e voce femminile del gruppo). Forse la voce della cantante non ha la perfezione né la personalità di voci più note come possono essere Anna Cinzia Villani, Cinzia Marzo o Maria Mazzotta, ma è interessante e in fondo autentica. Quello che è curioso del brano è che è la donna a respingere le avance, romantiche e mai esagerate, dell'uomo. Da sentire, anche per la ricchezza sottesa al bel giro di tonica, dominante, sottotonica e quarta che accompagna il brano (purissimo, grazie a Dio!). Andando avanti si trova "Essiti cacciatori de sti sciardini", bella resa della pizzica sullo stile di Cosimino Surdo. Si potrebbe dire che si sarebbe potuto fare di più soprattutto a livello di strofe. Difatti i Briganti decidono di non interpretare la parte in grico, ma si limitano a fare la piccolissima parte in salentino che eseguiva lo stesso Cosimino. Bella ma forse risulta un po' ripetitiva a chi non sia stato folgorato dalla versione live attuale del gruppo. Andando avanti il cd tocca un'altra delle sue vette (e ce ne sono ancora altre due, una particolarmente alta!). Il brano che segue si intitola "Serenata alla mia bella". Su un ritmo di tammurriata, scandito per i bassi dal tom di Friolo e per la parte alta dai tamburelli, si fa una serenata ad una donna di rara poesia. I Briganti, particolarmente abili nel mettersi nei panni e nello stile dei veri cantori di tradizione pur innovando profondamente e dolcemente la stessa, si immaginano che il protagonista, un contadino, ripeto, faccia questa serenata, veramente poetica e piena di notevoli metafore semplici (imparate gruppi secondo cui solo il cantare politico innova la tradizione!). Tornando alla tradizione piena si ascolta una versione in minore, particolarmente gradevole, de "Lu sule calau calau", fatta a tarantella, ma con un giro che ricorda più una tarantella di tipo garganico piuttosto che una salentina. Bello il canto di Antonella Esposito, al contempo sofferto e festoso (anche qui, imparate!). Andando avanti troviamo una pizzica di Aradeo, bella ma forse un minimo impoverita. Il passaggio in minore non è appannaggio del canto (e chi mi conosce sa bene come la penso...), ogni due giri strumentali questo torna, alternandosi con un passaggio in maggiore. La curiosità è che spesso, non sempre, il basso di Friolo suona in maggiore mentre gli altri strumenti sono in minore (leggermente disarmonico ma non sgradevole). Le strofe di questa "E balla beddha mia" sono tutte tradizionali (una in verità è ripresa dalla "Fermate" degli Aramirè, che in "Mazzate pesanti" è accreditata solo a Raheli). Comunque è bella, forse un po' di forza in più non le avrebbe fatto male, ma sono particolari. Ed ecco la vetta "particolarmente alta" di cui accennavo, la bellissima versione di "Aremu rindineddha" cantata da Antonella Esposito. La particolarità della melodia è che è sviluppata ogni due strofe (ragiono con la convenzione di tutte le altre versioni che conosco, non con lo schema metrico dello scritto che non ricordo). Di queste due strofe una è cantata in maniera tradizionale, mentre una parte della seconda è salita di una terza. Il canto dell'Esposito, che come ho accennato è leggermente sporco, riesce comunque ad avere una dolcezza magica e semplice. CDiò che però secondo me rende magico questo brano è il giro strumentale che separa le strofe, nonché l'arpeggio della chitarra di Esperti. E quando si torna alla pizzica, perché eccoci, cantiamo un brano piccante (ho usato il verbo cantare perché con i Briganti i brani si canticchiano anche se non si sanno, anche qui agli altri dico: imparate!). Dal ribadire il doppio senso della parola chitarra, usata qui ad intermittenza sia come strumento che come simbolo fallico (con il pudore dei contadini, ho detto che i Briganti sembrano quelli che più d'ogni altro hanno imparato a scrivere e pensare in maniera tradizionale o quasi), arriviamo ad un innamorato che ci racconta dei suoi grandi patimenti per un amore non corrisposto, sempre consolati da questa chitarra (come atmosfera potrebbe anche ricordare "Chitarra vagabonda", uno degli ultimi grandi brani del liscio italiano). In studio questo brano, dal titolo "'Na sturiella" (repetita iuvant), perde un pochino, come tutto ciò che riguarda i Briganti, ma da sempre gusto. Il terzultimo brano è "Pensieri de nu brigante", dove il gruppo si immagina che un brigante parli della sua attuale situazione, ora che il brigantaggio è finito. Molto bella, perché con leggerezza, come sempre fa il gruppo (e imparate!), ricorda anche le fatiche dei salentini, cosa di cui nemmeno questa musica parla più, se non stravolgendosi e in maniera polemica. Il brano è una ballata, dalle forti tinte celtiche, sostenuta dal tom di Friolo, che mostra un'anima mediterranea che te lo fa apprezzare molto (il giorno che lo sostituiranno con una bella tammorra io non piangerò!). La penultima traccia è una versione, forse anche troppo bandistica, di un brano della tradizione salentina, spesso cantato tra gli altri da Gli Ucci dal titolo "Tuppe tuppe". Sicuramente gradevole, ma siamo lontani dai momenti migliori del cd, poi i fiati di banda fanno un passaggio leggermente disarmonico. L'ultima traccia è un brano strumentale in tonalità mista, maggiore minore, dal ritmo paragonabile ad una beguine, con le solite coloriture celtiche di cui abbiamo ampiamente disquisito, buono ma sicuramente non tra i migliori momenti del disco, che comunque consiglio in maniera calda, dato che, come molto catalogo della Irma records e della sua sottoposta Maffucci music viene distribuito in maniera capillare in tutta Italia dalla Edel. A chi dice che i Briganti dovrebbero essere più coraggiosi nella composizione dico che ormai c'è più coraggio nella semplicità e nel rapporto pacifico con la tradizione piuttosto che nella sperimentazione ardita.

giovedì 5 luglio 2012

Qualche riflessione sul concerto per l'Emilia.

Carissimi lettori, questa sera (25 giugno 2012) recensirò per voi il concerto per l'Emilia terremotata, in diretta da Rai 1. Per farlo mi servirò della televisione dei miei che dal piano di sotto emette l'evento, difatti, per chi non lo sa, il pur bello portale www.rai.tv non emette gli eventi in diretta, solo i programmi "normali", etrasmettendo gli eventuali concerti o avvenimenti in diretta solo successivamente quindi in modalità differita. Ha iniziato zucchero con "Il suono della domenica", ballata triste un po' irlandese, dove forse però il nostro non brilla. Il nostro si riprende sicuramente con "Per colpa di chi", brano dall'impianto fortemente punk, per il quale non ci vuole una grande vocalità. Dopo è salito sul palco Francesco Guccini, che, accompagnato dalla sua band, ha interpretato "Il vecchio e il bambino", con gli impagabili assoli di Roberto Manuzzi all'armonica cromatica, strumento che il cantautore pavanese utilizza moltissimo da una ventina d'anni a questa parte, basta pensare al cd "Quasi come Dumas" (1989). Successivamente è salita sul palco Caterina Caselli che, insieme a Guccini ha interpretato "Per fare un uomo", brano del cantautore da lei lanciato nel 1964. Devo dire che, mentre Guccini riesce a cantare molto correttamente e sembra perfino tornato all'espressività dei tempi migliori, lei è stonata e non gestisce più il fiato. Per convincersi di ciò basta ascoltare la versione che ha appena interpretato di "Insieme a te non ci sto più", suo cavallo di battaglia, scritto per lei da Paolo Conte. Il concerto sta continuando con Luciano Ligabue, che interpreta "Il giorno di dolore che uno ha", uno degli inediti del disco live di una quindicina di anni fa "Su e giù da un palco". Il brano è interpretato solo voce e chitarra, abbassato di ben tre toni, il cantautore di Correggio canta abbastanza bene ma non si può dire sia perfetto. Il cantautore ha continuato con "Il meglio deve ancora venire", fatta in tonalità originale, quindi le stonature hanno purtroppo costituito un'ingrediente fondamentale. Dopo è salito sul palco Beppe Carletti, tastierista e membro fondatore dei Nomadi, che ancora però non ha suonato con il suo gruppo. Ora stiamo ascoltando Raffaella Carrà, la Raffaellona nazionale, che, abbassandola di ben tre toni, dà un'interpretazione direi abbastanza deludente della sua canzone "Rumore". Qui non stanno suonando dal vivo, forse quello che è dal vivo sono le sue urla di incitamento. Ed eccoli i Nomadi, che riprendono un brano uscito come inedito in "Nomadi 40", dal titolo "Io voglio vivere". La voce di Cristiano, il nuovo cantante, è più rock di quella di Danilo Sacco, ma del carisma di Augusto neanche l'ombra. Si sentono chiaramente delle stonature, il cantante è uno di quelli che pensano che cantare all'italiana faccia "provinciale", mentre farebbe "figo" scimmiottare gli altri (intanto gli stranieri vanno in brodo di giuggiole per artisti come Modugno o Villa ed apprezzano i nostri migliori gruppi folk dal Canzoniere agli Zoè!). I Nomadi, per salutare il pubblico, interpretano una versione nomade-metallara (niente note tenute mi raccomando!) di "Io vagabondo". Il brano lo amo, ovviamente, la versione assolutamente no! Vorrei Augusto, se esistesse la macchina del tempo vorrei vivere una sola serata con lui nei Nomadi! Il pubblico, come succede normalmente a questo punto del brano, canta, per poi lasciare al gruppo il finale. Pur di nascondere le mancanze vocali si fa i virtuosi, vecchia storia! Dopo l'intervento di Alessandro Bergonzoni, basato su giochi di parole spesso belli ma forse anche roboanti, troviamo gli Stadio che interpretano "Sorprendimi", una canzone scritta una decina d'anni fa, di tematica romantica, che suonata in questo contesto può essere presa come un incitamento alla solidarietà. Notevole il pezzo di sassofono, che veramente faceva pensare a Dalla (grande assente di questa serata emiliana). C'è Curreri che sta sfidando il pubblico (per la verità poco intonato) in dei vocalizzi abbastanza difficili. È salito sul palco Gianni Morandi, che sta interpretando, insieme a Curreri e ai suoi Stadio, "Chiedi chi erano i Beatles", brano che il cantante di Monghidoro aveva interpretato già nel pregevole "Dalla-Morandi". Il brano, fra l'altro, permette di fare anche un omaggio ad uno dei più grandi poeti bolognesi, il vanguardista Roberto Roversi, autore del testo del brano. Sull'interpretazione favorisce senza dubbio Morandi, in quanto ci si scorda di fare i camhbi di tonalità che sarebbe auspicabile sentire, se si volessero parificare i due interpreti. Morandi continua ad avere una voce cristallina, che non sente usura. Ed ora si sta facendo un interessante omaggio a Dalla con "Piazza grande", anche se, forse, l'anima portoghese di questo brano, per il bolognese spesso così importante, è assente. Qui è diventata una ballata pop, senza venature etniche, forse un po' più povera. Abbastanza mal riuscito è lo scat da jazzista che Morandi e Curreri vorrebbero riprendere dalla versione di "Banana republic". E dopo l'Emilia dei cantautori, arriva quella nota internazionalmente, rappresentata in questo caso dal sassuolese Nek (Filippo Neviani). Il cantautore sta ora interpretando "Lascia che io sia", una canzone d'amore. Siccome fa "provinciale" suonare all'italiana, naturalmente ci sono chitarre distorte a gogò. Il ragazzo va detto che ci sa fare, gli va anche riconosciuto che ha avuto il coraggio di alzare di un mezzo tono il brano, senza fare poi molte stonature. A questo giro il cantautore sta interpretando, rigorosamente dal vivo, sarà il caso di ricordarlo, un brano che è un semplice ma sincero inno alla vita. Il brano, caratterizzato da una sempre piacevole struttura terzinata, era l'inedito di un best uscito pochi anni fa e portava il titolo di "E da qui". Dopo l'intervento di due sportivi (tra cui Alberto Tomba ("la bomba"), Samuele Bersani, uno dei migliori pupilli di Lucio Dalla, sta interpretando, in maniera abbastanza sentita anche se non perfetta (la canzone non sarebbe da cantare allo stadio Dallara...) il suo classico "Giudizi universali". Il pubblico è galvanizzato, canta anche se non è particolarmente facile. Adesso Samuele Bersani sta interpretando "Chicco e spillo", brano che lo ha reso famoso e che aveva anticipato nelle radio (ancora libere e private!) il suo primo cd dal titolo "Ci hanno preso tutto", prodotto dalla Pressing di Lucio Dalla. La versione è infinitamente più rock, meno leggera, forse più incisiva rispetto al testo, io però la preferisco nella veste storica. Per quanto riguarda il cantautore bolognese c'è da segnalare la raccolta "Psicò, vent'anni di canzoni". Andando avanti c'è Paolo Belli, cantante dei Ladri di biciclette, poi fondatore di una jazz band che è particolarmente nota per la sua partecipazione fissa al programma di Milly Carlucci "Ballando sotto le stelle". Il brano che sta eseguendo è "Un giorno migliore", brano dall'andamento swing con accenni latini, rappresentati spesso da un ottavino. Ora Paolo belli sta facendo un breve scat, seguito dall'appello per le donazioni. Il brano aveva preso provvisoriamente una piega strana, per poi riprendere il proprio ritmo verso il finale. Ora Paolo Belli sta eseguendo un inedito scritto insieme a dei ragazzi che vengono dalle zone terremotate. È una ballad molto lenta, va detto che forse loro hanno voci più congeniali a questo repertorio rispetto a Paolo Belli stesso, che va meglio sicuramente per le canzoni ridanciane. Notevoli le voci ma anche l'assolo di sassofono non si fa assolutamente disprezzare. Il brano è una suadentissima jazz ballad, sensuale, in tonalità maggiore perché comunque deve dare speranza (e nel tono minore essa manca di sicuro...). E si continua con Luca Carboni, che accompagnato solo da una chitarra interpreta "Silvia lo sai", brano degli anni Ottanta. Come sviluppo entrano anche altri strumenti e il brano cede lestamente spazio a "Mi ami davvero", brano che prende, con apparente dolcezza, di mira gli eccessi di una società come quella moderna, votata al consumismo. E dall'album "Carboni" (1992), quello che conteneva "Ci vuole un fisico bestiale", viene "Mare mare". Va detto che in questa occasione davvero si può palpare l'esistenza effettiva di una "scuola emiliana" che, seppur giustamente non vuole avere limitazioni creative o geografiche, altrettanto orgogliosamente non vuole perdere il legame con i propri luoghi d'origine. Ora ascoltiamo Cesare Cremonini, che senza gruppo dà sempre il meglio di sé, accompagnandosi con il pianoforte sta interpretando "Mondo". La voce ama librarsi in voli imprevisti, dialogando con il pianoforte molto ritmico, in un modo che avvicina questa esecuzione più a musica classica che a canzonetta pop. Ora Cremonini sta interpretando, in maniera direi personale e convincente, "L'anno che verrà", che ha visto l'arrivo di (mamma mia aiutami tu!) Laura Pausini. Quello che mi fa rabbia di questa cantante è che, e non è l'unica oltretutto, che ha una bella voce che sfrutta male, urlando come una pazza testi spesso insulsi. Ora ascoltiamo Andrea Mingardi, che dopo aver ricordato una canzone da lui interpretata ad un Festival di Sanremo con Alessandro Bono ("Con un amico vicino") fa un omaggio ai Beatles con una reinterpretazione di "With a little help of my friends", ispirata alla versione di Joe Cooker. Va detto che il nostro brilla sempre quando si tratta di poter mostrare la propria anima blues, mentre mi delude quando prova a fare il melodico (non ha voce per farlo...). E a proposito di brani portati dal nostro a Sanremo, torniamo al 2004, anno in cui, insieme ai Blues brothers, proprio quelli del film, ha interpretato questo inno alla musica e all'orgoglio di fare questo mestiere (per quanto la gente non lo capisca, anche d'arte si può e si deve avere il diritto di vivere dignitosamente). Va detto che la voce di Mingardi non soffre usura, riesce benissimo a gestire il fiato, esempio per molta, troppa gente che non ha più la perfezione come obiettivo canoro. Di Mingardi sarà forse curioso ricordare la versione, deludente per dirla tutta, de "La fiera di San Lazzaro", incisa nel suo cd in dialetto bolognese, in collaborazione con Francesco Guccini. Mi dà al quanto fastidio l'arrangiamento country, diciamolo, è un po' pretenzioso. Stiamo assistendo ad un momento mozza fiato, il maestro Andrea Criminelli (flautista) sta eseguendo, con un flauto traverso d'argento, un medley delle Avemarie di Gunot e Schubert, lo strumento sta cantando come una voce umana, è impressionante. Non si può non ringraziare la Rai in queste occasioni, molti momenti di questa serata sono stati irripetibili, bello e sentito davvero. Peccato solo la presentazione di Frizzi, che spesso urla inutilmente Stiamo ascoltando i Modena City Ramblers, gruppo che io stimavo di più quando c'era Stefano Bellotti detto "Cisco" (insuperabile è il loro primo cd, "Riportando tutto a casa", quello, per capirci, con i "Funerali di Berlinguer"). Sinceramente la riformulazione del gruppo da qualche anno a questa parte credo privilegi troppo l'aspetto spettacolare (importante, ovvio!) ma mai da mettere in subordinazione a quello della qualità timbrica ed espressiva. Il gruppo ora sta eseguendo una sua bellissima composizione dal titolo "I cento passi", colonna sonora di un film. Il gruppo la sta eseguendo insieme a Cisco, diciamo che quando c'è lui il contributo eleva molto la qualità dell'insieme. Bellissimo anche il tin wistle che ricorda le radici irlandesi del gruppo, ben presto però passato ad un più innoquo (dal punto di vista musicale) pop poco contaminato da elementi etnici. E i Nomadi, a chiudere, interpretano "Dio è morto" di Guccini. Bella, ma manca lui, sarebbe stato galante invitarlo. Carissimi lettori, questa sera (25 giugno 2012) recensirò per voi il concerto per l'Emilia terremotata, in diretta da Rai 1. Per farlo mi servirò della televisione dei miei che dal piano di sotto emette l'evento, difatti, per chi non lo sa, il pur bello portale www.rai.tv non emette gli eventi in diretta, solo i programmi "normali", etrasmettendo gli eventuali concerti o avvenimenti in diretta solo successivamente quindi in modalità differita. Ha iniziato zucchero con "Il suono della domenica", ballata triste un po' irlandese, dove forse però il nostro non brilla. Il nostro si riprende sicuramente con "Per colpa di chi", brano dall'impianto fortemente punk, per il quale non ci vuole una grande vocalità. Dopo è salito sul palco Francesco Guccini, che, accompagnato dalla sua band, ha interpretato "Il vecchio e il bambino", con gli impagabili assoli di Roberto Manuzzi all'armonica cromatica, strumento che il cantautore pavanese utilizza moltissimo da una ventina d'anni a questa parte, basta pensare al cd "Quasi come Dumas" (1989). Successivamente è salita sul palco Caterina Caselli che, insieme a Guccini ha interpretato "Per fare un uomo", brano del cantautore da lei lanciato nel 1964. Devo dire che, mentre Guccini riesce a cantare molto correttamente e sembra perfino tornato all'espressività dei tempi migliori, lei è stonata e non gestisce più il fiato. Per convincersi di ciò basta ascoltare la versione che ha appena interpretato di "Insieme a te non ci sto più", suo cavallo di battaglia, scritto per lei da Paolo Conte. Il concerto sta continuando con Luciano Ligabue, che interpreta "Il giorno di dolore che uno ha", uno degli inediti del disco live di una quindicina di anni fa "Su e giù da un palco". Il brano è interpretato solo voce e chitarra, abbassato di ben tre toni, il cantautore di Correggio canta abbastanza bene ma non si può dire sia perfetto. Il cantautore ha continuato con "Il meglio deve ancora venire", fatta in tonalità originale, quindi le stonature hanno purtroppo costituito un'ingrediente fondamentale. Dopo è salito sul palco Beppe Carletti, tastierista e membro fondatore dei Nomadi, che ancora però non ha suonato con il suo gruppo. Ora stiamo ascoltando Raffaella Carrà, la Raffaellona nazionale, che, abbassandola di ben tre toni, dà un'interpretazione direi abbastanza deludente della sua canzone "Rumore". Qui non stanno suonando dal vivo, forse quello che è dal vivo sono le sue urla di incitamento. Ed eccoli i Nomadi, che riprendono un brano uscito come inedito in "Nomadi 40", dal titolo "Io voglio vivere". La voce di Cristiano, il nuovo cantante, è più rock di quella di Danilo Sacco, ma del carisma di Augusto neanche l'ombra. Si sentono chiaramente delle stonature, il cantante è uno di quelli che pensano che cantare all'italiana faccia "provinciale", mentre farebbe "figo" scimmiottare gli altri (intanto gli stranieri vanno in brodo di giuggiole per artisti come Modugno o Villa ed apprezzano i nostri migliori gruppi folk dal Canzoniere agli Zoè!). I Nomadi, per salutare il pubblico, interpretano una versione nomade-metallara (niente note tenute mi raccomando!) di "Io vagabondo". Il brano lo amo, ovviamente, la versione assolutamente no! Vorrei Augusto, se esistesse la macchina del tempo vorrei vivere una sola serata con lui nei Nomadi! Il pubblico, come succede normalmente a questo punto del brano, canta, per poi lasciare al gruppo il finale. Pur di nascondere le mancanze vocali si fa i virtuosi, vecchia storia! Dopo l'intervento di Alessandro Bergonzoni, basato su giochi di parole spesso belli ma forse anche roboanti, troviamo gli Stadio che interpretano "Sorprendimi", una canzone scritta una decina d'anni fa, di tematica romantica, che suonata in questo contesto può essere presa come un incitamento alla solidarietà. Notevole il pezzo di sassofono, che veramente faceva pensare a Dalla (grande assente di questa serata emiliana). C'è Curreri che sta sfidando il pubblico (per la verità poco intonato) in dei vocalizzi abbastanza difficili. È salito sul palco Gianni Morandi, che sta interpretando, insieme a Curreri e ai suoi Stadio, "Chiedi chi erano i Beatles", brano che il cantante di Monghidoro aveva interpretato già nel pregevole "Dalla-Morandi". Il brano, fra l'altro, permette di fare anche un omaggio ad uno dei più grandi poeti bolognesi, il vanguardista Roberto Roversi, autore del testo del brano. Sull'interpretazione favorisce senza dubbio Morandi, in quanto ci si scorda di fare i camhbi di tonalità che sarebbe auspicabile sentire, se si volessero parificare i due interpreti. Morandi continua ad avere una voce cristallina, che non sente usura. Ed ora si sta facendo un interessante omaggio a Dalla con "Piazza grande", anche se, forse, l'anima portoghese di questo brano, per il bolognese spesso così importante, è assente. Qui è diventata una ballata pop, senza venature etniche, forse un po' più povera. Abbastanza mal riuscito è lo scat da jazzista che Morandi e Curreri vorrebbero riprendere dalla versione di "Banana republic". E dopo l'Emilia dei cantautori, arriva quella nota internazionalmente, rappresentata in questo caso dal sassuolese Nek (Filippo Neviani). Il cantautore sta ora interpretando "Lascia che io sia", una canzone d'amore. Siccome fa "provinciale" suonare all'italiana, naturalmente ci sono chitarre distorte a gogò. Il ragazzo va detto che ci sa fare, gli va anche riconosciuto che ha avuto il coraggio di alzare di un mezzo tono il brano, senza fare poi molte stonature. A questo giro il cantautore sta interpretando, rigorosamente dal vivo, sarà il caso di ricordarlo, un brano che è un semplice ma sincero inno alla vita. Il brano, caratterizzato da una sempre piacevole struttura terzinata, era l'inedito di un best uscito pochi anni fa e portava il titolo di "E da qui". Dopo l'intervento di due sportivi (tra cui Alberto Tomba ("la bomba"), Samuele Bersani, uno dei migliori pupilli di Lucio Dalla, sta interpretando, in maniera abbastanza sentita anche se non perfetta (la canzone non sarebbe da cantare allo stadio Dallara...) il suo classico "Giudizi universali". Il pubblico è galvanizzato, canta anche se non è particolarmente facile. Adesso Samuele Bersani sta interpretando "Chicco e spillo", brano che lo ha reso famoso e che aveva anticipato nelle radio (ancora libere e private!) il suo primo cd dal titolo "Ci hanno preso tutto", prodotto dalla Pressing di Lucio Dalla. La versione è infinitamente più rock, meno leggera, forse più incisiva rispetto al testo, io però la preferisco nella veste storica. Per quanto riguarda il cantautore bolognese c'è da segnalare la raccolta "Psicò, vent'anni di canzoni". Andando avanti c'è Paolo Belli, cantante dei Ladri di biciclette, poi fondatore di una jazz band che è particolarmente nota per la sua partecipazione fissa al programma di Milly Carlucci "Ballando sotto le stelle". Il brano che sta eseguendo è "Un giorno migliore", brano dall'andamento swing con accenni latini, rappresentati spesso da un ottavino. Ora Paolo belli sta facendo un breve scat, seguito dall'appello per le donazioni. Il brano aveva preso provvisoriamente una piega strana, per poi riprendere il proprio ritmo verso il finale. Ora Paolo Belli sta eseguendo un inedito scritto insieme a dei ragazzi che vengono dalle zone terremotate. È una ballad molto lenta, va detto che forse loro hanno voci più congeniali a questo repertorio rispetto a Paolo Belli stesso, che va meglio sicuramente per le canzoni ridanciane. Notevoli le voci ma anche l'assolo di sassofono non si fa assolutamente disprezzare. Il brano è una suadentissima jazz ballad, sensuale, in tonalità maggiore perché comunque deve dare speranza (e nel tono minore essa manca di sicuro...). E si continua con Luca Carboni, che accompagnato solo da una chitarra interpreta "Silvia lo sai", brano degli anni Ottanta. Come sviluppo entrano anche altri strumenti e il brano cede lestamente spazio a "Mi ami davvero", brano che prende, con apparente dolcezza, di mira gli eccessi di una società come quella moderna, votata al consumismo. E dall'album "Carboni" (1992), quello che conteneva "Ci vuole un fisico bestiale", viene "Mare mare". Va detto che in questa occasione davvero si può palpare l'esistenza effettiva di una "scuola emiliana" che, seppur giustamente non vuole avere limitazioni creative o geografiche, altrettanto orgogliosamente non vuole perdere il legame con i propri luoghi d'origine. Ora ascoltiamo Cesare Cremonini, che senza gruppo dà sempre il meglio di sé, accompagnandosi con il pianoforte sta interpretando "Mondo". La voce ama librarsi in voli imprevisti, dialogando con il pianoforte molto ritmico, in un modo che avvicina questa esecuzione più a musica classica che a canzonetta pop. Ora Cremonini sta interpretando, in maniera direi personale e convincente, "L'anno che verrà", che ha visto l'arrivo di (mamma mia aiutami tu!) Laura Pausini. Quello che mi fa rabbia di questa cantante è che, e non è l'unica oltretutto, che ha una bella voce che sfrutta male, urlando come una pazza testi spesso insulsi. Ora ascoltiamo Andrea Mingardi, che dopo aver ricordato una canzone da lui interpretata ad un Festival di Sanremo con Alessandro Bono ("Con un amico vicino") fa un omaggio ai Beatles con una reinterpretazione di "With a little help of my friends", ispirata alla versione di Joe Cooker. Va detto che il nostro brilla sempre quando si tratta di poter mostrare la propria anima blues, mentre mi delude quando prova a fare il melodico (non ha voce per farlo...). E a proposito di brani portati dal nostro a Sanremo, torniamo al 2004, anno in cui, insieme ai Blues brothers, proprio quelli del film, ha interpretato questo inno alla musica e all'orgoglio di fare questo mestiere (per quanto la gente non lo capisca, anche d'arte si può e si deve avere il diritto di vivere dignitosamente). Va detto che la voce di Mingardi non soffre usura, riesce benissimo a gestire il fiato, esempio per molta, troppa gente che non ha più la perfezione come obiettivo canoro. Di Mingardi sarà forse curioso ricordare la versione, deludente per dirla tutta, de "La fiera di San Lazzaro", incisa nel suo cd in dialetto bolognese, in collaborazione con Francesco Guccini. Mi dà al quanto fastidio l'arrangiamento country, diciamolo, è un po' pretenzioso. Stiamo assistendo ad un momento mozza fiato, il maestro Andrea Criminelli (flautista) sta eseguendo, con un flauto traverso d'argento, un medley delle Avemarie di Gunot e Schubert, lo strumento sta cantando come una voce umana, è impressionante. Non si può non ringraziare la Rai in queste occasioni, molti momenti di questa serata sono stati irripetibili, bello e sentito davvero. Peccato solo la presentazione di Frizzi, che spesso urla inutilmente Stiamo ascoltando i Modena City Ramblers, gruppo che io stimavo di più quando c'era Stefano Bellotti detto "Cisco" (insuperabile è il loro primo cd, "Riportando tutto a casa", quello, per capirci, con i "Funerali di Berlinguer"). Sinceramente la riformulazione del gruppo da qualche anno a questa parte credo privilegi troppo l'aspetto spettacolare (importante, ovvio!) ma mai da mettere in subordinazione a quello della qualità timbrica ed espressiva. Il gruppo ora sta eseguendo una sua bellissima composizione dal titolo "I cento passi", colonna sonora di un film. Il gruppo la sta eseguendo insieme a Cisco, diciamo che quando c'è lui il contributo eleva molto la qualità dell'insieme. Bellissimo anche il tin wistle che ricorda le radici irlandesi del gruppo, ben presto però passato ad un più innoquo (dal punto di vista musicale) pop poco contaminato da elementi etnici. E i Nomadi, a chiudere, interpretano "Dio è morto" di Guccini. Bella, ma manca lui, sarebbe stato galante invitarlo.

Radio italia trent'anni

Carissimi lettori, da qualche giorno è in commercio la compilation con cui Radio Italia solo musica italiana festeggia i suoi trent'anni di solo pop italiano (chi legge queste righe sa che per me la musica italiana è tutto ciò che viene cantato in italiano o nei suoi tanti e vari dialetti). Con l'aiuto di un sito proverò a fare una personale, probabilmente anche un pochino polemica, recensione del triplo cd. Il primo cd inizia con un capolavoro di Claudio Baglioni, la classica "Avrai", pubblicata nel 1981 nell'album "Strada facendo", ma campione di vendite nel 1982, anno in cui Radio Italia nasce. Il brano è dedicato, come molti sanno, al figlio di Baglioni, ottimo chitarrista. L'inizio è buono ma riscendiamo (sprofondiamo!) subitissimamente, in quanto alla seconda traccia tocca il ricordo di "Bravi ragazzi", brano dell'italo-ispanico Miguel Bosè. Pezzettino che potrebbe far ricordare un twist, cantato con una voce che non sa né di me né di te, difatti l'unica cosa di Miguel Bosè che mi piace è la versione spagnola di "Beautiful that way", bellissimo testo che la grande cantante israeliana Noa aveva messo sulla melodia del tema del film "La vita è bella, musica scritta dal grande Nicola Piovani e pellicola diretta da Roberto Benigni. E per fortuna però voliamo subito in alto, la terza traccia del cd 1 (sono tre cd, l'ho già detto ma ribadisco!) è "Vacanze romane" dei Matia Bazar. Quelli che si sentono sono i veri Matia Bazar, quelli con Aldo Stellita al basso e, soprattutto, con l'ineguagliabile voce di Antonella Ruggero. Il brano è interessantissimo perché coniugava atmosfere retrò con l'elettronica in maniera davvero notevole. Bellissima è anche la versione acustica realizzata dalla Ruggero per il suo cd "Registrazioni moderne", pubblicato circa una quindicina di anni fa, nel quale la cantante rileggeva brani dei Matia Bazar con altri gruppi. Per quanto riguarda il gruppo e la sua condizione attuale, devo dire che il ritorno della grande Silvia Mezzanotte li ha fatti risalire moltissimo nella mia stima, ascoltare "Sei tu" (brano dell'ultimo Sanremo) per capire di cosa parlo. La Faccani, vocalist precedente, con il suo virtuosismo mi andava subito in stufo. Ed ecco "Fotoromanza" cavallo di battaglia di Gianna Nannini. Il brano non è malvagio, io però, pur non essendo per niente una fan della rocker senese, elevo a capolavoro "Ragazzo dell'Europa", ballata larga e sinuosa. Narra una leggenda metropolitana delle tante che girano sul mio conto, che io una volta avessi suonato "Vamos a la playa" con una pianolina per bambini (è possibilissimo dato che io sono nata nel 1983!). I Righeira, gruppo che ha sfornato questo hit in pseudo spagnolo, non aveva solo questo brano tra i suoi classici, bensì anche "L'estate sta finendo". Ballata in maggiore per mascherare la tristezza, testo banalissimo, racconto di un'amore la cui fine coincide con l'estate (se affrontiamo questo repertorio cento volte meglio "La fine di agosto" di Little Tony). Andando avanti continuiamo a sprofondare nella palude musicale italiana (si salvi chi può!) perché troviamo "Noi ragazzi di oggi", brano presentato da Luis Miguel, che per questo è considerato qui poco meno che una nullità, ad un Festival di Sanremo di metà anni Ottanta. Il brano, scritto dal Salvatore nazionale (ovviamente Toto Cotugno) è un inno ai ragazzi degli anni Ottanta e alla loro purezza di spirito, ricalcando la struttura, sia testuale che musicale, di un'altra meraviglia brutta del Toto dal titolo "Figli". Mi va di spezzare (credo d'averlo già fatto ma si sa sono logorroica!) una lancia a favore di Luis Miguel. A parte questa insopportabile parentesi italiana, veramente sottoterra, il messicano ha sfornato capolavori, specialmente quando ha reinterpretato i boleros latino-americani nei dischi "Romances" e le canzoni Rancheras con i Mariachi messicani. Dal Festival di Sanremo 1986 viene la prossima traccia, quella "Adesso tu" a cui regalò la vittoria la stupidità di Arbore che non volle vincere Sanremo col "Clarinetto", pur essendo stato il più votato. Il brano è veramente insopportabile, sia per la voce del nostro, anche se ancora all'epoca era udibile, che per la musica completamente sintetica, che per il testo molto (moooolto) banale. Risaliamo un po' di livello con "Si può dare di più", brano che vinse la kermesse sanremese l'anno successivo. Non è sicuramente tra i brani migliori dei suoi interpreti (Tozzi-Morandi-Ruggeri), ma almeno ha una sua personalità innegabile. Come si sa, poi, è diventato l'inno della Nazionale Cantanti, squadra di calcio che gioca per scopi benefici. Dal 1988 viene un capolavoro ("Volare, oh! oh!"), il brano vincitore di quell'edizione di Sanremo, la tragica, bellissima e difficile "Perdere l'amore". L'album di Ranieri che la contiene serba notevolissime tracce, riscoprite almeno "Pierina" e "Acero bianco". Stupenda, eseguita con la secchezza di una voce ed una chitarra, è "Villanella ch'all'acqua vai", brano antico napoletano che chiude il disco. All'epoca Ranieri ancora non si era convinto di dover ripulire la canzone napoletana per poi sporcarla con ciò che gli pareva! Andando avanti troviamo una delle canzoni più brutte di un grande cantautore italiano. Mi riferisco a "Viva la mamma", hit del 1989, di Edoardo Bennato. Diciamo che qui ci sono vari fattori di cuore che mi fanno essere legata a questa canzone, ma devo dire che tutto quell'album, che fra l'altro mi fu regalato in cassetta da un amico, non rappresentò poi niente di così significativo per me. Se dovessi nominare qualche traccia particolarmente amata da me, sinceramente non ho dubbi (il disco si chiamava "Abbi dubbi") e dico che non ce n'è nessuna. Sprofondare! E a proposito di hit del 1989, purtroppo tutt'ora ascoltate, c'è "Vattene amore, brano che portò alla moda l'espressione "Trottolino amoroso", che caratterizza come nessuna il ritornello di questo brano. Devo dire che il primo repertorio di Mietta non mi dispiaceva, mi ricordo volentieri di brani come "Dubbi no" o "Volano le pagine", ma di "Vattene amore" me ne scorderei volentierissimo. "Sotto questo sole" di Francesco Baccini e i Ladri di Biciclette (gruppo capeggiato da Paolo Belli) continua questa selezione. Il brano è un swinghettino carino, i due hanno voci particolari e piacevoli, bella chicca della mia infanzia. Per quanto riguarda Baccini devo ammettere che il primo repertorio, forse i primi due album, mi piace abbastanza, ho già più problemi con Belli e tutto quello che lo concerne. Di Baccini trovo bellissima "Ti amo e non lo sai", mentre di Belli (solista) trovo geniale "Angelo angelino". Dal 1990 viene "Attenti al lupo" del grande e compianto (terribile la sua morte, ancora non ci credo!) Lucio Dalla. Il brano è giocoso, ma credo che sotto il gioco nasconda un messaggio importante: non dobbiamo mai essere preda della paura (peccato che certa politica venga invece fatta sulla paura e così, specialmente quelli di una certa parte, vincono sempre!). Curiosità riguardo questa canzone potrebbe essere per molti italiani la versione in spagnolo, che in messico veniva lanciata da una tv che ora credo inesistente chiamata Tele hit, la cui programmazione il finesettimana veniva emessa dal canale Galavisión. Bella anche in castigliano, il bolognese aveva una bella pronuncia. Sono molto legata al primo disco degli 883 (avete presente "Hanno ucciso l'uomo ragno"?). Mi ricordo la maniera in cui irruppe questa canzone nelle radio, quando ancora queste erano libere di trasmettere e non esisteva il forte condizionamento che sta portando alla morte civile della radio via etere (il web: radio alla riscossa!). Il brano è molto carino, va detto che in quel modo Max Pezzali (voce degli 883) dava il massimo, dopo, quando è passato il primo impatto, la delusione è stata cocente. Mi ricordo che avevo almeno due persone nella mia cerchia che erano fanatici del gruppo: uno era un mio compagno di scuola e l'altro era mio cugino. Quest'ultimo aveva una cassettina di questo disco, mi piaceva da morire un brano che non so quanto sia conosciuto, la ballata "Con un deca". Il secondo disco degli 883 ancora fece in tempo ad entrare nella mia vita, dandomi stimoli interessanti, dopo c'è stata la morte! Andando avanti si trova il brano che dà il titolo al cd che sancisce per me l'inizio dell'inarrestabile declino di Vasco Rossi. Il cd si intitolava "Gli spari sopra", brani di rock banale e falsamente duri, solo equilibrati da una bella "Gabri", ma già mancava l'ironia e soprattutto la voce del nostro si stava facendo inascoltabile. Mi pare poi che questo essere sempre arrabbiati spesso nasconda anime deboli. Dio mio! Entriamo nell'anno della discesa in campo del "Grande capo", e ci entriamo con uno degli hit di Lorenzo Jovanotti, tratto dal suo disco "Lorenzo '94". La frase che mi ha sempre fatto un po' ribrezzo di questa canzone è: "Serenata rap, serenata metropolitana: mettiti con me, non sarò un figlio di p..." . L'unica cosa che rende meritorio questo brano è la rivalutazione del mandolino, che da noi, forse perché è nello stereotipo "pizza, spaghetti e mandolino" , viene snobbato. Divagazione: cosa dovrebbe fare la Spagna col flamenco? Lo dovrebbe snobbare insieme alla corrida? Loro, signori miei, sono orgogliosi delle loro tradizioni, noi no! E non mi venite a dire che tutta questa contaminazione sfrenata è segno di orgoglio: è segno solo della nostra grandissima inferiorità! E anche nel secondo cd torna Eros, con il brano che aveva lanciato il cd "Dove c'è musica". Le uniche canzoni che riesco a sentire di Ramazzotti sono le prime, quindi ovviamente questa traccia la disapprovo! Grande il brano che segue, peccato il primo interprete ed autore. Il brano è "Oggi sono io" di Alex Britti, il quale però vale solo come chitarrista, non appena canta, come diremmo dalle nostre parti, "s'arvultica tutto!" (tutto fa un giro completo opure va tutto sottosopra). Ovviamente migliore è la voce di Mina, che dove ha belle melodie ancora riesce ad arrivare a livelli molto alti di emotività (pensate a "Questa canzone", brano che ha lanciato il suo ultimo cd "Piccolino"). Il brano di Britti ha molti spunti armonici interessanti di matrice jazz-blues, il problema del Britti è che non va oltre quello! Un anno prima del cinquantenario della Vespa (che si sarebbe festeggiato nel 2000) i Lunapop, capeggiati dal giovane Cesare Cremonini, le hanno tributato un omaggio con la canzone "50 special", tratta dal loro primo ed unico disco "Squerez". Il brano è orecchiabile ma niente di che, idem dicasi per tutto il disco. Di cremonini dico solo che come autore è bravo, nonostante che come cantante non valga un granché (non so come Dalla potesse stimarlo!). Entrando nel nuovo secolo si ascoltano le sorelle Iezzi (Paola e Chiara) con un hit dance davvero orribile, dopo la quale ne hanno sfornate tante sempre sulla falsa riga di questa. Questa è "Vamos a bailar (esta vida nueva)", perché in quel periodo eravamo sommersi da pezzettini spazzatura che si ispiravano al mondo latino-americano (vi ricordate di "Bailando bailando" delle Paradisio che Leone di Lernia aveva parodiato con "Magnando magnando"?). Il pezzo delle Iezzi è veramente orribile, d'altronde loro azzeccarono solo "Amici come prima", primo singolo della loro carriera, poi basta! Su Youtube vidi un video che mi fece abbastanza girare i cosiddetti, in quanto un fan di Fabrizio De Andrè (lui ci si riteneva, non so quanto sinceramente) accusava tutti quelli che avevano scoperto questo cantautore dopo la sua morte di non amarlo con la sufficiente sincerità. Il signore di cui parlo prevedeva quanto segue: alla morte di Tricarico tutti avremmo detto che costui era un poeta, così come tanti avevano fatto per De Andrè. Anche a me, da deandreiana puro sangue quale mi reputo, fa infuriare l'ipocrisia di molte testimonianze d'amore nei confronti di De Andrè, ma divido i suoi fans in sinceri ed insinceri, non sto a guardare se lo hanno amato anche in vita o solo dopo la morte. Tutto questo preambolo, dopo il quale ho volutamente saltato una riga, per entrare nel discorso Tricarico. A differenza di De Andrè costui è completamente stonato, a differenza di Faber scrive testi forse piacevoli ma banali, addirittura nel primo veniva definita "Puttana" la maestra. Che ci siano buoni e cattivi maestri è obiettivo, ma la parola "puttana" è inassociabile ad un termine così sacro come "maestra". E proprio questo brillante esempio di poesia autobiografica ritroviamo sparato in questa compilation, "sprofondare, oh! oh!" (Mimmo, m'hai perdonare). Del 2001 è la bella "Luce (tramonti a Nord-est)", cantata da Elisa e scritta per lei da Zucchero. Come ricorderete arrivò tra le prime a quel Sanremo, brano molto toccante di sicuro, forse io non avrei fatto una compilation così ma questa è Radio Italia solo musica italiana, l'"amica che ti tiene compagnia" con cose scontate per tre quarti del tempo. Dio santo arrivano i pugliesi! Raffaele Riefoli, in arte Raf, arriva con "Infinito", brano che aveva lanciato il cd "Iperbole". Il cantante, dopo essere stato tra i pionieri della dance italiana, sperimentava quasi il rap, con questa canzone su un amore che finisce ma non finisce. Sulle lacune di questa compilation e su come l'avrei fatta io magari avremo tempo di tornare. Per ora vi dico che in generale la trovo piuttosto banalotta! Nel 2001 la tripolitana Valeria Rossi ci voleva dare "tre parole", in un brano con una musica banale e monocorde, cantato con una voce monocordissima. Di quel suo disco d'esordio era molto più carina "Luna di lana", se non altro lì si giocava con le parole sino ad ottenere una filastrocchetta quasi popolare. E chi si può scordare gli inizi del "Ragazzo di ferro"? Tiziano Ferro, prima di rivelarci la sua notevole vena come autore, era nato come interprete di R&b ed hip hop, perché anche da noi erano esplosi fenomeni come Eminem o Paf Daddy. Il brano che ce lo aveva fatto conoscere era "Xdono", perché all'epoca si incominciava "la guerra santa dei pezzenti" (Guccini: chiedo venia per la citazione da "La locomotiva") contro l'italiano. La canzone è veramente patetica, insomma il protagonista, dato che siamo nel clima natalizio (e tutti siamo più buoni) chiede alla propria innamorata di perdonarlo. Su tiziano ferro dico che è sicuramente cresciuto, anche se dal vivo continua a stonare come un dannato. Per ascoltare un brano scritto da lui ed interpretato bene, benissimo!, si può ricorrere a "Il re di chi ama troppo", scritto per Fiorella Mannoia e contenuto nel suo cd "Il movimento del dare" (2007). Sul prossimo brano ho un ricordo curioso: in una delle mie puntate di Sarabanda come campionessa, fu invitata la mia classe. Ancora mi ricordo che capitò questa canzone e tra le mie compagne c'era una fan del "magico Liga" a cui io dedicai segretamente questa risposta che fu, ovviamente, corretta. Il brano, nonostante ciò, non mi piace, d'altronde di Ligabue amo solo i primi due o tre vinili poi è finita. Come Vasco trovo che sia andato verso una banalizzazione musicale troppo smaccata, quindi non lo reggo. Il brano è "Questa è la mia vita", mentre io di Ligabue consiglierei la riscoperta di "Metti in circolo il tuo amore", "Non è tempo per noi" (da studio, ovviamente!) ed "Ho messo via". Andando avanti con la track list di questa compilation, visione secondo me settaria della musica italiana, si trovano i Tiromancino. Non ho mai sopportato la voce di Federico Zampaglione, troppo dolce e sprovvista di potenza, non mi è mai andato giù il suo modo di scrivere testi... Il brano sarebbe anche bello se... Fabri Fibra non avesse deciso di coverizzarlo, scrivendo un testo da rapper cattivo (quale lui ritiene di essere) che ha come ritornello una particina di questa canzone. Dio santo!Mi ricordo ovviamente del brano successivo, non si sentiva altro nelle radio una decina di anni fa, era l'inizio della carriera di uno dei gruppi più sconclusionati della musica italiana, mi riferisco alle Vibrazioni. Il brano musicalmente è anche carino, sono interessanti gli accordi della strofa, difatti quello che rende questo gruppo "sconclusionato" è il suo scrivere testi insensati. Riascoltare il ritornello di "Vieni da me" e "trasecolare" (parola che credo perugina e che noi intendiamo come fare una faccia moooolto stupita!). E siamo arrivati ad una delle pochissime canzoni davvero belle uscite negli ultimi vent'anni, quella "Gocce di memoria" utilizzata da Ferzan Ozpetec per la colonna sonora del suo "La finestra di fronte". Il brano è una bella ballata corposa, melodica ed aperta, con un testo romantico rafforzato da una grande interpretazione di Giorgia e da una bellissima orchestrazione. Il fatto è che Giorgia ha un modo di cantare abbastanza prevedibile (contrariamente a Mina e Mia Martini), quindi per me l'interesse dell'ascolto si affievolisce subito. E come non poter nominare l'ambasciatrice dell'Italia in tutto il mondo, la Lauretta nazionale. La canzone di cui bisogna parlare è una di quelle dove la cantante urla perché ha capito che il suo destino è scimmiottare i nordamericani se vuole vincere Grammy o premi altolocati da quelle parti. Il brano è "Resta in ascolto" e dava il titolo ad un cd che aveva portato alla cantante romagnola grandissime soddisfazioni. Di Laura Pausini, praticamente, a me piacciono solo due o tre canzoni del primissimo periodo, fino al 1996, dopodiché ciao! Negli ultimi anni le radio si sono rese colpevoli di numerosi scempi, specialmente quello di aver dato notorietà (effimera, come è giusto che sia, ma comunque e sempre notorietà) a gruppi di nessun valore. È questo il caso degli Sugarfree, gruppo siciliano che portò il brano "Cleptomania" ad uno degli ultimi Festival di Sanremo. Il brano è una tipica canzone d'amore, che per mascherare la banalità del testo ricorre a trovate musicali non proprio trascurabili, ma ciò non toglie che non resta. Come molte delle canzoni che si fanno ora, e non lo dico per nostalgia, anche questa non si canta! Di Francesco Renga parlai bene già in un'altra occasione, è sicuramente bravo, forse però è vittima della pretesa di taluni cantanti di formazione rock appassionati di melodia, di voler fare il melodico pur mancando completamente di timbrica adatta. Difatti, dico io, per cantare brani di formazione o matrice italiana si possono avere due tipi di timbro: o quello da cantore popolare (vedasi Baglioni) o quello impostato di certi cantanti lirici, vedasi tenori come Tullio Pane, Franco Ricci o l'attuale Bruno Venturini (tutti e tre partenopei!). In questo cd troviamo "Angelo", canzone con cui Renga vinse il Festival di Sanremo 2005. Sicuramente la canzone è corposa, ma se ci vogliamo dedicare a brani scritti per i figli io preferisco pensare alla tenerissima "Fiore di maggio" di Concato. Sempre da quel Festival di Sanremo viene "I bambini fanno Oh", canzone molto stupidina del cantacameriere Giuseppe Povia. Io dico che, in una compilation con pretese storiche come questa di Radio Italia solo musica italiana, si sarebbe potuto fare un po' più di ricerca e andare a ripescare ad esempio una "Colpevole" di Nicola Arigliano. Questo fossilizzarsi sui successi, seppure forse rende a livello di vendite, allontana i veri cultori della musica, maggioranza di coloro che ancora acquistano i cd come qualcosa di materiale e non come mp3 da acquistare a 90 centesimi l'uno e poi mettere in anonime playlist. Andando avanti si trovano gli Zero assoluto (almeno sono stati sinceri nel darsi il nome!)con il brano che li ha lanciati al grande pubblico. Il brano in questione è una specie di ballata con qualche richiamo americaneggiante (era già passata la moda del sudamerica, siamo tornati pecorelle conformi al padre-pastore!). Le voci sono insipide, voglio riconoscere il fatto che sia carina una loro canzone dal titolo "Per dimenticarti". Comunque non mi sta convincendo questa track list! Dal Festival di Sanremo 2007 viene "La paranza", giochettino estivo di Daniele Silvestri, con leggeri richiami politici (perchè per evadere spesso si fa finta di "Evadere dall'evasione"). Il brano è un'ignominia, utilizza malissimo i ritmi sudamericani (quantomeno non campiona pezzi degli Inti-Illimani ed è già tanto per il signorotto!). Dalla stessa edizione del Festivalone viene anche "Ti regalerò una rosa", canzone di Simone Cristicchi dedicata alla malattia mentale. Sarà anche bella ma io credo che il più bel brano su questa tematica è "Sognando" del grande Don Backy, che da quarant'anni a questa parte soffre il più totale ostruzionismo da parte dei mass media. Il pezzo di Cristicchi fu impreziosito, si era già diffusa la mania dei duetti tra i big di Sanremo, dalla partecipazione del grande Sergio Cammariere, quell'esecuzione è l'unica secondo me degna di essere ricordata. Ricordo dei versi di una ballata di Mauro Geraci intitolata "Il fischio del cantastorie", con cui il siciliano trasferito a Roma replicava a Giovanna Marini e Francesco De Gregori, che in numerose presentazioni della loro opera congiunta dal titolo "Il fischio del vapore" avevano fatto una rappresentazione a dir poco sbagliata della situazione della musica popolare (intesa come l'intendo io, per me il pop è musica leggera) in generale e dei cantastorie in particolare. I versi del siciliano più o meno facevano così (non metto tra virgolette perché non sono sicura): cantar contro le guerre, contro le mafie e per le paci, è facile farlo, tutti ne son capaci. Dimostrazione di ciò è "Pensa", brano che, sempre dal Festival di Sanremo 2007, continua la track list di questa compilation. Il brano è un rap, perché oggi è l'unico genere che si può fare se si vuole essere impegnati (trovatemi un americano che canta all'italiana, ve ne straprego!). Il testo magari è anche bello ma è banale, poi ormai certi argomenti sono talmente inflazionati che non fanno nemmeno più effetto (prima era di moda tirare strali a Berlusconi, ora quasi tutti cantano contro la crisi). E come dimenticare i talent show, rovina della musica italiana perché illudono una generazione? Da "X factor" ritroviamo una cantante che al primo ascolto può anche colpire, difatti è dotata di una voce alquanto particolare. Il problema è che... è una voce facilmente imitabile. Mi riferisco a Giusy Ferreri. In questa track list si ritrova quello che è stato il suo primo successo personale, un brano dal sapore vagamente bacarackiano, "Non ti scordar mai di me". Il canto di Giusy Ferreri utilizza il singulto alla Tony Williams come già aveva fatto cinquant'anni fa Dallara (insomma niente di nuovo sotto il sole!). E a parlare di Festival di Sanremo si continua, con Rosalba Pippa, cantante lucana che, sotto il nome d'arte di Arisa ci aveva in primis ricordato le virtù della "Sincerità" nelle relazioni umane. Non negherò la simpatia del brano, ma ne urlo comunque la gran banalità. Lei poi ha una voce quasi inascoltabile, anche qui un timbro privo di potenza ad euquilibrare la dolcezza. Ancora dal Festival di Sanremo proviene "Come foglie", brano che Giuliano Sangiorgi, cantante dei salentini Negramaro, scrive per Malika Ayane. La ragazza ha certamente un bel timbro, però il lamento che lo caratterizza sicuramente dopo un po' stufa. Il brano è tipicamente alla Sangiorgi, va detto che il ragazzo ha stile! Ed ecco che ascoltiamo questo stile anche a livello canoro, difatti andando avanti si trova la sicuramente non banale "Ti vorrei sollevare" che il nostro canta con Elisa. Il brano ha una struttura tra il melodico ed il rock alternativo, un testo molto bello ed aperto. L'unica parte che desta in me grandissimi dubbi di trucco è quella a cappella: siamo sicuri che le voci non sono filtrate? Ed eccoci ad una che non ha bisogno di farsi filtrare la voce. Mi riferisco a Noemi, di cui ascoltiamo con estremo piacere "Per tutta la vita", brano che aveva portato nella sua penultima partecipazione a Sanremo. Anche qui si rivela una struttura melodicamente aperta ed interessante. L'unico neo della voce di Noemi, ma potrebbe essere solo dovuto alla sua ancora giovane età, è la prevedibilità di troppe sue espressioni. E sempre dai Talent Show, a questo giro da Amici, proviene Pierdavide Carone, ottimo cantante ed autore, che interpreta una sua composizione dal titolo "Di notte". Il penultimo brano è "Arriverà", seconda classificata al Festival di Sanremo 2011, brano portato dai Modà ed Emma. Il brano sarebbe anche bello se non fosse troppo urlato. l'ultima traccia è "Distratto", della vincitrice dell'ultimo X factor, Francesca Michielin. Forse il problema è la voce troppo felpata, difatti il brano, scritto da Elisa, è bello. Compilation di parte, scontata, ma d'altronde solo una playlist di questo tipo poteva rappresentare l'attuale (e solo l'attuale!) fase di Radio Italia. Sono lontani i tempi in cui il canale ospitava anche canzoni napoletane o momenti dedicati al jazz all'italiana.