Carissimi lettori, si inizia un nuovo ciclo di trasmissioni all'interno di "Canzonenapoletana@rai.it". Il poeta di cui si occuperà Pachito del Bosco è Raffaele Ferraro-Correra. Purtroppo non sono riuscita a capire il titolo del primo brano che viene trasmesso, una tarantelluccia molto carina scritta dal nostro poeta nel 1893. Gli interpreti, davvero bravi, sono I figli di Ciro, nota troupe di posteggiatori dell'epoca. Il brano, di cui naturalmente si capiscono poco le parole per l'antichità del disco, sembra una tarantella di quelle spassose, caratterizzata dalle solite alternanze tra minore e maggiore.
Ed eccoci qua ad un duetto che potrebbe ricordare il canto popolare salentino "'U cuccurucù", intitolato "Io vurria". Il brano è risalente al 1896 ed è interpretato da Berardo Cantalamessa e Ersilia Faraone. Il ritmo potrebbe essere una tarantella, accompagnata molto semplicemente. Il testo purtroppo è difficile da capire, ma mi sta facendo piacere sentire questo repertorio storico.
Lasciamo la tarantella per occuparci dei ritmi binari, con un brano d'inizio Novecento intitolato "'A calamita". Il brano è interpretato dai Figli di Ciro. Anche qui ritroviamo le caratteristiche che avevamo riscontrato in brani coevi di altri autori, specialmente il rallentamento in corrispondenza di parti in tonalità minore.
Siamo con Gennaro Pasquariello, che ci sta interpretando un brano del 1904 intitolato "'A gelusia", con musica di Nutile. Non riesco a parlarvi bene della struttura musicale del pezzo, ma si può dire, senza sbagliare troppo, che sia uno di quei valzerini romantici, cantati con impeto lirico.
Dello stesso anno è questa "'O core d' 'e femmene", testo musicato da Giuseppe De Gregorio. L'interprete è Francesco Daddi, tenore che già avevamo incontrato. Il brano, di cui riesco quasi a capire il testo, è sulla variabilità del cuore femminile, che non riesce ad amare con la stabilità voluta dall'uomo.
Eccoci a quella che è la canzone più famosa di Ferraro-Correra. Il brano si intitola "Tarantella d' 'e vase". L'interpretazione che ascoltiamo, rigorosamente d'epoca ed affidata a Roberto Ciaramella ed Elvira Donnarumma, è molto teatrale e divertente, sicuramente diversa da quelle più recenti, caratterizzate, almeno per quello che conosco io, da una dizione più semplice e meno barocca. Da ascoltare, secondo me, è la versione di Sergio Bruni.
Dello stesso anno è questa "Core core", che viene cantata da Diego Giannini. La prima cosa che si nota è l'annuncio del titolo della canzone, l'interprete e la casa discografica produttrice del disco. Il brano in sé è nei dintorni della tarantella (credo). Comunque, mi pare di poterdire che sia abbastanza spassosa. I dubbi si debbono al fatto che capisco poco i testi e, oltretutto, in quegli anni si tendeva, almeno secondo me, a standardizzare molto l'interpretazione, fino a non far capire se i brani sono allegri o tristi.
La puntata si chiude con "Comm'a luna", interpretata da Gennaro Pasquariello. E' un bel brano, ma, purtroppo, non capisco niente delle parole. E' sempre uno di quei brani binari, così tipici di quel periodo, in una schietta tonalità maggiore.
Chiedo scusa per l'aleatorietà delle osservazioni di cui saranno fatti questi commenti, ma quando si tratta di materiali storici, si sa, la qualità è quella che è.
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