Carissimi lettori, questa sera mi va di scrivere per recensire un dvd di Paolo Conte, esattamente "Nel cuore di Amsterdam", pubblicato nel 2003 ma registrato nel 1988 al Royal Theatre di Amsterdam.
Si inizia con "Diavolo rosso", brano che in questo caso acquista una rabbia del tutto particolare, assente da quella che io considero la sua migliore versione, quella del già recensito "Concerti" (1985). La voce di Paolo Conte sembra quasi aver fretta, vergognandosi dell'intimità perfetta presente nella versione su citata. Anche le improvvisazioni, molto più presenti, sfidano la mediterraneità di questo brano a dialogare con certo free jazz, non assente dalle predilezioni di Antonio Marangolo, grandissimo sassofonista che riesce a far suonare il sassofono soprano come un oboe. Qui ci sono molte influenze elettroniche, che portano il brano verso un colore etereo, smorzato però dagli interventi del sassofono contralto, che ormai ha sostituito il soprano. La chitarra, innegabile perno di questo brano, qui non è tirannica come in "Concerti", diminuendo molto l'effetto "Modugnesco" di cui si parla per l'altra versione.
Ecco il primo momento più intimo, quasi cameristico, del concerto. Il brano scelto è "Esitation" tratto da "Aguaplano", precedente album del cantautore. E' un valzer con pause segrete, molto classico e raffinato. Interessantissimo è l'accordo di fadiesis maggiore, che causa uno sfasamento di scala, a cui gli ascoltatori medi di musica leggera non sono più abituati.
Bellissimo è l'attacco del brano successivo, una strepitosa "La ricostruzione del Mocambo", brano a cui Paolo Conte è particolarmente legato. Anche qui, come avevamo osservato per "Diavolo rosso", è da notare la fretta con cui Conte dice alcune parole, sulle stesse note su cui in "Concerti" pareva sdraiarsi. Se dovessi descrivere questa versione, oserei dire che è un compromesso tra la versione da studio, risalente al 1974, di cui siriprende l'uso della batteria con spazzole meno precise rispetto a "Concerti", e questa versione live, di cui rimane la matrice swing, più forte che nell'originale.
Si continua con "La negra", un altro brano di "Aguaplano" a cui tra l'altro io sono molto legata, perché presente nell'album "Paolo Conte live" del 1989, uno di quelli che ho ascoltato di più del cantautore. Notevole qui è l'uso del flauto, anche se credo sia elettronico.
Eccoci a "Max", uno dei più bei brani di Conte, sia per l'enigmaticità del testo, sia, soprattutto, per la bellezza dell'inciso strumentale, che è il perno del brano. Qui, essendo vicina la pubblicazione dell'originale, siamo ancora fedeli, anche se già si accenna la tendenza che Conte avrà ad esagerare l'anima rock di questo brano nel corso delle sue varie esibizioni dal vivo. Non trovo giusta questa scelta, perché credo che la modernità concreta del rock, in fondo profondamente estranea al cantautore, sia solo una delle anime del brano, nemmeno la più importante. La batteria, come sempre, esagera, è troppo forte, troppo moderna. Ciò non toglie che anche questa versione rende giustizia a questo capolavoro.
Ed eccoci a "Sotto le stelle del jazz" che viene già velocizzata, alla maniera in cui la si trova in "Live Arena di Verona". Anche qui troviamo una minor precisione jazzistica nell'uso delle spazzole, e questo elemento, insieme alla presenza dell'elettronica, fa perdere abbastanza a questo brano, ma, lo si sarà capito, l'unico album live perfetto di Paolo Conte è "Concerti". La parte in sibemolle, che lì era eseguita in "vocalizzi trombettistici", qui è appannaggio di un gruppo di sassofoni.
Ed ecco "Lo zio", in una versione velocizzata che non rende giustizia, anche se permette di sentire un bel gioco di dialoghi tra il kazzoo ed il sassofono contralto. Anche qui, forse è inutile dirlo, si sente una fretta di andare avanti, che verrà fuori diciassette anni dopo in "Live Arena di Verona".
Ed ecco "Jimmy ballando", un swing a cui io sono molto legata, sempre per la sua presenza nel "Paolo Conte live" che fu un regalo che ricevetti, in cassetta, in occasione di una "caccia al tesoro" organizzata a scuola. Meravigliosa è la parte di sassofono soprano che potrebbe ricordare, e a me me lo ricorda, Sidney bechet. L'interpretazione di Conte è un po' più calma, ma sempre graffiante e rabbiosa.
Eccoci a "Via con me", che conserva la sua intimità, nonostante che la rabbia, forse più silenziosa, è sempre presente. Interessanti sono i controtempi, creati da Paolo Conte tramite l'unione di parole che in altre versioni sono separate da respiri. Particolare è l'assenza della pausa tra l'ultima parte del canto e l'assolo di metà brano, che continua su un tempo di swing ed è eseguito dal sassofono.
Ed eccoci ad un altro brano di "Aguaplano", "Chiunque". Il pianoforte di Paolo Conte è suonato con l'impagabile "picchiata" che a me ha dato tante lezioni di ritmicità. In questo brano si sente in particolare questa speciale unione che il cantautore ha con il suo strumento, che più che accompagnarlo, fa parte di lui.
Arriva "Dancing", un altro brano di quelli che io ho scoperto tramite "Paolo Conte live" del 1989. La versione qui presente, che purtroppo non posso confrontare con quella a cui sono tanto legata, riesce, come pochi altri brani di questo dvd, a trovare un compromesso tra le sonorità elettroniche, imperanti in quegli anni, e l'anima di appassionato di "jazz arcaico" di Paolo Conte.
Il pubblico, di cui non abbiamo mai parlato, è completamente piegato e, da un certo punto del concerto, riconosce dalle primissime note i brani. Ed eccoci ad "Impermeabili", che, come molti brani del concerto, viene velocizzata, quindi perde (come vedete non mi stanno antipatiche solo le pizziche veloci, è una cosa generale!). Comunque è un buon concerto, ed il nostro si sa sempre far volere bene, grazie alla sua raffinatezza senza paragoni. Curioso, nel finale, è il mantenimento dell'ultimo accordo, che farebbe anche pensare ad una chiusura tronca.
Scusate se questo commento sembra superficiale, ma è a caldo ad una cosa che non avevo mai sentito.
Il pubblico non è sazio, ed ha richiamato Conte per i bis, che lui scherzosamente concede. Si assiste ad "Azzurro", il cui ritornello è cantato dai musicisti, che lo cantano in maniera festosa, invitando anche il pubblico a battere le mani al ritmo forsennato dato dal pianoforte di Conte. Non ripeto le mie osservazioni sulla velocità dei brani, ma anche questa perde. Bellissima, conservata da "Concerti", è la parte lenta, dove Conte ritrova l'intimità assente da quasi tutto questo concerto. Curioso, infine, è il finale, che vede i musicisti fare il verso al pianoforte di Paolo Conte che li accompagna, con un "Para ponzi ponzi pom".
Così si chiude un buon concerto, ma non sicuramente una performance meravigliosa, di uno dei più grandi cantautori italiani.
Spero solo di avervi fatto venire la curiosità su questo dvd, di cui ignoravo l'esistenza, bella chicca della discografia contiana.
giovedì 4 febbraio 2010
Paolo Conte: "Nel cuore di Amster
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