domenica 6 dicembre 2009

Commento alla puntata del 6 dicembre 2009 di "Canzonenapoletana@rai.it".

Carissimi lettori, ecco il commento della seconda puntata dedicata a Rocco Galdieri.
Si inizia con "Sora mia", quella che secondo molti è la più celebre canzone di Rocco Galdieri. Stiamo ascoltando una versione d'epoca, frusciatissima quindi, interpretata da Pietro Mazzone, uno dei "posteggiatori" più famosi di inizio secolo. Non vi preoccupate, che non c'è bisogno di andare così indietro per conoscere questo brano. Si può ricorrere ad esempio, alla "Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea" di Roberto Murolo.
Si continua con un brano, in condizioni se possibile ancora peggiori del precedente, intitolato "L'amore ca dic'i'", interpretato da Elvira Donnarumma, bella voce di soprano che, però non può essere apprezzata nella sua pienezza in una registrazione in condizioni simili.
Sempre nel 1910, Galdieri scrive questa "Tu si nata", che viene interpretata da Alfredo Capaldo. E' una delle tante habaneras che costellano la storia della canzone napoletana. Il disco è meno frusciato, ma non riesco, comunque a capire il testo. Ciò non toglie che dia gusto sentire questi brani che, in molti casi, non sono più stati riproposti.
Ed eccoci ad un giovanissimo Gennaro Pasquariello, che ci canta uno dei tanti brani dimenticati della canzone napoletana, questa "'A femmena", scritta da Rocco Galdieri nel 1911. E', credo, la storia di un uomo che per amore aveva lasciato tutto, ma che, a sua volta, viene lasciato.
Si prosegue con una tra le mie composizioni di Galdieri preferite, una bellissima "Bonasera ammore". L'interprete è Mario Massa, un buono tenore che, però, forse recita troppo e, secondo me, in questa canzone ci vuole più tenerezza che teatro.
Insuperabili, secondo me, sono le versioni di Sergio Bruni, voce e pianoforte, e Gianni Quintiliani, orchestrata e tratta dal cd "'A pusteggia".
Ed ancora, in questa puntata, non avevamo sentito un inno alla bellissima città di Napoli. Il brano, intitolato "I' songo 'e Napule", è stato scritto nel 1911, ed è interpretato da Diego Giannini. E' una tarantella, di quelle dove la strofa è in minore e il ritornello è in maggiore. E' molto sfiziosa ma, come sempre, non si capisce il testo.
E si chiude con una tarantella intitolata "Papà". E' una specie di "macchietta", dove un figlio dice di volersi sposare, nonostante che lui sia povero e disoccupato e lei sia più povera in canna di lui. Non si sanno precisamente le reazioni del "babbo", ma paiono abbastanza allarmate. L'interprete è stato Raimondo De Angelis, ottimo tenore da "macchietta".
Questi cicli fanno toccare con mano la standardizzazione a cui è arrivato anche questo repertorio, di cui si sente in continuazione un'infima parte. Ai cantanti napoletani dico: preparatevi e ricercate di più, per far conoscere questa miniera di gioielli insuperabili.
gCarissimi lettori, ecco il commento della seconda puntata dedicata a Rocco Galdieri.
Si inizia con "Sora mia", quella che secondo molti è la più celebre canzone di Rocco Galdieri. Stiamo ascoltando una versione d'epoca, frusciatissima quindi, interpretata da Pietro Mazzone, uno dei "posteggiatori" più famosi di inizio secolo. Non vi preoccupate, che non c'è bisogno di andare così indietro per conoscere questo brano. Si può ricorrere ad esempio, alla "Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea" di Roberto Murolo.
Si continua con un brano, in condizioni se possibile ancora peggiori del precedente, intitolato "L'amore ca dic'i'", interpretato da Elvira Donnarumma, bella voce di soprano che, però non può essere apprezzata nella sua pienezza in una registrazione in condizioni simili.
Sempre nel 1910, Galdieri scrive questa "Tu si nata", che viene interpretata da Alfredo Capaldo. E' una delle tante habaneras che costellano la storia della canzone napoletana. Il disco è meno frusciato, ma non riesco, comunque a capire il testo. Ciò non toglie che dia gusto sentire questi brani che, in molti casi, non sono più stati riproposti.
Ed eccoci ad un giovanissimo Gennaro Pasquariello, che ci canta uno dei tanti brani dimenticati della canzone napoletana, questa "'A femmena", scritta da Rocco Galdieri nel 1911. E', credo, la storia di un uomo che per amore aveva lasciato tutto, ma che, a sua volta, viene lasciato.
Si prosegue con una tra le mie composizioni di Galdieri preferite, una bellissima "Bonasera ammore". L'interprete è Mario Massa, un buono tenore che, però, forse recita troppo e, secondo me, in questa canzone ci vuole più tenerezza che teatro.
Insuperabili, secondo me, sono le versioni di Sergio Bruni, voce e pianoforte, e Gianni Quintiliani, orchestrata e tratta dal cd "'A pusteggia".
Ed ancora, in questa puntata, non avevamo sentito un inno alla bellissima città di Napoli. Il brano, intitolato "I' songo 'e Napule", è stato scritto nel 1911, ed è interpretato da Diego Giannini. E' una tarantella, di quelle dove la strofa è in minore e il ritornello è in maggiore. E' molto sfiziosa ma, come sempre, non si capisce il testo.
E si chiude con una tarantella intitolata "Papà". E' una specie di "macchietta", dove un figlio dice di volersi sposare, nonostante che lui sia povero e disoccupato e lei sia più povera in canna di lui. Non si sanno precisamente le reazioni del "babbo", ma paiono abbastanza allarmate. L'interprete è stato Raimondo De Angelis, ottimo tenore da "macchietta".
Questi cicli fanno toccare con mano la standardizzazione a cui è arrivato anche questo repertorio, di cui si sente in continuazione un'infima parte. Ai cantanti napoletani dico: preparatevi e ricercate di più, per far conoscere questa miniera di gioielli insuperabili.

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