giovedì 5 luglio 2012
Qualche riflessione sul concerto per l'Emilia.
Carissimi lettori, questa sera (25 giugno 2012) recensirò per voi il concerto per l'Emilia terremotata, in diretta da Rai 1.
Per farlo mi servirò della televisione dei miei che dal piano di sotto emette l'evento, difatti, per chi non lo sa, il pur bello portale www.rai.tv non emette gli eventi in diretta, solo i programmi "normali", etrasmettendo gli eventuali concerti o avvenimenti in diretta solo successivamente quindi in modalità differita.
Ha iniziato zucchero con "Il suono della domenica", ballata triste un po' irlandese, dove forse però il nostro non brilla. Il nostro si riprende sicuramente con "Per colpa di chi", brano dall'impianto fortemente punk, per il quale non ci vuole una grande vocalità.
Dopo è salito sul palco Francesco Guccini, che, accompagnato dalla sua band, ha interpretato "Il vecchio e il bambino", con gli impagabili assoli di Roberto Manuzzi all'armonica cromatica, strumento che il cantautore pavanese utilizza moltissimo da una ventina d'anni a questa parte, basta pensare al cd "Quasi come Dumas" (1989).
Successivamente è salita sul palco Caterina Caselli che, insieme a Guccini ha interpretato "Per fare un uomo", brano del cantautore da lei lanciato nel 1964. Devo dire che, mentre Guccini riesce a cantare molto correttamente e sembra perfino tornato all'espressività dei tempi migliori, lei è stonata e non gestisce più il fiato. Per convincersi di ciò basta ascoltare la versione che ha appena interpretato di "Insieme a te non ci sto più", suo cavallo di battaglia, scritto per lei da Paolo Conte.
Il concerto sta continuando con Luciano Ligabue, che interpreta "Il giorno di dolore che uno ha", uno degli inediti del disco live di una quindicina di anni fa "Su e giù da un palco". Il brano è interpretato solo voce e chitarra, abbassato di ben tre toni, il cantautore di Correggio canta abbastanza bene ma non si può dire sia perfetto.
Il cantautore ha continuato con "Il meglio deve ancora venire", fatta in tonalità originale, quindi le stonature hanno purtroppo costituito un'ingrediente fondamentale.
Dopo è salito sul palco Beppe Carletti, tastierista e membro fondatore dei Nomadi, che ancora però non ha suonato con il suo gruppo.
Ora stiamo ascoltando Raffaella Carrà, la Raffaellona nazionale, che, abbassandola di ben tre toni, dà un'interpretazione direi abbastanza deludente della sua canzone "Rumore". Qui non stanno suonando dal vivo, forse quello che è dal vivo sono le sue urla di incitamento.
Ed eccoli i Nomadi, che riprendono un brano uscito come inedito in "Nomadi 40", dal titolo "Io voglio vivere". La voce di Cristiano, il nuovo cantante, è più rock di quella di Danilo Sacco, ma del carisma di Augusto neanche l'ombra. Si sentono chiaramente delle stonature, il cantante è uno di quelli che pensano che cantare all'italiana faccia "provinciale", mentre farebbe "figo" scimmiottare gli altri (intanto gli stranieri vanno in brodo di giuggiole per artisti come Modugno o Villa ed apprezzano i nostri migliori gruppi folk dal Canzoniere agli Zoè!).
I Nomadi, per salutare il pubblico, interpretano una versione nomade-metallara (niente note tenute mi raccomando!) di "Io vagabondo". Il brano lo amo, ovviamente, la versione assolutamente no! Vorrei Augusto, se esistesse la macchina del tempo vorrei vivere una sola serata con lui nei Nomadi! Il pubblico, come succede normalmente a questo punto del brano, canta, per poi lasciare al gruppo il finale. Pur di nascondere le mancanze vocali si fa i virtuosi, vecchia storia!
Dopo l'intervento di Alessandro Bergonzoni, basato su giochi di parole spesso belli ma forse anche roboanti, troviamo gli Stadio che interpretano "Sorprendimi", una canzone scritta una decina d'anni fa, di tematica romantica, che suonata in questo contesto può essere presa come un incitamento alla solidarietà. Notevole il pezzo di sassofono, che veramente faceva pensare a Dalla (grande assente di questa serata emiliana).
C'è Curreri che sta sfidando il pubblico (per la verità poco intonato) in dei vocalizzi abbastanza difficili.
È salito sul palco Gianni Morandi, che sta interpretando, insieme a Curreri e ai suoi Stadio, "Chiedi chi erano i Beatles", brano che il cantante di Monghidoro aveva interpretato già nel pregevole "Dalla-Morandi". Il brano, fra l'altro, permette di fare anche un omaggio ad uno dei più grandi poeti bolognesi, il vanguardista Roberto Roversi, autore del testo del brano. Sull'interpretazione favorisce senza dubbio Morandi, in quanto ci si scorda di fare i camhbi di tonalità che sarebbe auspicabile sentire, se si volessero parificare i due interpreti. Morandi continua ad avere una voce cristallina, che non sente usura.
Ed ora si sta facendo un interessante omaggio a Dalla con "Piazza grande", anche se, forse, l'anima portoghese di questo brano, per il bolognese spesso così importante, è assente. Qui è diventata una ballata pop, senza venature etniche, forse un po' più povera. Abbastanza mal riuscito è lo scat da jazzista che Morandi e Curreri vorrebbero riprendere dalla versione di "Banana republic".
E dopo l'Emilia dei cantautori, arriva quella nota internazionalmente, rappresentata in questo caso dal sassuolese Nek (Filippo Neviani). Il cantautore sta ora interpretando "Lascia che io sia", una canzone d'amore. Siccome fa "provinciale" suonare all'italiana, naturalmente ci sono chitarre distorte a gogò. Il ragazzo va detto che ci sa fare, gli va anche riconosciuto che ha avuto il coraggio di alzare di un mezzo tono il brano, senza fare poi molte stonature.
A questo giro il cantautore sta interpretando, rigorosamente dal vivo, sarà il caso di ricordarlo, un brano che è un semplice ma sincero inno alla vita. Il brano, caratterizzato da una sempre piacevole struttura terzinata, era l'inedito di un best uscito pochi anni fa e portava il titolo di "E da qui".
Dopo l'intervento di due sportivi (tra cui Alberto Tomba ("la bomba"), Samuele Bersani, uno dei migliori pupilli di Lucio Dalla, sta interpretando, in maniera abbastanza sentita anche se non perfetta (la canzone non sarebbe da cantare allo stadio Dallara...) il suo classico "Giudizi universali". Il pubblico è galvanizzato, canta anche se non è particolarmente facile.
Adesso Samuele Bersani sta interpretando "Chicco e spillo", brano che lo ha reso famoso e che aveva anticipato nelle radio (ancora libere e private!) il suo primo cd dal titolo "Ci hanno preso tutto", prodotto dalla Pressing di Lucio Dalla. La versione è infinitamente più rock, meno leggera, forse più incisiva rispetto al testo, io però la preferisco nella veste storica. Per quanto riguarda il cantautore bolognese c'è da segnalare la raccolta "Psicò, vent'anni di canzoni".
Andando avanti c'è Paolo Belli, cantante dei Ladri di biciclette, poi fondatore di una jazz band che è particolarmente nota per la sua partecipazione fissa al programma di Milly Carlucci "Ballando sotto le stelle". Il brano che sta eseguendo è "Un giorno migliore", brano dall'andamento swing con accenni latini, rappresentati spesso da un ottavino. Ora Paolo belli sta facendo un breve scat, seguito dall'appello per le donazioni. Il brano aveva preso provvisoriamente una piega strana, per poi riprendere il proprio ritmo verso il finale.
Ora Paolo Belli sta eseguendo un inedito scritto insieme a dei ragazzi che vengono dalle zone terremotate. È una ballad molto lenta, va detto che forse loro hanno voci più congeniali a questo repertorio rispetto a Paolo Belli stesso, che va meglio sicuramente per le canzoni ridanciane. Notevoli le voci ma anche l'assolo di sassofono non si fa assolutamente disprezzare. Il brano è una suadentissima jazz ballad, sensuale, in tonalità maggiore perché comunque deve dare speranza (e nel tono minore essa manca di sicuro...).
E si continua con Luca Carboni, che accompagnato solo da una chitarra interpreta "Silvia lo sai", brano degli anni Ottanta. Come sviluppo entrano anche altri strumenti e il brano cede lestamente spazio a "Mi ami davvero", brano che prende, con apparente dolcezza, di mira gli eccessi di una società come quella moderna, votata al consumismo.
E dall'album "Carboni" (1992), quello che conteneva "Ci vuole un fisico bestiale", viene "Mare mare". Va detto che in questa occasione davvero si può palpare l'esistenza effettiva di una "scuola emiliana" che, seppur giustamente non vuole avere limitazioni creative o geografiche, altrettanto orgogliosamente non vuole perdere il legame con i propri luoghi d'origine.
Ora ascoltiamo Cesare Cremonini, che senza gruppo dà sempre il meglio di sé, accompagnandosi con il pianoforte sta interpretando "Mondo". La voce ama librarsi in voli imprevisti, dialogando con il pianoforte molto ritmico, in un modo che avvicina questa esecuzione più a musica classica che a canzonetta pop.
Ora Cremonini sta interpretando, in maniera direi personale e convincente, "L'anno che verrà", che ha visto l'arrivo di (mamma mia aiutami tu!) Laura Pausini. Quello che mi fa rabbia di questa cantante è che, e non è l'unica oltretutto, che ha una bella voce che sfrutta male, urlando come una pazza testi spesso insulsi.
Ora ascoltiamo Andrea Mingardi, che dopo aver ricordato una canzone da lui interpretata ad un Festival di Sanremo con Alessandro Bono ("Con un amico vicino") fa un omaggio ai Beatles con una reinterpretazione di "With a little help of my friends", ispirata alla versione di Joe Cooker. Va detto che il nostro brilla sempre quando si tratta di poter mostrare la propria anima blues, mentre mi delude quando prova a fare il melodico (non ha voce per farlo...).
E a proposito di brani portati dal nostro a Sanremo, torniamo al 2004, anno in cui, insieme ai Blues brothers, proprio quelli del film, ha interpretato questo inno alla musica e all'orgoglio di fare questo mestiere (per quanto la gente non lo capisca, anche d'arte si può e si deve avere il diritto di vivere dignitosamente).
Va detto che la voce di Mingardi non soffre usura, riesce benissimo a gestire il fiato, esempio per molta, troppa gente che non ha più la perfezione come obiettivo canoro. Di Mingardi sarà forse curioso ricordare la versione, deludente per dirla tutta, de "La fiera di San Lazzaro", incisa nel suo cd in dialetto bolognese, in collaborazione con Francesco Guccini. Mi dà al quanto fastidio l'arrangiamento country, diciamolo, è un po' pretenzioso.
Stiamo assistendo ad un momento mozza fiato, il maestro Andrea Criminelli (flautista) sta eseguendo, con un flauto traverso d'argento, un medley delle Avemarie di Gunot e Schubert, lo strumento sta cantando come una voce umana, è impressionante. Non si può non ringraziare la Rai in queste occasioni, molti momenti di questa serata sono stati irripetibili, bello e sentito davvero. Peccato solo la presentazione di Frizzi, che spesso urla inutilmente
Stiamo ascoltando i Modena City Ramblers, gruppo che io stimavo di più quando c'era Stefano Bellotti detto "Cisco" (insuperabile è il loro primo cd, "Riportando tutto a casa", quello, per capirci, con i "Funerali di Berlinguer"). Sinceramente la riformulazione del gruppo da qualche anno a questa parte credo privilegi troppo l'aspetto spettacolare (importante, ovvio!) ma mai da mettere in subordinazione a quello della qualità timbrica ed espressiva.
Il gruppo ora sta eseguendo una sua bellissima composizione dal titolo "I cento passi", colonna sonora di un film. Il gruppo la sta eseguendo insieme a Cisco, diciamo che quando c'è lui il contributo eleva molto la qualità dell'insieme. Bellissimo anche il tin wistle che ricorda le radici irlandesi del gruppo, ben presto però passato ad un più innoquo (dal punto di vista musicale) pop poco contaminato da elementi etnici.
E i Nomadi, a chiudere, interpretano "Dio è morto" di Guccini. Bella, ma manca lui, sarebbe stato galante invitarlo.
Carissimi lettori, questa sera (25 giugno 2012) recensirò per voi il concerto per l'Emilia terremotata, in diretta da Rai 1.
Per farlo mi servirò della televisione dei miei che dal piano di sotto emette l'evento, difatti, per chi non lo sa, il pur bello portale www.rai.tv non emette gli eventi in diretta, solo i programmi "normali", etrasmettendo gli eventuali concerti o avvenimenti in diretta solo successivamente quindi in modalità differita.
Ha iniziato zucchero con "Il suono della domenica", ballata triste un po' irlandese, dove forse però il nostro non brilla. Il nostro si riprende sicuramente con "Per colpa di chi", brano dall'impianto fortemente punk, per il quale non ci vuole una grande vocalità.
Dopo è salito sul palco Francesco Guccini, che, accompagnato dalla sua band, ha interpretato "Il vecchio e il bambino", con gli impagabili assoli di Roberto Manuzzi all'armonica cromatica, strumento che il cantautore pavanese utilizza moltissimo da una ventina d'anni a questa parte, basta pensare al cd "Quasi come Dumas" (1989).
Successivamente è salita sul palco Caterina Caselli che, insieme a Guccini ha interpretato "Per fare un uomo", brano del cantautore da lei lanciato nel 1964. Devo dire che, mentre Guccini riesce a cantare molto correttamente e sembra perfino tornato all'espressività dei tempi migliori, lei è stonata e non gestisce più il fiato. Per convincersi di ciò basta ascoltare la versione che ha appena interpretato di "Insieme a te non ci sto più", suo cavallo di battaglia, scritto per lei da Paolo Conte.
Il concerto sta continuando con Luciano Ligabue, che interpreta "Il giorno di dolore che uno ha", uno degli inediti del disco live di una quindicina di anni fa "Su e giù da un palco". Il brano è interpretato solo voce e chitarra, abbassato di ben tre toni, il cantautore di Correggio canta abbastanza bene ma non si può dire sia perfetto.
Il cantautore ha continuato con "Il meglio deve ancora venire", fatta in tonalità originale, quindi le stonature hanno purtroppo costituito un'ingrediente fondamentale.
Dopo è salito sul palco Beppe Carletti, tastierista e membro fondatore dei Nomadi, che ancora però non ha suonato con il suo gruppo.
Ora stiamo ascoltando Raffaella Carrà, la Raffaellona nazionale, che, abbassandola di ben tre toni, dà un'interpretazione direi abbastanza deludente della sua canzone "Rumore". Qui non stanno suonando dal vivo, forse quello che è dal vivo sono le sue urla di incitamento.
Ed eccoli i Nomadi, che riprendono un brano uscito come inedito in "Nomadi 40", dal titolo "Io voglio vivere". La voce di Cristiano, il nuovo cantante, è più rock di quella di Danilo Sacco, ma del carisma di Augusto neanche l'ombra. Si sentono chiaramente delle stonature, il cantante è uno di quelli che pensano che cantare all'italiana faccia "provinciale", mentre farebbe "figo" scimmiottare gli altri (intanto gli stranieri vanno in brodo di giuggiole per artisti come Modugno o Villa ed apprezzano i nostri migliori gruppi folk dal Canzoniere agli Zoè!).
I Nomadi, per salutare il pubblico, interpretano una versione nomade-metallara (niente note tenute mi raccomando!) di "Io vagabondo". Il brano lo amo, ovviamente, la versione assolutamente no! Vorrei Augusto, se esistesse la macchina del tempo vorrei vivere una sola serata con lui nei Nomadi! Il pubblico, come succede normalmente a questo punto del brano, canta, per poi lasciare al gruppo il finale. Pur di nascondere le mancanze vocali si fa i virtuosi, vecchia storia!
Dopo l'intervento di Alessandro Bergonzoni, basato su giochi di parole spesso belli ma forse anche roboanti, troviamo gli Stadio che interpretano "Sorprendimi", una canzone scritta una decina d'anni fa, di tematica romantica, che suonata in questo contesto può essere presa come un incitamento alla solidarietà. Notevole il pezzo di sassofono, che veramente faceva pensare a Dalla (grande assente di questa serata emiliana).
C'è Curreri che sta sfidando il pubblico (per la verità poco intonato) in dei vocalizzi abbastanza difficili.
È salito sul palco Gianni Morandi, che sta interpretando, insieme a Curreri e ai suoi Stadio, "Chiedi chi erano i Beatles", brano che il cantante di Monghidoro aveva interpretato già nel pregevole "Dalla-Morandi". Il brano, fra l'altro, permette di fare anche un omaggio ad uno dei più grandi poeti bolognesi, il vanguardista Roberto Roversi, autore del testo del brano. Sull'interpretazione favorisce senza dubbio Morandi, in quanto ci si scorda di fare i camhbi di tonalità che sarebbe auspicabile sentire, se si volessero parificare i due interpreti. Morandi continua ad avere una voce cristallina, che non sente usura.
Ed ora si sta facendo un interessante omaggio a Dalla con "Piazza grande", anche se, forse, l'anima portoghese di questo brano, per il bolognese spesso così importante, è assente. Qui è diventata una ballata pop, senza venature etniche, forse un po' più povera. Abbastanza mal riuscito è lo scat da jazzista che Morandi e Curreri vorrebbero riprendere dalla versione di "Banana republic".
E dopo l'Emilia dei cantautori, arriva quella nota internazionalmente, rappresentata in questo caso dal sassuolese Nek (Filippo Neviani). Il cantautore sta ora interpretando "Lascia che io sia", una canzone d'amore. Siccome fa "provinciale" suonare all'italiana, naturalmente ci sono chitarre distorte a gogò. Il ragazzo va detto che ci sa fare, gli va anche riconosciuto che ha avuto il coraggio di alzare di un mezzo tono il brano, senza fare poi molte stonature.
A questo giro il cantautore sta interpretando, rigorosamente dal vivo, sarà il caso di ricordarlo, un brano che è un semplice ma sincero inno alla vita. Il brano, caratterizzato da una sempre piacevole struttura terzinata, era l'inedito di un best uscito pochi anni fa e portava il titolo di "E da qui".
Dopo l'intervento di due sportivi (tra cui Alberto Tomba ("la bomba"), Samuele Bersani, uno dei migliori pupilli di Lucio Dalla, sta interpretando, in maniera abbastanza sentita anche se non perfetta (la canzone non sarebbe da cantare allo stadio Dallara...) il suo classico "Giudizi universali". Il pubblico è galvanizzato, canta anche se non è particolarmente facile.
Adesso Samuele Bersani sta interpretando "Chicco e spillo", brano che lo ha reso famoso e che aveva anticipato nelle radio (ancora libere e private!) il suo primo cd dal titolo "Ci hanno preso tutto", prodotto dalla Pressing di Lucio Dalla. La versione è infinitamente più rock, meno leggera, forse più incisiva rispetto al testo, io però la preferisco nella veste storica. Per quanto riguarda il cantautore bolognese c'è da segnalare la raccolta "Psicò, vent'anni di canzoni".
Andando avanti c'è Paolo Belli, cantante dei Ladri di biciclette, poi fondatore di una jazz band che è particolarmente nota per la sua partecipazione fissa al programma di Milly Carlucci "Ballando sotto le stelle". Il brano che sta eseguendo è "Un giorno migliore", brano dall'andamento swing con accenni latini, rappresentati spesso da un ottavino. Ora Paolo belli sta facendo un breve scat, seguito dall'appello per le donazioni. Il brano aveva preso provvisoriamente una piega strana, per poi riprendere il proprio ritmo verso il finale.
Ora Paolo Belli sta eseguendo un inedito scritto insieme a dei ragazzi che vengono dalle zone terremotate. È una ballad molto lenta, va detto che forse loro hanno voci più congeniali a questo repertorio rispetto a Paolo Belli stesso, che va meglio sicuramente per le canzoni ridanciane. Notevoli le voci ma anche l'assolo di sassofono non si fa assolutamente disprezzare. Il brano è una suadentissima jazz ballad, sensuale, in tonalità maggiore perché comunque deve dare speranza (e nel tono minore essa manca di sicuro...).
E si continua con Luca Carboni, che accompagnato solo da una chitarra interpreta "Silvia lo sai", brano degli anni Ottanta. Come sviluppo entrano anche altri strumenti e il brano cede lestamente spazio a "Mi ami davvero", brano che prende, con apparente dolcezza, di mira gli eccessi di una società come quella moderna, votata al consumismo.
E dall'album "Carboni" (1992), quello che conteneva "Ci vuole un fisico bestiale", viene "Mare mare". Va detto che in questa occasione davvero si può palpare l'esistenza effettiva di una "scuola emiliana" che, seppur giustamente non vuole avere limitazioni creative o geografiche, altrettanto orgogliosamente non vuole perdere il legame con i propri luoghi d'origine.
Ora ascoltiamo Cesare Cremonini, che senza gruppo dà sempre il meglio di sé, accompagnandosi con il pianoforte sta interpretando "Mondo". La voce ama librarsi in voli imprevisti, dialogando con il pianoforte molto ritmico, in un modo che avvicina questa esecuzione più a musica classica che a canzonetta pop.
Ora Cremonini sta interpretando, in maniera direi personale e convincente, "L'anno che verrà", che ha visto l'arrivo di (mamma mia aiutami tu!) Laura Pausini. Quello che mi fa rabbia di questa cantante è che, e non è l'unica oltretutto, che ha una bella voce che sfrutta male, urlando come una pazza testi spesso insulsi.
Ora ascoltiamo Andrea Mingardi, che dopo aver ricordato una canzone da lui interpretata ad un Festival di Sanremo con Alessandro Bono ("Con un amico vicino") fa un omaggio ai Beatles con una reinterpretazione di "With a little help of my friends", ispirata alla versione di Joe Cooker. Va detto che il nostro brilla sempre quando si tratta di poter mostrare la propria anima blues, mentre mi delude quando prova a fare il melodico (non ha voce per farlo...).
E a proposito di brani portati dal nostro a Sanremo, torniamo al 2004, anno in cui, insieme ai Blues brothers, proprio quelli del film, ha interpretato questo inno alla musica e all'orgoglio di fare questo mestiere (per quanto la gente non lo capisca, anche d'arte si può e si deve avere il diritto di vivere dignitosamente).
Va detto che la voce di Mingardi non soffre usura, riesce benissimo a gestire il fiato, esempio per molta, troppa gente che non ha più la perfezione come obiettivo canoro. Di Mingardi sarà forse curioso ricordare la versione, deludente per dirla tutta, de "La fiera di San Lazzaro", incisa nel suo cd in dialetto bolognese, in collaborazione con Francesco Guccini. Mi dà al quanto fastidio l'arrangiamento country, diciamolo, è un po' pretenzioso.
Stiamo assistendo ad un momento mozza fiato, il maestro Andrea Criminelli (flautista) sta eseguendo, con un flauto traverso d'argento, un medley delle Avemarie di Gunot e Schubert, lo strumento sta cantando come una voce umana, è impressionante. Non si può non ringraziare la Rai in queste occasioni, molti momenti di questa serata sono stati irripetibili, bello e sentito davvero. Peccato solo la presentazione di Frizzi, che spesso urla inutilmente
Stiamo ascoltando i Modena City Ramblers, gruppo che io stimavo di più quando c'era Stefano Bellotti detto "Cisco" (insuperabile è il loro primo cd, "Riportando tutto a casa", quello, per capirci, con i "Funerali di Berlinguer"). Sinceramente la riformulazione del gruppo da qualche anno a questa parte credo privilegi troppo l'aspetto spettacolare (importante, ovvio!) ma mai da mettere in subordinazione a quello della qualità timbrica ed espressiva.
Il gruppo ora sta eseguendo una sua bellissima composizione dal titolo "I cento passi", colonna sonora di un film. Il gruppo la sta eseguendo insieme a Cisco, diciamo che quando c'è lui il contributo eleva molto la qualità dell'insieme. Bellissimo anche il tin wistle che ricorda le radici irlandesi del gruppo, ben presto però passato ad un più innoquo (dal punto di vista musicale) pop poco contaminato da elementi etnici.
E i Nomadi, a chiudere, interpretano "Dio è morto" di Guccini. Bella, ma manca lui, sarebbe stato galante invitarlo.
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