Carissimi lettori, oggi torno a scrivere su questo blog dopo una vita, per recensire un bellissimo documentario girato da Marcello Fersini, Roberto Inciocchi e Luis Padilla, prosecuzione del lavoro iniziato con il pregevole (e sempre consigliatissimo) "Cu li trapassa l'anima e lu core". Il tema è la musica popolare salentina, in questo caso vista e raccontata dalle donne, che effettivamente sono molto importanti in molti gruppi di "riproposta" attuali (dagli Zoè al Canzoniere Grecanico Salentino).
È un dvd davvero commovente sin dall'inizio. Il viaggio nel ritratto al femminile della musica salentina parte da una "Damme nu ricciu" cantata da tutte le protagoniste di questo documentario, ognuna con il proprio stile e si direbbe con la propria melodia. Questa breve ma profonda esperienza ricorda a chi non ci crede che la musica salentina è profondamente cangiante ma ha delle regole inalienabili (non si può faree disfare come si vuole!). Da questo canto, bellissimo e conosciuto anche grazie a qualche pregevole interpretazione anche all'interno della "Notte della taranta", comincia il ritratto vero e proprio, in bilico tra tradizione e modernità. Questo lavoro (come già dissi per "Cu li trapassa l'anima e lu core") è uno dei rarissimi casi in cui la tradizione sgorga dalla modernità e la modernità sgorga come un fiume impetuoso dalla tradizione (un altro potrebbe essere "Pizzicata" di Edoardo Winspeare, film che come sapete adoro!).
Più che raccontarvi gli interventi delle grandi donne della musica popolare salentina (da Cinzia Marzo a Francesca Chiriatti, da Rachele Andrioli ad Anna Cinzia Villani), mi permetterò di fare alcune riflessioni a margine.
Cinzia Marzo, con cui come sapete ho un rapporto del tutto speciale, afferma nel suo primo intervento che "la musica salentina non è né maschile né femminile, l'anima è anima e quando tu hai un cuore grande escono queste armonie meravigliose". L'affermazione è vera ma non impedisce la distinzione tra musiche con un'"anima" più maschile ed altre con un'"anima" più femminile. Io, da lontano e in maniera del tutto personale, credo che la musica salentina sia profondamente femminile (e quindi non mi viene di condividere l'affermazione di una delle intervistate secondo la quale l'importanza data alla donna nella musica salentina è recente). Secondo me, e solo secondo me, anche molti cantori uomini (anziani o vicini alla tradizione) hanno molta femminilità nel canto. Con la parola "femminilità" intendo l'assenza di certe tecniche di canto presenti invece in generi che io trovo spudoratamente maschili (come ad esempio molta musica argentina sia contadina che cittadina). Sono sincera: a parte qualche sonante eccezione (si pensi al Canzoniere di Terra d'Otranto e al suo cd "Bassa musica") è per me quasi impossibile concepire la musica salentina senza voci femminili o senza quelle bellissime cantate su tono alto (alla Uccio Bandello) che sono forse la cosa più bella di questa musica.
Anche questo dvd, come "Cu li trapassa l'anima e lu core" costringe a ragionare sul canto salentino , anche dal punto di vista tecnico. È interessante andare dietro a Francesca Chiriatti quando parla della mancanza di "infiorettature" nel canto salentino, che oggi è diventata endemica, facendolo assomigliare sempre di più al pop, impoverendo secondo me l'espressività di testi spesso poeticissimi.
Bellissima l'interpretazione di "Bella ci dormi" da parte di Cinzia Marzo e Rachele Andrioli, brano che le due voci interpretano con un'alchimia perfetta. Chi mi conosce sa delle numerosissime storie che mi legano a questo canto, uno di quelli che ha un posto del tutto speciale nel mio cuore.
In questo dvd si nota che vi sono due scuole di pensiero per quanto riguarda il canto salentino. Ve ne è una più "inurbanita" (la definizione è mia e forse è anche sbagliata) che in questa sede concreta è rappresentata da Cinzia Marzo e quella più fedele a certe cantate di cantori come gli "Ucci" o la "Simpatichina" rappresentata dalle altre cantrici di giovane generazione presenti nel lavoro. Io, anche per miei trascorsi legati a Roberto Murolo ed altri "fini dicitori" della musica del Sud Italia (Napoli ma non solo, si pensi solo ad Otello Profazio) sto più con gli "inurbaniti" piuttosto che con coloro che trovano spontaneo imitare le cantate in maniera esatta. Il problema, però, è che questo "inurbanire" poi porta spesso ad addolcire troppo il canto, quindi, come ogni buon estremismo, anche il troppo "inurbanimento" è condannabile. Io trovo giusto il lavoro di chi sta con un piede nella tradizionee e l'altro nella modernità, ma preferisco chi non sperimenta con melodie e testi altrui (ossia tradizionali) e umilmenete compone brani propri quando sperimenta (penso ai soliti e sempre citati Zoè). Se devo essere sincera, e qui lo sono in pieno, io, come mia strada personale, ne ho scelta una ancora diversa: a me interessa ancora di più chi riesce a comporre restando in gran parte fedele ai canoni della tradizione, anche alleparti più "scomode" (definizione di Anna Cinzia Villani di queste "spigolature" del canto salentino).
Scusatemi tanto se da questo articolo forse non viene un buon ritratto di questo dvd, quindi ho disatteso il mio obbiettivo iniziale, ma quando le cose mi piacciono troppo succede sempre così. le parti frastagliate di questo articolo sono sempre causate dalla stessa ragione, quindi perdonatemele altrettanto.
Spero davvero che comunque, nonostante tutto, sia riuscita a darvi qualcosa, ossia la voglia di fare un viaggio in un lavoro che racconta la musica salentina per quello che è, dal punto di vista della sua "anima" femminile.
giovedì 9 settembre 2010
"Se no lla vidi la senti cantare e i suoi dintorni.
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