venerdì 20 marzo 2009

Renato è "Ancora qui" (su "Presente", ultimo disco di Zero)

Carissimi lettori, eccomi qua di nuovo per raccontarvi una delle tante passioni che ancora non vi ho mai confessato: sono una grande "sorcina".
Il pretesto di questo distillato di ricordi e sensazioni sorcine, ossia riguardanti il grande Renato Zero, è dato dal nuovo cd del cantautore romano, intitolato "Presente".
Proverò a guidarvi, un po' a zig zag, tra le varie tracce di questo album che, sinceramente, non metterei tra i migliori del "fiacco" (soprannome personale di Renato Zero, nato dal fatto che egli si chiama Fiacchini).
La prima traccia di cui vi posso parlare si chiama "Almeno una parola", una ballata, con finale di chitarra elettrica, piena di speranza così come è pieno di speranza tutto il disco.
Questa ballad pop, lenta, è dedicata a sua madre, la stessa a cui egli aveva dedicato la sincera, ma oserei dire legittimamente spietata, "No, mamma, no!"
Si prosegue con "Ambulante", che può essere considerata, a livello di contenuto, il prosieguo, de "Il mercante di stelle", anche se musicalmente non ha quell'aria classica, quasi favolistica.
Si può definire, "L'ambulante", una canzone sulla vocazione di Renato allo spettacolo e all'istrionismo.
Non si deve confondere l'ambulante di questa canzone con quelli truffaldini che si vedono sulle spiagge d'estate, si dovrebbe pensare, piuttosto, al "venditore di felicità", d'altronde interpretato dallo stesso Zero in "Orfeo 9" di Tito Schipa Junior.
Andando avanti, posso portarvi verso "Ancora qui", brano con il quale Renato ci ricorda che fino a che si è decisi amettersi in gioco, non c'è niente di sicuro, neanche dopo quarant'anni di carriera, e trenta di successi forti, per quanto non siano mancati al nostro momenti di sconforto.
Si potrebbe descrivere questa canzone, ballata rock molto asciutta dove gli strumenti elettronici hanno solo il ruolo di tappeto per gli acustici e gli elettrici, come una "Ragazzo senza fortuna" voltata però al futuro, perché il passato viene condito e saporito dalla voglia che Renato ha di stupirci e farci sognare.
E' bello vedere persone veramente grate ai propri fans, quelli veri, non ai giornalisti che hanno pubblicato delle tracklist di questo cd completamente sbagliate! Vergognatevi!
Il cd, che come ho detto è un inno alla speranza e alla voglia di credere, contiene anche una ballata molto anni sessanta, con melodie molto ampie che si alternano senza ritornello, intitolata "Da adesso".
Amo pensare che questo sia un inno alla gratitudine che Renato ha sempre sentito per i giovani, a cui non si è mai scordato di aver appartenuto.
Il cd si chiude, io ve ne parlo adesso perché mentre scrivo lo sto ascoltando a zig zag, con una bellissima canzone per bambini, forse più giocosa e meno seria di "Metti le ali".
D'altronde anche Renato è nonno, e quando si diventa nonni, si ha ancora più voglia di ritornare bambini grazie ai nipoti, di quanta non se ne abbia quando si diventa genitori, per aiutare a crescere i figli.
Va anche detto che Zero, come sa chi lo segue, non ha potuto o voluto, assaporare quest'esperienza, quindi ora si può dire che stia recuperando il tempo perduto.
C'è poi una ballata, intitolata "Giù le mani dalla musica", sulla troppa facilità con cui la gente tratta quest'arte. Zero se la prende anche con chi la scarica, ma io dico che lo scaricamento ha permesso a molta gente di scoprire cose che non avrebbe mai potuto conoscere, aiutando anche una maggiore libertà d'ascolto.
Comunque la base della ballata la condivido, perché non si può negare che la musica, ed è già stato detto anche in questo blog, è trattata semplicemente come un prodotto. Infatti esiste anche chi dice che i cd, con i loro venti euro, costano troppo, mentre non si arrabbia neanche, se qualcuno gli dice di spendere centocinquanta euro su un paio di scarpe: questo è vergognoso!
Si continua con una ballata che si chiama "Il sole che non vedi", un brano un po' enigmatico, almeno per me, poiché non riesco a capire se è un dialogo con Dio, che Renato d'altronde ha spesso sfidato, oppure con noi giovani e comunque con tutto il suo pubblico, a cui ricorda di non poter stare solo.
Comunque qui la speranza di Zero, spesso così cocciuta, qui sembra un po' incrinarsi, anche perché, sfido chiunque abbia un minimo di senso della realtà, ad essere veramente ottimisti in quest'epoca.
Continuiamo con una ballata che, senza enigmi, è un incoraggiamento a noi giovani, affinché possiamo diventare davvero scomodi. La ballata si intitola "L'incontro", ed è sintetizzabile con quella frase del poeta brasiliano Vinicius de Morais "La vita, amico, è l'arte dell'incontro".
Non è una ballata che ci dice di perdere la memoria, ma ci ricorda che dobbiamo essere noi stessi, senza più farci condizionare ed impigliare da modelli inutili, che d'altronde Renato, neanche in televisione ha mai propugnato.
C'è poi una latin ballad, un cha cha cha, intitolata "L'ormonauta". Si potrebbe dire che è una canzone sulla pedofilia, ma trattata con tale ironia, che è difficile capirlo, e si è più portati a divertirsi ed a ballare che a riflettere.
E' una geniale presa in giro di questa società psicanalizzata, psicanalitica, esibizionista, piena di problemi di cui non parla, o, se lo fa, è perché questi sono diventati cause di fatti di cronaca talmente mediatici, che ci permettono di esibire comunque la nostra nullità, arrivando, anche così ad essere noti.
Musicalmente è un ritmo latino, l'ho chiamata latin ballad perché anche la denominazione di cha cha cha che ho dato dopo, non mi convince. Ha un notevole assolo di tromba, che ricorda magicamente quelli delle grandi orchestre di fiati degli anni cinquanta latino-americani.
Si arriva poi ad una canzone poliritmica, inizio lento, rock medio asciutto, modello "Ancora qui".
Il brano si intitola "Muoviti, ed è un incitamento all'attività e al giudizio, che sinceramente noi, come generazione, stiamo perdendo.
Mi si potrà dire che sono le solite cose che Renato dice da almeno quindici anni, ma io preferisco questi sproni, piuttosto che le nullità di canzoni moderne dove, il canto di protesta o pseudopolitico, viene mischiato alle reinterpretazioni, o peggio ancora ai campionamenti, dei ritornelli dei Tiromancino.
Arriviamo ora alla bossanova "Non smetterei più", brano sulla condizione del musicista, descritta nella sua interiorità e profondità, magari non con la gratitudine insuperabile della canzone "L'artista" di Don Backy, ma comunque meravigliosa, perché ci ricorda che l'artista è un mestiere creativo.
Questo brano è interpretato con Mario Biondi, grande interprete di soul italiano, che viene sfidato a cantare nella nostra lingua, e forse perde un pochino di espressione, ma è sempre un grande. Suppongo, poi, che i tocchi di sassofono, verso la fine, siano del jazzista, in verità secondo alcuni contaminato anche troppo con il pop, Stefano di Battista.
Ecco qua una canzone, intitolata "Professore", invettiva, mai troppo sarcastica come spesso invece diventa nei concerti di Renato, contro i professori, e contro quelli che hanno vissuto più leggendo che vivendo concretamente.
Non si può dare torto a Zero, ma non si può neanche dire, come spesso dice chi ha fatto meno scuola, forse solo per orgoglio, che la cultura serve a poco.
C'è poi una ballata, anche questa un po' "sessantesca", intitolata "Quando parlerò di te", sull'impossibilità di un ritorno o di una permanenza, anche quando fortemente voluta.
E' tutto un gioco di una persona che si sdoppia e, da un lato, vuole restare a far parte della vita di chi ha lasciato, ma dall'altro, siccome è convinta della giustezza della sua strada, vuole intestardirsi, per poi non vederla più e non avervi più contatti.
C'è poi una bellissima canzone intitolata "Questi amori", dove Renato ci racconta il suo rapporto con l'amore, nonché la sua gratitudine a questo sentimento che nutre così profondamente anche la sua arte.
Abbiamo poi "Spera o spara", ballata sarcastica, miscuglio tra "Sbattiamoci", musicalmente parlando, e "Atomico pathos", sia musicalmente, sia come sarcasmo.
Purtroppo, però, le situazioni di cui Renato ci parla, non sono profezie, ma quelle che vediamo tutti i giorni, poiché ci siamo voluti far "telecamerare" ad ogni costo, e poi invochiamo la privacy su cose importanti per le quali la comunicazione tra noi sarebbe fondamentale.
Si continua poi con "Un'altra gioventù", un brano, credo, dedicato a quelli, della generazione di Zero, che non si sono venduti, che, va detto, sono davvero pochi. Tra questi c'è ovviamente lui, che, però, come sapete tutti, trent'anni fa cantava: "Mi vendo". Quella, poi si è capito, era solo provocazione, per far passare a tutti la "Zerofobia" e farla diventare, a molti, "zerofollia", ed obbligare quindi anche gli altri a fare i conti con questo grande artista.
Il nostro viaggio dentro "Presente", si chiude con "Vivi tu", brano nel quale Renato immagina, da dentro il cd, di venire letteralmente nelle nostre case, immaginando perché no di voler vivere anche un po' di questa vita nostra, poi tanto simile alla sua, perché, quando non sta sul palcoscenico, Renato è ancora se stesso.
Devo dire che questo disco non è un cd che consiglierei ad un neofita che mi chiedesse di essere indirizzato alla scoperta del cantautore romano. Consiglierei, infatti, "Icaro", live del 1981, che a quanto pare non si trova più su cd, oppure "Renatissimo", raccolta tripla, antologia completissima che a me mancò, perché mi dovetti accontentare di due semplici "Zerofavole".
Comunque, buon ascolto, che non ve ne pentirete!





Carissimi lettori, eccomi qua di nuovo per raccontarvi una delle tante passioni che ancora non vi ho mai confessato: sono una grande "sorcina".
Il pretesto di questo distillato di ricordi e sensazioni sorcine, ossia riguardanti il grande Renato Zero, è dato dal nuovo cd del cantautore romano, intitolato "Presente".
Proverò a guidarvi, un po' a zig zag, tra le varie tracce di questo album che, sinceramente, non metterei tra i migliori del "fiacco" (soprannome personale di Renato Zero, nato dal fatto che egli si chiama Fiacchini).
La prima traccia di cui vi posso parlare si chiama "Almeno una parola", una ballata, con finale di chitarra elettrica, piena di speranza così come è pieno di speranza tutto il disco.
Questa ballad pop, lenta, è dedicata a sua madre, la stessa a cui egli aveva dedicato la sincera, ma oserei dire legittimamente spietata, "No, mamma, no!"
Si prosegue con "Ambulante", che può essere considerata, a livello di contenuto, il prosieguo, de "Il mercante di stelle", anche se musicalmente non ha quell'aria classica, quasi favolistica.
Si può definire, "L'ambulante", una canzone sulla vocazione di Renato allo spettacolo e all'istrionismo.
Non si deve confondere l'ambulante di questa canzone con quelli truffaldini che si vedono sulle spiagge d'estate, si dovrebbe pensare, piuttosto, al "venditore di felicità", d'altronde interpretato dallo stesso Zero in "Orfeo 9" di Tito Schipa Junior.
Andando avanti, posso portarvi verso "Ancora qui", brano con il quale Renato ci ricorda che fino a che si è decisi amettersi in gioco, non c'è niente di sicuro, neanche dopo quarant'anni di carriera, e trenta di successi forti, per quanto non siano mancati al nostro momenti di sconforto.
Si potrebbe descrivere questa canzone, ballata rock molto asciutta dove gli strumenti elettronici hanno solo il ruolo di tappeto per gli acustici e gli elettrici, come una "Ragazzo senza fortuna" voltata però al futuro, perché il passato viene condito e saporito dalla voglia che Renato ha di stupirci e farci sognare.
E' bello vedere persone veramente grate ai propri fans, quelli veri, non ai giornalisti che hanno pubblicato delle tracklist di questo cd completamente sbagliate! Vergognatevi!
Il cd, che come ho detto è un inno alla speranza e alla voglia di credere, contiene anche una ballata molto anni sessanta, con melodie molto ampie che si alternano senza ritornello, intitolata "Da adesso".
Amo pensare che questo sia un inno alla gratitudine che Renato ha sempre sentito per i giovani, a cui non si è mai scordato di aver appartenuto.
Il cd si chiude, io ve ne parlo adesso perché mentre scrivo lo sto ascoltando a zig zag, con una bellissima canzone per bambini, forse più giocosa e meno seria di "Metti le ali".
D'altronde anche Renato è nonno, e quando si diventa nonni, si ha ancora più voglia di ritornare bambini grazie ai nipoti, di quanta non se ne abbia quando si diventa genitori, per aiutare a crescere i figli.
Va anche detto che Zero, come sa chi lo segue, non ha potuto o voluto, assaporare quest'esperienza, quindi ora si può dire che stia recuperando il tempo perduto.
C'è poi una ballata, intitolata "Giù le mani dalla musica", sulla troppa facilità con cui la gente tratta quest'arte. Zero se la prende anche con chi la scarica, ma io dico che lo scaricamento ha permesso a molta gente di scoprire cose che non avrebbe mai potuto conoscere, aiutando anche una maggiore libertà d'ascolto.
Comunque la base della ballata la condivido, perché non si può negare che la musica, ed è già stato detto anche in questo blog, è trattata semplicemente come un prodotto. Infatti esiste anche chi dice che i cd, con i loro venti euro, costano troppo, mentre non si arrabbia neanche, se qualcuno gli dice di spendere centocinquanta euro su un paio di scarpe: questo è vergognoso!
Si continua con una ballata che si chiama "Il sole che non vedi", un brano un po' enigmatico, almeno per me, poiché non riesco a capire se è un dialogo con Dio, che Renato d'altronde ha spesso sfidato, oppure con noi giovani e comunque con tutto il suo pubblico, a cui ricorda di non poter stare solo.
Comunque qui la speranza di Zero, spesso così cocciuta, qui sembra un po' incrinarsi, anche perché, sfido chiunque abbia un minimo di senso della realtà, ad essere veramente ottimisti in quest'epoca.
Continuiamo con una ballata che, senza enigmi, è un incoraggiamento a noi giovani, affinché possiamo diventare davvero scomodi. La ballata si intitola "L'incontro", ed è sintetizzabile con quella frase del poeta brasiliano Vinicius de Morais "La vita, amico, è l'arte dell'incontro".
Non è una ballata che ci dice di perdere la memoria, ma ci ricorda che dobbiamo essere noi stessi, senza più farci condizionare ed impigliare da modelli inutili, che d'altronde Renato, neanche in televisione ha mai propugnato.
C'è poi una latin ballad, un cha cha cha, intitolata "L'ormonauta". Si potrebbe dire che è una canzone sulla pedofilia, ma trattata con tale ironia, che è difficile capirlo, e si è più portati a divertirsi ed a ballare che a riflettere.
E' una geniale presa in giro di questa società psicanalizzata, psicanalitica, esibizionista, piena di problemi di cui non parla, o, se lo fa, è perché questi sono diventati cause di fatti di cronaca talmente mediatici, che ci permettono di esibire comunque la nostra nullità, arrivando, anche così ad essere noti.
Musicalmente è un ritmo latino, l'ho chiamata latin ballad perché anche la denominazione di cha cha cha che ho dato dopo, non mi convince. Ha un notevole assolo di tromba, che ricorda magicamente quelli delle grandi orchestre di fiati degli anni cinquanta latino-americani.
Si arriva poi ad una canzone poliritmica, inizio lento, rock medio asciutto, modello "Ancora qui".
Il brano si intitola "Muoviti, ed è un incitamento all'attività e al giudizio, che sinceramente noi, come generazione, stiamo perdendo.
Mi si potrà dire che sono le solite cose che Renato dice da almeno quindici anni, ma io preferisco questi sproni, piuttosto che le nullità di canzoni moderne dove, il canto di protesta o pseudopolitico, viene mischiato alle reinterpretazioni, o peggio ancora ai campionamenti, dei ritornelli dei Tiromancino.
Arriviamo ora alla bossanova "Non smetterei più", brano sulla condizione del musicista, descritta nella sua interiorità e profondità, magari non con la gratitudine insuperabile della canzone "L'artista" di Don Backy, ma comunque meravigliosa, perché ci ricorda che l'artista è un mestiere creativo.
Questo brano è interpretato con Mario Biondi, grande interprete di soul italiano, che viene sfidato a cantare nella nostra lingua, e forse perde un pochino di espressione, ma è sempre un grande. Suppongo, poi, che i tocchi di sassofono, verso la fine, siano del jazzista, in verità secondo alcuni contaminato anche troppo con il pop, Stefano di Battista.
Ecco qua una canzone, intitolata "Professore", invettiva, mai troppo sarcastica come spesso invece diventa nei concerti di Renato, contro i professori, e contro quelli che hanno vissuto più leggendo che vivendo concretamente.
Non si può dare torto a Zero, ma non si può neanche dire, come spesso dice chi ha fatto meno scuola, forse solo per orgoglio, che la cultura serve a poco.
C'è poi una ballata, anche questa un po' "sessantesca", intitolata "Quando parlerò di te", sull'impossibilità di un ritorno o di una permanenza, anche quando fortemente voluta.
E' tutto un gioco di una persona che si sdoppia e, da un lato, vuole restare a far parte della vita di chi ha lasciato, ma dall'altro, siccome è convinta della giustezza della sua strada, vuole intestardirsi, per poi non vederla più e non avervi più contatti.
C'è poi una bellissima canzone intitolata "Questi amori", dove Renato ci racconta il suo rapporto con l'amore, nonché la sua gratitudine a questo sentimento che nutre così profondamente anche la sua arte.
Abbiamo poi "Spera o spara", ballata sarcastica, miscuglio tra "Sbattiamoci", musicalmente parlando, e "Atomico pathos", sia musicalmente, sia come sarcasmo.
Purtroppo, però, le situazioni di cui Renato ci parla, non sono profezie, ma quelle che vediamo tutti i giorni, poiché ci siamo voluti far "telecamerare" ad ogni costo, e poi invochiamo la privacy su cose importanti per le quali la comunicazione tra noi sarebbe fondamentale.
Si continua poi con "Un'altra gioventù", un brano, credo, dedicato a quelli, della generazione di Zero, che non si sono venduti, che, va detto, sono davvero pochi. Tra questi c'è ovviamente lui, che, però, come sapete tutti, trent'anni fa cantava: "Mi vendo". Quella, poi si è capito, era solo provocazione, per far passare a tutti la "Zerofobia" e farla diventare, a molti, "zerofollia", ed obbligare quindi anche gli altri a fare i conti con questo grande artista.
Il nostro viaggio dentro "Presente", si chiude con "Vivi tu", brano nel quale Renato immagina, da dentro il cd, di venire letteralmente nelle nostre case, immaginando perché no di voler vivere anche un po' di questa vita nostra, poi tanto simile alla sua, perché, quando non sta sul palcoscenico, Renato è ancora se stesso.
Devo dire che questo disco non è un cd che consiglierei ad un neofita che mi chiedesse di essere indirizzato alla scoperta del cantautore romano. Consiglierei, infatti, "Icaro", live del 1981, che a quanto pare non si trova più su cd, oppure "Renatissimo", raccolta tripla, antologia completissima che a me mancò, perché mi dovetti accontentare di due semplici "Zerofavole".
Comunque, buon ascolto, che non ve ne pentirete!

Nessun commento:

Posta un commento