venerdì 8 marzo 2013
Qualche riflessione a cuore aperto
Carissimi lettori, ogni tanto, sia per diletto che per necessità legate alla gestione della mia "creaturina" Pizzica e dintorni, mi capita di leggere recensioni di dischi e libri dedicati alla musica popolare.
Lasciamo stare il modo piuttosto discutibile in cui spesso questi articoli sono redatti, frutto di superficialità editoriale che trovo poco professionale.
Quello che trovo veramente orticante è l'uso, come categorie assolute, tra l'altro portatrici di concetti unidirezionali, di parole come "contemporaneo", "moderno" , e il modo superficiale in cui si fa apologia di dischi che fanno della "babele sonora" la loro caratteristica, come se questo, e solo questo, fosse il futuro della musica.
Non sto dicendo che in questi posti non si dia spazio al folklore che ripropone in maniera fidedigna o quasi, ma che si tende a sminuirlo o a far capire che sarebbe meglio che ci si muovesse nella direzione che loro ritengono l'unica possibile in maniera dittatoriale.
Credo di aver già fatto ampiamente capire la mia opinione su tutto ciò, ma voglio tornarci.
Nello stesso momento in cui io o un qualsiasi musicista della scena attuale prendiamo uno strumento tradizionale, anche se eseguiamo la melodia più tradizionale del mondo, non la faremo mai in maniera tradizionale, ossia come ci è stata tramandata da coloro che consideriamo i nostri "informatori".
Questo avviene in maniera spesso involontaria ed inconscia, perché abbiamo imparato, dalla stessa tradizione, ad essere naturali, come d'altronde erano i nostri "informatori", i quali magari, a loro volta in maniera inconscia ed involontaria, avevano apportato personali variazioni al brano o al corpus che ci tramandano.
La serie di personali variazioni per me già fa piombare pienamente il brano o il repertorio nella più totale contemporaneità.
Poi io, lo dissi diverso tempo fa ma lo ripeto, sono una che auspica la contaminazione tra musiche di tradizione, ossia vorrei veramente che il rock, il jazz nella sua forma moderna e il pop stessero fuori dalla musica tradizionale.
Non perché ritengo che i repertori tradizionali siano superiori, semplicemente perché trovo che le contaminazioni con i generi moderni ed i loro stilemi, impoveriscono invece di arricchire la musica tradizionale.
Poi sono una che crede nelle frontiere: non voglio che ci si chiuda, ci manca, ma voglio avere sensazioni diverse se ascolto un brano popolare o un brano di musica leggera (se è di spessore ascolto anche quella, ora ce ne è sempre meno).
Insomma, smettiamo di vedere le cose come non sono, smettiamola di sminuire chi suona semplicemente tradizionale, anche perché i signori della contaminazione per forza e dell'addio alle frontiere spesso saccheggiano, in maniera magari disonesta, il lavoro di chi ricerca e rispetta la tradizione.
Non ritengo che l'unico sbocco possibile per la musica popolare sia contaminarsi con il pop e con gli altri generi moderni, si può anche imparare a comporre sugli stilemi della tradizione, utilizzare e stimolare la creatività della poesia vernacolare contemporanea e stimolare incontri con musiche che abbiano altrettanta storia della nostra, così ci si arricchisce.
Solo opinioni non vi preoccupate, ad esprimerle siamo in pochi, figuratevi se vi facciamo paura.
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