domenica 3 gennaio 2010

Commento alla puntata del 03/01/10 di "Canzonenapoletana@rai.it"

Carissimi lettori, nell'augurarvi un felice anno nuovo, vi dedico il commento alla seconda puntata del ciclo di "Canzonenapoletana@rai.it", dedicato a Michele Galdieri.
Si inizia con un brano del 1947, interpretato da Franco Ricci ed intitolato "Mia". E' un brano in minore, con la tipica struttura di habanera che accompagna spesso le canzoni drammatiche o romantiche napoletane.
Non è una canzone triste, ma la felicità dell'amore viene espressa in maniera drammatica e quasi teatrale, quindi la voce di Franco Ricci, grandissimo tenore di potenza che è approdato alla canzone napoletana dopo aver lasciato una brillante carriera nella lirica, dà il meglio di sé.
E' una delle più belle canzoni che abbia mai sentito, ma non si conosce.
E si torna alle canzoni in italiano dedicate a Napoli, questa "Napoli è bella pure quando piove", cviene presentata da Carlo Buti, che già abbiamo trovato come interprete quasi insostituibile del Galdieri in lingua italiana.
Il brano è un inconfondibile tre quarti, con le pause in mezzo che fanno tanto antico e canzone d'inizio secolo.
Ed ecco una specie di canzone drammatico-macchiettistica, interpretata dal migliore interprete possibile, quel grande cantantee attore che fu Nino Taranto.
Non riesco, purtroppo, ma solo per ignoranza personale, a descrivervi il ritmo, che comunque ha degli accenni di tango. Il testo è un curioso esempio di brano pieno di rabbia nei confronti di una innamorata che si rifiuta di amare seriamente il cantore, il quale, però, poi alla fine si pente.
Ora stiamo ascoltando, da un settantotto giri ridotto più che alla frutta, "Palummella", un swing in minore ed in italiano, dove si prega la colomba di andare a portare il messaggio d'amore alla propria innamorata. Nonostante l'italianità del testo, direi che questo è uno dei brani più sinceri d'amore al dialetto, di cui si riconoscono i pregi espressivi. L'interprete è Paolo Sardisco, che io non conoscevo, di cui però non posso dirvi niente.
Si arriva al 1951, anno in cui, ad esempio, Antonio de Curtis scrisse "Malafemmena". E' di quest'anno la canzone "'E Pariente", dove si ribadisce la necessità di fare una vita autonoma dalla donna, nonostante la si ami. E' una macchietta a livello di struttura ed anche a livello di leggerezza.
Ora, invece, stiamo ascoltando uno di quei brani drammatici che permettevano forse a Galdieri di dare il meglio di sé. Il brano si intitola "Scirocco" ed è interpretato da un giovanissimo, ma già vocalmente maturo, Mario Abbate. Interessanti, perché già lontani nel tempo, sono igradi alterati della scala di re minore, la cui presenza dimostra che si possono usare ritmi moderni o di scoperta moderna, e farli odorare di antico.
A tempo di habanera, arriva questa "Quando Napoli cantava", interpretata da quello che per molti è stato il miglior cantante degli anni '40, grande sia nel swing di "Ba, ba baciami piccina", che nella melodia di "Tu musica divina". Mi riferisco ad Alberto Rabagliati, tenore veramente divino, che rimpiange, tramite le parole di Galdieri, una Napoli che forse nessuno ha mai vissuto.
Si torna alla soprano Ebe de Paolis, che ci interpreta "Mare scuro aMarechiaro", parodia, resa evidente anche dall'uguale incipit musicale, della celeberrima canzone di Di Giacomo "Marechiaro". Forse è ingiusto definirla una parodia, ma non trovo altre parole. E' la storia di un amore che finisce a Marechiaro, e, ovviamente, la storia d'amore viene paragonata ad una barca, ormai irrecuperabile.
Spero che vi sia piaciuto questo articolo, e buon anno ancora.

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