martedì 11 maggio 2010

Renato zero: "Presente 09 tour"

Carissimi lettori, ho il piacere di recensire il nuovissimo dvd di Renato Zero, che accompagna la riedizione del suo ultimo e giustamente fortunatissimo album che, come saprete, si intitola "Presente".
Il concerto, preceduto da quella leggera dose di teatro che fa giustizia all'istrionismo del nostro, inizia con quella che da sempre è la mia canzone preferita di Renato, la vecchia ma poco conosciuta dal grande pubblico "Vivo".
La voce del nostro è caratterizzata da una grande potenza, solo leggermente incrinata da piccole "storture", che però su di me hanno un grande effetto. La versione del brano, ripreso da quel capolavoro del 1977 intitolato "Zerofobia", è meno classica e più caratterizzata da venature rock blues, che però non sconvolgono l'impianto del brano (per fortuna!). Il pubblico, ovviamente, canta dannatamente.
Si arriva subito alle nuove canzoni di "Presente", con quella che ci ha fatto capire che Renato era "Ancora qui". Non ci sono gli effetti e i controcanti che sono permessi dalle sovraincisioni, ma non è che Renato ha bisogno di queste cose, se le usa è solo per necessità artistica (ancora una volta: fortuna!). L'interpretazione è leggermente commossa, ma è allegra e tenera come si confà al testo del brano. Il pubblico è caldissimo, magari non lo si sente cantare molto, ma di festa ne fa tantissima.
Il messaggio di speranza di questo brano è perfettamente tradotto dal grande clima di empatia profonda che si è subito creato.
Continuiamo il viaggio all'interno di "Presente", con quello che è stato il secondo singolo estratto, quella "Questi amori" che ha convinto anche molta critica specializzata.
Renato qui perde quella rabbia che forse era data da un leggero nervosismo, per portarci verso quella tenerezza pura che è poi forse la sua più grande qualità.
Il pubblico sembra talmente ammaliato che, almeno secondo me, canta con molta discrezione, talmente tanta che la sua presenza si percepisce solo dai grandiosi applausi che punteggiano il brano. La risata schietta del finale condisce il bellissimo assolo di Mark Harris, geniale pianista che ci delizia con i suoi assoli venati di blues e di jazz.
Rivelocizzando il ritmo si torna un po' indietro negli anni con questa "Emergenza noia". C'è una grandissima semplicità in questo concerto, d'altronde basato prevalentemente su sonorità elettroacustiche (sempre meglio dell'elettronica, che come sapete io non amo!).
Qui Renato si sta facendo prendere da quei momenti in cui torna un po' allo stile arrabbiato che gli ha dato talmente tanta fortuna che il grande pubblico fa una cesura, che vi giuro che non c'è, tra un Renato zero trasgressivo (legato agli anni Settanta) e uno stupidamente definito patetico, più recente.
Proseguendo troviamo il brano che ha annunciato uno degli album più belli del nostro, quel "Dono" che aveva visto un quasi unanime consenso nel 2005. Il brano, come tutti quelli di foggia classica, diventa leggermente più rock, ma giusto quel poco a cui obbliga l'assenza degli archi di Renato Serio. Il pubblico, in un coro coordinato, intonato e felice, canta alcune parti di testo a cui Renato fa delle rispostine tenere e perfette. Sono molto commossa da questo regalo che il "fiacco" ci ha voluto fare, complimenti perché ci hai donato un altro gioiello (scusate lo sfogo a lui direttamente dedicato, ma quando ci vuole ci vuole).
Continuiamo ad andare indietro nel tempo con questa "Qualcuno mi renda l'anima", (e ci andiamo davvero perché si va verso il1974!), un brano che, se fosse conosciuto, dimostrerebbe ai "signori della cesura", che questa è una loro invenzione per tentare di capire uno dei personaggi veramente più forti e impegnati che l'Italia possa vantare. Il brano, credo, è un grido di un violentato (o anche di una violentata, non si capisce), giusto per dimostrare a qualcuno che per essere impegnati si può benissimo essere poetici. La versione riprende, naturalmente riadattata e maturata, quella di invenzioni, scordandosi quasi del tutto quella di "Icaro", se non fosse per il crescendo e urlo finale. Il pubblico naturalmente delira, come commenta questo discorso nostalgico ma tenero che gli è dedicato (ente di cui gli artisti si scordano, credendolo quasi un atto dovuto, mentre, ve lo dice una che è famosa per i suoi abbandoni clamorosi di artisti che ama, non è assolutamente così!).
E si torna a cantare il nuovo Renato Zero, con una bellissima ballata intitolata "l'incontro". E' un appello a noi giovani affinché non ci vendiamo, mamma mia che difficile attuarlo!
E' un brano tenero e rabbioso, anche grazie ai numerosi interventi della chitarra elettrica, che Zero utilizza quasi sempre distorta.
E dopo aver cantato il "Presente" di Zero, torniamo a cantare uno dei capolavori assoluti della sua storia, quella "Inventi" che è stata colonna sonora e causa di moltissime emozioni della mia infanzia, poiché io scoprii Renato Zero con una persona che era molto legata al repertorio anni Settanta, quello che aveva segnato la sua adolescenza.
L'arrangiamento, come si era già detto per "Qualcuno mi renda l'anima", ricorda molto più quello di "Invenzioni" piuttosto che quello di "Icaro" o di "Prometeo" (quest'ultimo non l'ho mai amato). Il pubblico, con il solito coro coordinato, intonato e felice, dice "Inventi la poesia". E' una versione dolcissima, direi perfetta anche grazie ad un bellissimo assolo di chitarra classica, strumento che il nostro ha rivalutato molto soprattutto dal punto di vista solistico.
Andando avanti si continua a rievocare il passato lontano di Renato Zero, con "Potrebbe essere Dio", un brano di un vero credente che, come tale, non vuole mai imporre la propria opinione a nessuno, ma solo presentarcela. La versione è bellissima, anche perché Renato Zero utilizza spesso le sue basse. Il brano in questa sede acquista una dolcezza e si direbbe quasi una solennità segreta e nuova: un ennesimo capolavoro!
Ed eccoci a quella bellissima, fortunatamente presa anche come singolo sennò non sarebbe mai passata alla radio, "Non smetterei più". Naturalmente, come nel cd "Presente", qui c'è presente il cantante di soul siciliano Mario Biondi. Forse, ma è solo un forse perché io non posso guardare i crediti del dvd quindi c'è un problemino, si sente anche il sax soprano di Stefano di Battista.
Sono particolarmente felice che Renato Zero abbia voluto pubblicare questo dvd, poiché la tournée non ha potuto toccare Perugia, quindi me la sto godendo per la prima volta e, come sempre, ha avuto una scaletta ben strutturata.
Ora c'è Mario Biondi che canta un brano del suo repertorio in inglese, infatti è la prima volta, nel cd di Renato Zero, che il nostro si esprime in italiano. I sorcini gli hanno dato un aiuto, che Mario Biondi ha veramente gradito.
Andando avanti si torna indietro nel tempo con una canzone del 1976, che erano vent'anni che non veniva ripubblicata. Anche qui, come in tutti i precedenti ripescaggi dal vecchio repertorio, c'è un ritorno molto forte alla versione di "Trapezio", di cui, anche qui ci ripetiamo, perde solo la solennità classica, che può essere data solo dagli strumenti acustici. Il brano a cui ci si riferisce si intitola "Salvami".
Andando avanti, tornando a "Presente", si canta uno dei brani più piccanti e colorati del Renato Zero storico, che si possano trovare nel repertorio recente. Mi riferisco a "L'ormonauta", che dal vivo, come tutto questo repertorio, è caratterizzato da un grandissimo divertimento.
Anche qui ovviamente si sente quella leggera "sporcizia" che è un nuovo ma fondamentale ingrediente della voce di Renato.
Si continua con un altro brano da "Presente" di cui, mea culpa, non mi ricordo il titolo. Comunque è un messaggio meraviglioso, in un periodo in cui i coltelli si usano, con fin troppa facilità, per troncare anche troppe vite innocenti. E' una di quelle ballate aperte, un po' alla Don Backy, che d'altronde è uno dei cantanti preferiti di Renato Zero (e si strasente!).
Si continua alla scoperta di "Presente" con "L'ambulante". Il brano qui acquista una rabbia che non fa perdere la tenerezza, ma che forse fa sviluppare più quella coscienza che, pur nella dolcezza del ritratto, è nascosta e va capita. Questo brano, non so perché non mi venne in mente ai tempi della recensione di "Presente", potrebbe ricordare il "Venditore di felicità", tra i primi pezzi mai incisi di Renato Zero, tratto dall'"Orfeo 9" di Tito Schipa junior (1970).
Ed eccoci ad un bel lento intitolato "Quando parlerò di te", una bellissima serenata d'addio. L'innamorato, al contrario delle canzoni napoletane di cui si parla di domenica, pretende di non essere più amato da una donna che lui, in fondo, ancora ama.
Nonostante l'addio che l'uomo pronuncia con determinazione, c'è sempre una tenerezza segreta ma forte.
Ed ecco un altro ritorno ai tempi di "Zerofobia", che il pubblico accoglie delirando. La canzone, precisamente "Morire qui", ricorda come canto la versione di "Zerofobia", ma c'è una dolcezza che la rimanda verso il mondo dell'ultimo Renato Zero, precisamente alla versione di "Prometeo" (1990). E' particolare anche l'entrata in questa canzone, che non le ha mai contemplate, delle tastiere e del pianoforte, che dà una grande forza armonica ad un brano che, negli anni e soprattutto in "Zerofobia", era quasi tutto ritmo. Voglio confessare una cosa: questa caratteristica delle versioni storiche non me lo hanno mai fatto amare, mentre ora, in questa nuova veste diversa ma rispettosa, forse me ne sto innamorando e dopo diciotto anni è veramente un miracolo.
Ed ecco un brano sull'amicizia e, direi, anche sulla sincerità, quel sentimento che, anche se oggi non pare, salva le vite dallo svendersi.
Ed eccoci a quello che è il singolo che attualmente gira nelle radio, una delle canzoni meno belle di "Presente" (sono gusti personali ma scritti sinceramente!). La canzone, intitolata "Muoviti", è comunque bella se analizzata obbiettivamente e forse anche freddamente, anche perché comunque il disco è tutto buono.
La versione è molto pura, anche perché Zero è molto filologico con il proprio repertorio, anche per permettere ai suoi ammiratori, che come ho detto sono molto canterini, di venirgli dietro (infatti, per fortuna, per lui il concerto non è mai un'occasione per mostrare la sua bravura, ma una festa collettiva!). La tenerezza e la speranza, come su tutto questo disco, lasciano la loro traccia di leggerezza, portandosi con loro l'ennesimo grido seguito dall'ennesimo applauso a scena aperta.
E' veramente un'atmosfera unica, come ogni buon concerto del nostro.
E a proposito di sorprese, che come avrete visto qui sono tante, eccoci ad una "113" che, almeno, io non avevo mai sentito dal vivo. Qui Renato Zero, va detto, torna veramente allo stile di "Invenzioni", davvero una meraviglia.
Renato Zero, come spesso faceva in quegli anni, si è divertito in un breve "scat", che viene seguito da una leggera variazione classicheggiante delle tastiere, che prelude al finale del brano, veramente filologicissimo.
Andando avanti si torna al "normale", continuando ad andare indietro nel tempo, pur tornando ai tempi a noi più vicini con questa bellissima "Figaro", che Zero interpreta a duo con il pubblico. Meravigliosa, tenera e grata, questa canzone, come molto repertorio del nostro, ha quelle virtù che dànno all'arte quell'umanità che spesso le manca.
Si torna a cantare il "Presente" di Renato Zero, con il brano che apre il cd intitolato "Professore". In questo brano il cantautore, forse con eccessiva protervia ma con giustizia, rivendica il diritto di vivere senza scuole e schemi.
Il canto, contrariamente alla versione da studio, è limpido e perfetto. Il pubblico lo aiuta, soprattutto nel finale, che dà il via ad una mai stancante "Felici e perdenti", che il cantante interpreta in duo con questo artista segreto che si chiama pubblico. L'interpretazione è rabbiosa, come tutte quelle presenti nei vari cd live che l'hanno contemplata, sin da "Amore dopo amore, tour dopo tour", risalente al lontano 1999.
La batteria e le percussioni permettono, contemporaneamente e in maniera complementare, di addolcire e rafforzare la rabbia di questo brano, tratto da un cd che ha una storia un po' particolare che voglio approfittare per raccontarvi. L'album in questione, risalente al 1994, si intitolava "L'imperfetto" e uscì il 30 agosto di quell'anno, in un caldissimo giorno. Mi ricordo benissimo di essere andata nel mio negozio di fiducia. Alla mia richiesta del cd di Zero, bellissimo, la signora dovette prenderlo dalo scatolone dei nuovi arrivi, perché io non le detti neanche il tempo di metterlo in vetrina. Troppo bello!
Tornando al presente di Zero si canta una ballata addolcita ma sempre rabbiosa, perché spessissimo in Zero, da sempre ma specialmente ora, la rabbia è nascosta nella dolcezza. E' una denuncia, un po' alla Cinzia Marzo. Mentre la salentina si rivolge a Dio senza Chiesa dei popolani, Zero, pur non denotando esplicitamente riferimenti cattolici è più legato ad una religiosità più standard.
Andando avanti, dopo "Il sole che non vedi", si ascolta un brano che ha una storia particolarissima per me, legata alle mie scuole elementari. Io, ve lo giuro, feci un tema a partire da questa canzone che, da allora, sia per la sua effettiva bellezza che per questo episodio, è una delle mie preferite del repertorio di Zero. Il brano è intitolato "Buon natale" ed è tratto da "Tregua", primo dei tre doppi album di inediti pubblicati dal nostro tra il 1980 ed il 1982.
La voce del "fiacco" qui, se possibile, rende questo messaggio di fratellanza ancora più forte, in un periodo come questo in cui, per qualsiasi problema, invece di lottare si decide di uccidere.
L'arrangiamento è più ricco rispetto all'originale, che era basato su un pianoforte aiutato leggermente da delle tastiere. Qui, sin da subito, arrivano gli archi insieme ai suoni sintetici (purtroppo il pianoforte praticamente si sente solo alla fine!), per poi far entrare tutto il gruppo di strumenti, fino al finale che contempla un assolo di chitarra elettrica forse un po' inutile ma non stupido.
Il dvd è finito, purtroppo, ma si chiude con un inedito che, ancora una volta, è dedicato a noi che amiamo Zero e ci sentiamo a lui uniti da vera comunitarietà.
Bellissima ballata, a tenpo di bolero in fondo, tenera, aperta, unica come sempre.
E' veramente un bel dvd, che va a coronare una nuova edizione di un buon disco di Zero, oserei dire che questo conviene anche a chi ha il cd, perché veramente vale troppo la pena di goderci un Renato in forma smagliante.
Capolavoro!
Ma poteva mancare "I migliori anni della nostra vita"? No!
Come sempre il pubblico canta il ritornello, e Renato se lo gode come forse mai aveva fatto, senza lasciare risposte. Meravigliosa canzone, interpretazione impeccabile, senza smagliature di sorta.
Spero di avervi fatto piacere con questa recensione, soprattutto spero di aver rifatto giustizia ad una mia grandissima passione che, forse da troppo tempo, era lontana da questo blog.
Arrivederci e, ovviamente, "Ciao nì!".

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