Carissimi lettori, ecco il commento all'ultima puntata su Rocco Galdieri di "canzonenapoletana@rai.it".
Si inizia con "Menta cedra", sfizioso brano che Galdieri scrive nel 1913 su un uomo che ha due amori, uno in campagna ed uno in città, e non si decide su quale far diventare il proprio vero amore. Alla fine, come potrebbe essere altrimenti, decide di stare sei mesi da una parte e sei mesi dall'altra. Il brano, come sempre, è stato ascoltato in una versione d'epoca interpretata da Pietro Mazzone, ma io voglio consigliarvi di ascoltare quella di Gianni La Magna, ottimo interprete di musica classica e popolare napoletana.
Si continua, finalmente non con una versione d'epoca, con un altro brano sempre del 1913 intitolato "Vocche desiderose". La cantante è Maria Longo e, almeno a me, non sembra napoletana, piuttosto del nord. Il brano, in concreto, ha un ritmo strano, inclassificabile, su un amore dove è solo il cantante a dare baci sufficienti al proprio innamorato che non ricambia. L'interpretazione è un po' alla Nilla Pizzi, ma è comunque bella.
Fortunatamente, dico io, ci stiamo disabituando alle versioni d'epoca, ed abbiamo avuto invece il piacere di ascoltare Vittorio De Sica, interprete ottimo di canzoni napoletane nonostante il suo essere ciociaro, che interpreta "Quanno uno è guaglione", brano dove Galdieri quasi si pente di essersi dedicato all'arte e alla letteratura.
Ma eccoci tornati alle incisioni d'epoca, ed eccoci al 1916, anno di questa "Canta surdato", uno dei brani dedicati ai soldati napoletani che venivano sempre dipinti come canterini e romantici.
Il brano, per fortuna, è abbastanza ascoltabile, quindi posso dirvi che è una marcia, ma non ha la solennità militaresca di "Surdate" di Cinquegrana, anzi è piuttosto leggera. La cantante è Gina Santelia, ottimo soprano dell'epoca.
Ed eccoci a Gennaro Pasquariello, uno dei cantanti che più ha interpretato il repertorio di Rocco Galdieri, da cui stiamo ascoltando questa commoventissima "Rundinella", scritta dal poeta nel 1918. L'interpretazione di Pasquariello, forse, è troppo teatrale e solenne, anche un po' troppo di "giacca" e troppo poco da serenata, mentre il testo riporterebbe più a quest'ultimo mondo.
Il brano è il canto di tristezza di un innamorato che viene lasciato, probabilmente per il suo miglior amico. La trama, come si vede, è abbastanza banale, ma c'è vera poesia. Per quanto riguarda le versioni moderne di questo brano, meravigliose sono quelle di Antonio Siano nel cd "core napulitano", prodotto dalla Acheri music nel 2002, e di Gerardo Pinto nel cd "Sciuscià".
Il penultimo brano della puntata è "Femmena amata", scritto da Galdieri nel 1919 ed interpretato negli anni '50 da Gino Latilla che, nonostante il suo essere baresee, è stato uno dei più notevoli interpreti di canzone classica napoletana. E' un brano d'amore, di cui, purtroppo, non vi posso dire niente perché nonostante che non fosse un'incisione d'epoca, era in bruttissime condizioni.
Ed eccoci all'ultimo brano, una bellissima canzone intitolata "Friscura", inno all'amore ed al fresco della mattina, che permette all'innamorato di aspettare con più speranza. L'interprete è, cosiccome era stato per la prima canzone della prima puntata del ciclo, il grande Dino Giacca, uno dei tanti dimenticati della canzone napoletana.
Spero che vi sia piaciuto questo ciclo, e mi auguro che il prossimo autore sia più recente, per poter anche commentare il suo stile letterario, oltre ad approfondire meglio le personalità musicali dei musicisti che abbiano alternativamente musicato i suoi versi.
domenica 20 dicembre 2009
Commento alla puntata del 20/12/2009 di "Canzonenapoletana@rai.it
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