Carissimi lettori, ecco a voi il commento all'ultima puntata del ciclo su Pasquale Cinquegrana di "Canzonenapoletana@rai.it".
Si inizia l'ultimo periodo della produzione di Cinquegrana, con questa tarantelluccia sfiziosa, musicata da Vincenzo di Chiara, fabbro e mandolinista autodidatta, intitolata "Rosa rusella".
La rosa in questione, ovviamente, è una donna, a cui, con queste parole sicuramente rispettose e galanti, l'uomo dichiara il proprio amore. Il cantante è Ferdinando Rubino, tenore "leggero" di notevole grazia. Non so da chi altri sia stato inciso, infatti è un pezzo che mancava alle mie conoscienze.
Arriviamo al 1911, anno a cui risale questa "'A voce 'e maggio", altrimenti conosciuta come "'A testa aruta".
La musica è di Rodolfo Falvo, noto per aver composto brani come "Guapparia". Anche questo brano, interpretato qui da un duetto, è una tarantella "intiepidita" da numerose pause e cambi di tempo. La musica è più solenne e meno leggera rispetto a quella della precedente canzone.
Il testo, purtroppo, non è codificabile da questa versione che, al contrario del brano di Ferdinando Rubino, si sente molto male.
Si continua poi con "Vicariello apecondruso", risalente al 1912. E' un brano in tempo binario, la cui musica è di Oscar Cattedra. Vi si trova una caratteristica comune anche a molta musica popolare contadina antica, l'alternanza tra accordi maggiori e minori. L'interpretazione è di Diego Giannini, e anche qui si sente male il testo.
Ma eccoci tornati verso Eduardo di Capua, autore della musica di questa "Duorme Marì", brano a tempo di Habanera, sempre risalente al 1912. E' un brano dove, da quello che mi pare di capire nonostante l'audio terribile, nel ritornello si chiede all'innamorata di non svegliarsi, ma nella seconda strofa si dice esattamente il contrario.
E' del 1913 "Rusinella 'e Margellina", sempre in tempo binario. Il cantante, un tenore, ha una voce abbastanza meno impostata rispetto alle abituali timbriche dei cantanti dell'epoca.
Del testo si capisce pochissimo, perché, come sempre, sono incisioni d'epoca, messe, tra l'altro, con dischi d'epoca.
Ed eccoci ad una "barcarola" composta nel 1914, che, secondo Pietro Gargano e la sua "Enciclopedia illustrata della canzone napoletana", è l'ultimo successo scritto da Cinquegrana. Si chiama "Voca e canta" ed è cantata da Giuseppe Godono, tenore di potenza veramente notevole. Il brano, in verità, si divide in due parti, ma non riesco a descrivervelo bene.
Adesso si sta ascoltando la cosa più inascoltabile mai sentita da me: "'E femmene belle", brano scritto nel 1917 da Cinquegrana e musicato da Eduardo Migliaccio, "Farfariello", pioniere della canzone italo-americana. La melodia si intuisce bellissima, e si capisce anche che si alternano accordi maggiori e minori, ma, vi giuro, non si può dire di più.
Spero che vi siano piaciuti questi commenti a Cinquegrana, non vi preoccupate che, cambiando autore, si continuerà ancora!
domenica 22 novembre 2009
Commento alla puntata del 22 novembre 2009 di "Canzonenapoletana@rai.it".
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