Carissimi lettori, dovrei studiare, non ce la faccio (sono un po' giù), quindi mi metto a scrivere.
Volevo riflettere sull'uso della contaminazione in musica popolare, soprattutto su quanto, certi gruppi di riproposta, spesso semisconosciuti e portatori di quell'idea secondo cui il sud è tutto una cosa sola e "volemose bene", facciano uso della miscela di vari stili spesso in modo completamente insensato. Questa mattina mi è capitato, io non ne avevo neanche voglia, di ascoltare una pizzica salentina cantata da Valerio Ricciardelli, un musicista napoletano, su cui non mi sono potuta informare perché tra l'altro ha un sito inaccessibile. Pensate che, per scaricare un brano, cosa che normalmente faccio da sola in pochissimi secondi, ho dovuto chiamare mia madre. Il sito in questione, http://www.valerioricciardelli.com/, è completamente invisibile, in vece dei link ha dei "pulsanti" (così me li chiama il mio inseparabile programma di sintesi vocale jaws).
Venendo concretamente al brano, miscuglio insensato di napoletano, leccese e brindisino, di pizzica ha solo la terzina di tamburello (buona per fortuna) e una strofetta che io quasi quasi vi lascerei indovinare: "Santu Paulu meu de le tarante".
L'inizio, siccome sono napoletani e condividono del tutto la filosofia del taranta power di quel simpaticone di Bennato, è in dialetto napoletano ed è un rap, dove non ho capito niente se non che qualcuno si spacca le ossa (le tarantate non lo facevano per gioco, ricordatevelo!).
Dopodiché, il signor Valerio Ricciardelli, che ha una grandissima faccia tosta, fa una parte a botta, dove non mi ricordo che si canta, ma che si può sentire giusto per assaporare la buona terzina del suonatore di tamburi. Gli strumenti d'accompagnamento armonico, poi, sono una chitarra battente (che mi sarei un pochino stancata di sentire nella pizzica) ed un basso elettrico (ca nu ne pozzu cchiui cu lu sentu!). La melodia di "tarantata", è affidata al mandolino, che devo dire non suona male. Il cantante, come voce, non è neanche malissimo, il fatto è che ha delle venature blues insopportabili, e pur di fare l'arcaico spesso canta in minore mentre gli strumenti stanno in maggiore.
Tra l'altro, e mi piacerebbe sapere che reazione potrebbe avere qualcuno che balla durante la parte a pizzica, ad un certo punto, improvvisamente, il brano diventa una "fronna" (canto a cappella che in teoria non chiude ma apre una tammurriata campana). Questa parte, a sua volta, poi, si divide in due sottosezioni: una monodica, con una sola melodia, quindi alla campana, ed un'altra polifonica con intervalli che potrebbero far pensare ai salentini. Io, sinceramente, mi sono stancata di queste cose, il sud Italia è bello perché è variato, ma soprattutto mi sono stancata di gente che sfrutta l'ignoranza di chi la va a sentire, per fare le peggio cose. Dall'amico mio che mi ha presentato questo artista, fortunatamente a distanza sennò non si sa come finiva, alle mie obiezioni, mi sono sentita rispondere che tanto le differenze non le fa nessuno e a nessuno importano. Io, da qui, mi va di dire che non è vero. C'è gente, e Ricciardelli è solo un anello debolissimo, che lavora così. Ce n'è altra, meno numerosa o meno strepitante, come Mario Salvi, che, ai suoi concerti, che non credo siano frequentati da cultori di musica popolare, racconta ed evidenzia queste differenze. Posso raccontarvi, e ve lo giuro, che io, quel poco che so sull'organetto, l'ho imparato ad un concerto dell'organettista su citato, purtroppo ascoltato solo per radio e neanche registrato. Lo spettacolo si chiamava "Taranteria", come un disco che vi consiglio di cercare, e lui, per ogni brano, raccontava tutto, faceva perfino notare le diverse tonalità e sottolineava anche i cambi di strumento (non è uno alla Sparagna che suona solo in do/sol!).
Se vi va di sentire e vedere qualcosa, andate senza problemi su http://www.mariosalvi.it/, dove troverete anche il link al suo myspace.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento