domenica 2 settembre 2012
Enrico Ruggeri a Ragusa
Carissimi lettori, questa sera mi va di recensire il concerto di Enrico Ruggeri, che il cantautore milanese sta tenendo a Ragusa in questo stesso istante (miracoli di Internet).
Tutto ciò è reso possibile da www.oraziosgarlata.it, che lo manda in streaming.
Il primo brano è "Cercami cercami", brano molto rock ma melodico, come solo Enrico Ruggeri ne sa fare.
La stessa atmosfera è ripresa dalla "Señorita", brano storico dell'inizio degli anni '80, che Enrico Ruggeri canta tutt'ora con verve invidiabile.
Andando avanti si comincia a sentire il mio Ruggeri preferito, quello delle ballate lente e sinuose, come "Prima del temporale". In questa occasione il brano, originariamente tratto da "Peter Pan", acquista una ruvidezza e una durezza che però, almeno secondo me, non disturbano il romanticismo strappacuore di questo brano, tra i migliori del Rouge.
Si può dire che interpretato così, seppur abbassato di due toni (da do minore a la minore) il brano riacquista la propria anima di ballad rock, che nella pur pregevole versione di "La vie en rouge" aveva perso, per diventare una bella (ma non perfetta) ballad acustica.
E dopo questa rimpatriata con il Ruggeri storico si torna al bellissimo, e purtroppo poco amato, "La ruota", con il brano sanremese "La notte delle fate".
Il brano diventa ancora più rock, ma è sempre in quel confine strano, che solo Ruggeri esplora con innata perfezione, tra melodia italiana e sonorità punk-rock.
Il brano successivo è "Il portiere di notte", probabilmente la prima canzone del Rouge ad essermi entrata dentro, grazie ad un doppio vinile dei miei genitori, misto di brani d'autore. Questa versione ci permette di apprezzare il valore di Francesco Luppi, tastierista della band di Enrico Ruggeri. Pur non avendo una manualità da pianista (o non avendo difficoltà nel suonare da tastierista) Luppi riesce a trasmettere tanto con pochissime note.
Il brano è interpretato in maniera molto simile alla versione di Enrico VIII, ma c'è nel finale un assolo accapponapelle di Schiavone, che traduce con tutt'altro linguaggio, quello della chitarra elettrica, la calda essenza dell'oboe.
E dopo un discorso abbastanza forte (sono eufemistica) contro questo governo e lo strapotere delle banche si continua con un brano che parla di carcerati, anzi si mette nella mente di uno di loro e ce ne racconta, dubbi, ansie e frustrazioni.
Andando avanti torniamo al Ruggeri migliore, il mio Ruggeri, quello cantato da Fiorella Mannoia alla fine degli anni Ottanta, quello de "I dubbi dell'amore". L'arrangiamento ricalca quello de "La vie en rouge" (live nel 2001 insostituibile per chi volesse conoscere Ruggeri), ma vi aggiunge una ruvidezza data dalle due chitarre elettriche, una delle quali riprende l'assolo che in quella occasione fu di Davide Brambilla e la sua tromba.
Ed Enrico Ruggeri continua a navigare tra i suoi successi, riproponendoci "Primavera a Sarajevo", che lo vide arrivare quinto (che tempi) al Sanremo 2002. Mentre nella versione originale, contenuta nel già pluricitato "La vie en rouge", le influenze balcaniche erano evidenti grazie alla tromba del già ricordato Brambilla, qui diventa un brano rock, con l'unica smagliatura data dal 2/4 che accomuna molti ritmi balcanici e la polka tanto amata dai nostri contadini.
La versione è bella, Enrico è in grande forma, fa solo strano sentire il refrain di tromba eseguito da uno strumento che non identifico, forse dalle tastiere.
E si va avanti con "Il mare d'inverno", accolta dal composto ma sincero delirio della gente. Devo dire che Luppi, il solito tastierista di cui prima, sta eseguendo la parte di piano in maniera ineccepibile (leggere smagliature verso la fine, peccato!).
La versione è stranamente vicina a quella del 1983, l'originale. Il brano è commovente, Enrico ne dà una versione a fior di pelle, fortemente emotiva.
Da diversi anni l'accompagnamento è assicurato anche da una chitarra elettrica distorta, che dà una sensazione di spettralità abbastanza inusitata.
Il brano è finito con uno strano accordo di mi maggiore, tenuto da una chitarra elettrica (probabilmente quella dello storico collega e compagno di Ruggeri Luigi Schiavone).
Andando avanti si chiama alla memoria "Punk (prima di te)", traccia del cd "Il falco e il gabbiano", dove Ruggeri rivendica la sua appartenenza al vero movimento punk italiano, di cui lui ha rappresentato un apice con i suoi decibel (quelli di "Contessa", ma soprattutto di pezzi come "A mano armata" o "Il lavaggio del cervello", di un'attualità tragica, quasi profetica).
Subito dopo il cantautore esegue due brani che hanno segnato due sue partecipazioni al Festival di Sanremo. La prima è "Rien ne va plus", presentata a quello del 1986. Il brano, che se non sbaglio faceva parte del disco "Difesa francese", è un sinuoso e difficile valzer, nella più nobile tradizione dei vals musette. Nello stesso medley c'è stato spazio anche per la commovente "Nessuno tocchi caino", contro la pena di morte, presentata al Festival di Sanremo 2003. Il brano non ha perso in forza, anzi.
Nello stesso medley c'è anche "Peter pan", che abbassata di ben due toni, perde molto. Dimenticavo che in mezzo c'è stata "Si può dare di più", inno della Nazionale Cantanti, presentata al Festival di Sanremo 1987.
Sempre nella stessa sessione retrospettiva si ascolta una delle mie canzoni più care di Ruggeri, la ballata piena di tenerezza e nostalgia, uno degli inediti che impreziosiscono "La vie en rouge". Il brano si intitola "Quante vite avrei voluto", qui haacquistato un'anima rock che solo orecchie attente potevano sospettare sotto la patina di dolce folk dell'originale.
Dopo questa full immersion nel Ruggeri storico e forse migliore si torna ad un album recente, dal titolo "Rock show". Il brano, omonimo, è un rock che distilla filosofia "on the road", fa piacere vedere che Ruggeri continua a fare questa vita potendoselo permettere.
E si torna a "Il falco e il gabbiano", con una delle ballate più belle, profonde e riuscite del rouge. Ilbrano è "Ti avrò" e fa strano sentirla riarrangiata in maniera così rock, dura, ruvida, da strada. Forse la tenerezza del testo va indovinata, sotto la scorza dei suoni distorti, ed è un'esperienza alquanto particolare sentire un groove di batteria che potrebbe ricordare "Tutto subito", collegato a questo momento di supremo romanticismo della produzione di Ruggeri.
Dopo un basso ostinato in do, parte "Poco più di niente". Qui il brano perde la sua melodicità, radicalizzando la sua matrice punk. Comunque è bella, e almeno secondo me Ruggeri ancora ha una voce che si può permettere certe cose.
Fa riflettere il fatto che affidi le parti del ritornello, particolarmente alte, a dei cori, che non so da chi siano formati.
Comunque è un rock corposo, bello, non casinaro.
Nel Festival di Sanremo 1987 Enrico Ruggeri era presente anche come autore, per una non debuttante ma ancora sconosciuta Fiorella Mannoia. Il brano era "Quello che le donne non dicono", che permise a Ruggeri di vincere il Premio della critica. La versione conserva la sua melodicità ammaliante (Luigi Schiavone, oltre ad essere uno dei migliori chitarristi italiani, è un autore di musiche fenomenale) ma prende la ruvidezza che caratterizza l'insieme di questo spettacolo. E al secondo ritornello Ruggeri fa dire il "Siamo così" al pubblico, ma sicuramente è più emozionante quando fa cantare intere parti di testo al pubblico (peccato che stasera non sia successo). Comunque il nostro sta in gran forma, da un gran gusto sentirlo.
E abbassato di quattro toni torna uno degli inediti che impreziosivano la bellissima raccolta "La giostra della memoria", uscita dopo la partecipazione del cantautore al Festival di Sanremo 1993 (vi ricordate quando vinse con "mistero"? Che tempi ragazzi!).
Il brano spacca, è molto ruvido, le chitarre elettriche sono le protagoniste assolute, insieme alla batteria impetuosa di Marco Orsi. Il brano di cui si parla è "Bianca balena".
E sul basso ostinato di mi minore, re e do si è snodato un brevissimo ma supremo assolo di chitarra elettrica, prima dell'ultimo refrain (non ritornello, perché questo brano non ce l'ha almeno inteso in senso convenzionale).
E con un'intro che ricorda molto quella della versione del sopracitato "La giostra della memoria" arriva "Polvere", brano che dava il titolo ad uno dei fondamentali della discografia di Ruggeri (1983).
La versione è assolutamente dura, piena di quell'impeto che caratterizza questa band. Molto bello è sentire come Ruggeri scandisca in maniera particolarmente emotiva il "che la mia condizione mi dà", dimostrando una totale identificazione con queste atmosfere, non cadendo però nella tentazione di nascondere i trent'anni passati e la maturazione da lui avuta.
Il concerto sarebbe finito ma ci sono i bis, e credo di sapere già cosa sta per succedere.
Si torna al periodo punk, con "Tenax", brano che non mi aspettavo. Il brano è uno di quei pezzi in minore in cui Ruggeri entra nel suo.
Il brano ricorda le atmosfere fine '70 e inizio '80.
La canzone non mi è particolarmente familiare, ecco perché si resta sul vago nel recensirla.
Ed eccola la "Contessa", che perde il mitico attacco a note singole, per entrare subito nell'impietoso giro dance.
È abbassata di ben due toni, ma è bella. Qui, come spesso accade, Ruggeri ha sfidato la bravura del pubblico nel tenere il tempo, naturalmente i siciliani non sono rimasti fregati. Il brano è uno degli inni del Rouge, io personalmente non lo amo più di tanto, ma ti soggioga.
Bel concerto, Rouge in grandissima forma!
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