Carissimi lettori, questa sera, 18 febbraio 2010, voglio scrivere il post più strano ed inaspettato che si possa trovare in questo blog, un commento alla terza serata del Festival di Sanremo, quella dedicata ai duetti e alla festa per i sessanta anni della manifestazione. (Dopo c'era anche la gara, ma era troppo tardi e non potevo restare!).
Ed eccoci ad Antonella Clerici che ci presenta questa serata particolare, tra passato e presente.
Io, come vi potrete immaginare, commenterò a caldo, senza pietà come sempre, ogni brano, ogni interpretazione, tutto ciò che riguarda il Festival. Mi dispiace che sia il calcio che le Olimpiadi non permetteranno un ascolto fluido.
L'inizio diciamo che non è dei migliori. Si parte con i cinque brani che si possono far "tornare in corsa", ed il primo è quello di Toto Cotugno, che come sapete mi piace poco e mi traumatizza tutte le volte che lo sento. Sta cantando una tipica ballata, un bolero cubano, insieme ad una cantante nulla come Belén Rodríguez, nota per aver presentato una versione un po' edulcorata di "Sarabanda".
I due cantanti fanno a gara a chi stona di più, una melodia che, in fondo, non è poi così indegna, anche se il testo, pur di essere innovativo, è veramente inenarrabile.
Ed eccoci qua alla famosa e contestata canzone di Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici. La mia contestazione è ovviamente piena, anche solo per il fatto che il "principino" è tra gli autori del brano, insieme al signor Ghinazzi, il quale sembra interessato, da due anni a questa parte, a sfogare la propria passione musicale con brani pieni di retorica. Questo brano, con belle orchestrazioni, non a caso sono opera del grande Renato Serio, è addirittura una difesa del "principino", il quale così ha palesato il proprio amore per un paese che ama solo a parole.
Ed ecco il primo brano di cui mi sento di poter parlare bene, una ballata melodica interpretata da Valerio Scanu insieme alla grande giovane Alessandra Amoroso. Non si può dire che i due cantanti, soprattutto lui, siano perfettamente intonati, ma quantomeno il brano è assolutamente sanremese, semplice e romantico. Il brano non pretende di dare messaggi politici, è una bella ballata.
Siamo ora con un gruppo giovane, chiamato Sonora, che presenta una ballata melodica che, però, viene introdotta da un tediosissimo assolo di chitarra elettrica distorta, di cui non si capisce l'utilità.
I cantanti cantano questa melodia, semplice ma buona, con un canto che si potrebbe compatibilizzare meglio con un rock duro, infatti oggi, anche se l'Italia non riesce a staccarsi dalla melodia, essa viene sentita come profondamente vecchia.
Il testo è inenarrabile, è una dichiarazione d'amore dove l'uomo, piantato dalla propria amata, le dichiara il suo continuo ed incondizionato amore.
Nino D'Angelo, dopo essersi "pentito" delle sue prime canzoni, semplicemente pop melodico, anzi "neomelodico", si è "convertito" al "pop etnico", che ha portato alla presenza di Ambrogio Sparagna, organettista che ormai si è dato alla musica pop, "travestita" da musica tradizionale. Il pezzo è veramente patetico, peccato che abbiano partecipato voci come Peppe Barra, Elena Ledda e Consiglia Licciardi. Dico "peccato" perché, sinceramente, queste voci vanno apprezzate in altri contesti, ed esperienze così non portano a niente di concreto, tantomeno ad una maggiore popolarità.
Subito dopo abbiamo il primo momento "storico" del Festival, con Elisa che, dopo aver interpretato la bella "Luce", che la fece vincere nel 2001, interpreta una bellissima versione di "Canzone per te". L'interpretazione è stata meravigliosa, rispettosa ma personale. Infine, la cantante sta interpretando un accenno della recente ma ormai famosa "Ti vorrei sollevare" seguita dal suo ultimo successo in italiano e da un suo pezzo in lingua inglese.
Il Festival riprende con uno dei momenti più belli, forse il più bello per ora, ossia con l'interpretazione, da parte di Fiorella Mannoia, del capolavoro di Giorgio Calabrese e Carlo Alberto Rossi "E se domani", uno dei brani "ignorati" del Sanremo 1964, che divenne un classico nella versione di Mina. L'arrangiamento del brano è più classico e meno jazzistico, prende quasi delle andature di "bolero", ma la batteria, con le sue sinuose spazzole, insinua la presenza della versione di Mina. L'interpretazione della Mannoia non si lascia andare a sentimentalismi e patetismi, è "confidenziale", profonda, raccolta, impeccabile.
Fiorella Mannoia continua la sua "ospitata" al Festival di Sanremo con "Estate" dei Negramaro", che è una delle canzoni contenute nel suo ultimo cd intitolato "Ho imparato a sognare", primo dedicato completamente alle canzoni non scritte per lei. L'interpretazione, forse, rispetto a quella presente nell'album, di cui qui si è già parlato, è un po' più tremula, ma sempre grande. Suona particolare sentire la Mannoia, padrona di una voce dalla potenza e limpidezza impari, utilizzare il "falsetto", che per lei è un po' innaturale.
Il secondo ospite è un cantante italo-spagnolo, quel Miguel Bosé che in Italia è conosciuto per canzoni come "Se tu non torni" o "bravi ragazzi". Il cantante sta interpretando "Non ho l'età", brano che vinse la mitica edizione del 1964.
L'interpretazione non è delle migliori, forse qui gioca anche una questione di cuore, nella mia famiglia c'è un forte legame con quella della Cinquetti, uno dei brani che ha rappresentato l'italianità durante i dieci anni d'emigrazione in Francia (1958-1968).
Miguel Bosé ora sta cantando un brano inclassificabile, con tanto di rumore di vinile campionato, intitolato "Por ti". E' una canzone dove un uomo dice ad una donna che farebbe qualsiasi cosa per lei, insomma le dichiara amore eterno. E' un brano che non mi convince, ma va bene, io Miguel bosé lo stimo molto di più come conduttore di un bellissimo programma, ormai dieci anni fa, sulla televisione spagnola, dal titolo "Séptimo de caballería". Questo programma, di cui sinceramente mi piacerebbe trovare delle puntate da rivedere, ospitava cantanti che cantavano dal vivo e si raccontavano.
Si continua con Edoardo Bennato, che interpreta la bellissima "Ciao amore ciao" di Luigi Tenco. L'interpretazione, forse, tra quelle sinora sentite, è la più deludente, perché la sento senza cuore e stonata. Comunque voglio dire un "bravo" a Bennato, per il coraggio dimostrato.
Stiamo assistendo ora ad un medley dei più grandi successi del partenopeo, ora sta accennando "Il rock di Capitano Uncino", mentre prima, a quanto si dice, ha interpretato "Un giorno credi". Ora stiamo ascoltando "E' lei", l'ultima canzone del napoletano, ballata rock dolce e bella. E' un brano politico, come può fare brani politici chi pensa che "tra Destra e Sinistra si deve solo scegliere il buon senso" e si sente addirittura "al di sopra delle parti".
Divagazione: ognuno di noi, in qualsiasi gesto compia, mette un po' di sé, una propria verità, quindi basta con le parole "obbiettività" ed espressioni "al disopra delle parti".
Ed eccoci a Massimo Ranieri, che ci offre un'interpretazione, che io purtroppo ascolto solo da metà, di "Io che non vivo". Il brano, lanciato nel 1965 ed interpretato da moltissimi interpreti anche internazionali, nella voce di Ranieri acquista una bellissima teatralità che gli si addice molto.
Massimo Ranieri, per continuare a farci impazzire, interpreta "Perdere l'amore", che vinse (che tempi!) il Sanremo 1988. Bisogna dire che nel "crescendo" che lo porta verso l'ottava centrale del pianoforte, il cantante inizia ad avere problemi. Il brano, comunque, a me fa venire i brividi, anche perché è stato uno dei primi che io ho sentito in quei Festival di Sanremo che ho visto da bambina (avevo cinque anni!).
Sono abbastanza pietosi, non ne avevo parlato e non volevo farlo, gli interventi del pubblico, ma anche questo chiede lo spettacolo televisivo.
Carmen Consoli, lanciata dal Festival di Sanremo 1996, sta ora interpretando una commoventissima "Mandaci una cartolina", brano molto tenero, ritratto di suo padre. E' un brano bellissimo, che, se possibile, con le sonorità acustiche dell'orchestra, diventa davvero un capolavoro. Voglio dire un "brava" a Carmen Consoli, perché è veramente difficile avere il coraggio di lasciare la strada del rock, sicuramente più commerciale, e tuffarsi nel mondo del più puro, ed ormai molto bisfrattato, cantautorato italiano.
Ed eccoci ad una bellissima interpretazione, che comincia a cappella e poi ha un leggero sostegno orchestrale, di quello che fu il primo brano sanremese della Consoli, la notevole "Amore di Plastica".
Carmen Consoli, compatibilmente con questa sua strada italiana, sta interpretando una versione di "Grazie dei fiori". In verità ci sono delle venature alla Mark Ribot, che però non mi dànno per niente fastidio.
E' salita ora sul palco dell'Ariston Nilla Pizzi, la quale, nonostante i suoi novantun anni, riesce ancora a cantare. La Pizzi ora ha accennato dei pezzettini di "Grazie dei fior" (recitato) e "Vola colomba".
Il Festival continua con Riccardo Cocciante, che torna a cantare dopo diverso tempo ritirato, perché preso dai suoi numerosi musical. Se devo dire la verità, questa "Nel blu dipinto di blu" è la versione più deludente, anche perché il cantante non si è nemmeno imparato bene il testo di questo capolavoro, ha fatto una serie di errori grossolani. Anche la ritmica, rallentata, non dà assolutamente l'idea del volo di Modugno, che era una sferzata d'energia.
Ora Riccardo Cocciante ci sta ricordando uno dei suoi capolavori, quella "Se stiamo insieme" che vinse (ancora una volta: che tempi!) il Sanremo 1991 (me lo ricordo!).
Ora sì che mi sto emozionando, per la grande semplicità e passionalità che sprigiona il brano. E' entrata l'orchestra, che sta facendo acquistare un respiro ancora più teatrale al canto di Cocciante, sempre così vissuto.
Ora stiamo ascoltando un brano tratto da "Giulietta e Romeo", ultimo musical di Cocciante, che girerà il mondo in lingua italiana. Si nota che sono melodie corpose, come lo erano quelle del bellissimo e meritatamente famoso "Notredame de Paris". Si può dire che Cocciante, e bisogna fargli i complimenti, è riuscito a creare un compromesso tra la melodicità italiana e la struttura del musical, che, d'altronde, è sorella della nostra opera ottocentesca.
Ed ecco un accenno di "Bella", tratta da "Notredame de Paris", che secondo me è una delle più belle canzoni mai scritte. L'atmosfera di questo musical fastosissimo, viene anche perpetuata da "Il tempo delle cattedrali".
Si continua con Francesco Renga, che interpreta, innanzitutto, "La voce del silenzio", uno dei brani più difficili del repertorio sanremese. Il cantante, comunque, bisogna dire che ha una voce potente ed è veramente intonato, cosa che oggi è sempre più rara.
L'orchestrazione è bellissima, per niente roboante, solo classica, infatti manca completamente ogni forma di riferimento ritmico leggero.
Ed eccoci all'omaggio, tardivo e meritato, che il Festival rende ad uno dei più grandi autori della musica italiana, il toscano Aldo Caponi in arte Don Backy. Questo omaggio non poteva essere fatto meglio, perché si sceglie "L'immensità", che per me è la più bella canzone italiana di tutti i tempi.
Ed ecco che Francesco Renga ci ricorda il brano che vinse il Sanremo 2005, quella "Angelo" che il cantautore ha dedicato ad una figlia che era appena nata.
La melodia del brano è molto corposa, quindi interpretata solo con un'orchestra classica, forse riesce a trovare la sua migliore veste.
Ed eccoci ad un altro momento emozionantissimo, Fiorella Mannoia ed Elisa che ricordano Mia Martini, con uno dei capolavori assoluti interpretati dalla calabrese "Almeno tu nell'universo".
La prima parte è stata affidata alla cantante romana, che l'ha porta con la sua "passionalità confidenziale". Il ritornello, invece, è appannaggio di Elisa, che lo canta in un modo che a me è sempre sembrato inadatto, perché esso è un grido d'amore, tra i più forti che ho mai sentito, mentre lei non ha quel sentimento.
Chiedo scusa per le lacune che potrete reperire in questo commento, ma non si poteva fare meglio date le circostanze. Vi prometto che anche stasera, serata dei duetti dei "big" ancora in gara, scriverò un personale commento.
P.s I ripescati di ieri: Valerio Scanu (Evviva!) e... Pupo e i compari dell'"Italia amore mio" (vergogna!).
Questa sera, quindi, forse dovrò risentire quel brano favoloso? Ditemi di no!.s.
venerdì 19 febbraio 2010
Commento a parte della serata del 18 febbraio 2010 del Festival di Sanremo
Etichette:
18 febbraio 2010,
commenti,
Festival di Sanremo 2010,
rai radiouno
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento