domenica 8 marzo 2009

in difesa della sana musica popolare

Io, semplice appassionata di musica popolare (scusate io non chiamerò mai folk il saltarello o la pizzica!), vorrei staccarmi da questo coro che saluta con piacere l'entrata di questi generi nel ballo globale dell'annullamento generalizzato.io sono più convinta del fatto che ogni epoca abbia i propri generi caratteristici, che quindi vanno eseguiti con uno strumentario con una base fortemente o assolutamente tradizionale. se si vuole poi contaminare, si deve pensare a strumenti, che per un motivo o per un altro, abbiano a che fare con una cosa che fa paura: la storia di ciò che si sta facendo. Io sono pianista e cembalista e provo molto piacere nell'eseguire generi che ai miei strumenti non si richiamano, per lo meno nella loro forma attuale. Mi piace, quindi, essere molto audace e spogliarmi dei pregiudizi che, quasi razzisticamente, ci portiamo in noi, (tutti i suonatori di strumenti colti a tasto), nei confronti di musiche "altre". L'audacia non toglie che, le scelte che faccio, sono istintivamente portate verso generi che abbiano a che vedere, magari con qualche particolare dell'organologia o della storia dello strumento con cui decido di eseguirli, che tra l'altro mi deve permettere di "imitare" le caratteristiche strutturali del genere stesso. Il fado ha la chitarra pizzicata da plettri che si attaccano alle unghie del suonatore di chitarra portoghese, ed è fortemente caratterizzato da un profondo dialogo all'interno del gruppo di suonatori. Di conseguenza, lo eseguirò con il cembalo, mettendo le due mani una sulla tastiera superiore, ad imitazione della "batida" tipica dell'accompagnamento, e l'altra su quella inferiore, con cui darò una minima idea delle pennate di chitarra portoghese. se devo eseguire un genere percussivo come la pizzica, lo eseguirò col pianoforte in quanto questo è uno strumento a corde percosse, quindi facilmente collegabile alla logica della "picchiata" (vedasi il lavoro di alcuni musicisti swing). L'unico genere che mi sento di poter dire di aver suonato con una certa costanza è stato il son cubano, tra quelli che invece contengono il pianoforte come elemento assolutizzante. lì poi subentravano problemi di altre mancanze mie, come l'impossibilità di scrivere, tanto meno di pensare in metrica, e quindi la conseguente ignoranza mia per quanto riguarda l'improvvisazione di testi, virtù primaria di un buon "sonero".Avendo visto che moltissimi generi mi richiedevano doti che mi avrebbero obbligato ad applicarmi a cose che fondamentalmente non mi interessavano, dove avrei di conseguenza avuto incerti risultati, ho poi preferito ritornare a quelle che sono le radici melodiche mie e di qualsiasi italiano che non sia affetto da quel vizio immane che è il campanilismo: la inimitabile melodia napoletana. Da lì poi, per un moto di vergogna nei confronti di me stessa, volli andare alla scoperta di tutto il folklore, prevalentemente di quello meridionale, perché ho trovato ascoltando (mi potrebbe anche essere andata male con i gruppi di riproposta sentiti) che fosse l'unico vero, ossia con una forte identità. Lo conosco ancora abbastanza male, perché ho capito che per fare il livello di ricerca che mi interessa bisogna andare sul materiale "di campo", ma abbastanza per aver trovato lì dentro un gioiellino da salvaguardare: la musica salentina. Partirò da lì per andarvi contro, signori del folk revival, che dite che bisogna modernizzarlo e massificarlo, e stappate bottiglie perché un cd di Francesco de Gregori, dedicato al folk (leggasi ai cantautori settentrionali che negli anni sessanta sfruttavano i ritmi tradizionali per veicolare idee di sinistra e a qualche canto risorgimentale) ha venduto 150000 copie. Dovreste sapere, voi che lavorate per giornali musicali, che la musica leggera (ambito in cui finiscono per confluire tali operazioni) gode, vive e ci gode, del fatto che vi siano persone talmente legate ai suoi rappresentanti , da prendere la loro "arte" come una bandiera: "Esce un cd di degregori! lo compro!).voglio dire con questo, che moltissimi acquirenti, lo hanno acquistato per ragioni diverse dalla voglia di scoprire la musica popolare o il canto di protesta: tra l'altro a me, dopo averlo avuto, è venuto solo il desiderio di non sentirlo più dopo il primo ascolto. I signori di "folk bulletin", stroncandolo, sono andati in difesa della sana musica popolare: da un lato di quella tradizionale (di campo), dall'altro della riproposta non improvvisata e priva d'accademia, perseguita da sempre meno gente. Se voi siete per la musica senza confini (world music, termine terribile!), io ancora, non solo sono per la divisione dei generi, ma pretendo, perfino, di avere da essi diverse sensazioni. se ascolto una pizzica, vorrei essere portata a terzinare con le mani il ritmo ad imitazione del tamburello; se ascolto un tango argentino vorrei essere trasportata dal testo e dall'angoscia che trasmette il cantante; se ascolto un fado vorrei che i cantanti ed i chitarristi abbiano un effettivo dialogo, non avendo quei maledetti semimonologhi teatrali dell'ultima ondata.In più, come si potrebbe capire leggendo sopra, tengo molto alle tecniche canore e di tocco strumentale tipiche d'ogni genere. Io non sono purista, ma non credo neanche in quella frase della canzone di Jarabe de Palo (scusate se non cito una fonte più colta!) che dice "En lo puro no hay futuro". La purezza è qualcosa di leggero, ineffabile, impalpabile, ma profondamente visibile, che ci sfida artisticamente a poter creare "cose moderne che sanno d'antico".Guardate ad esempio il lavoro di Marco Poeta, degli Officina Zoè o dei primi Alla Bua. Queste persone perseguono un obbiettivo di rinnovamento "naturale" della tradizione, mettendosi alla ricerca di quel qualcosa che possa raccontare la modernità con gli schemi antichi. Ovvio, oggi la difficoltà invece di stimolarci ci fa paura, quindi va da sé che questa strada, che implica saper dialogare bene con la tradizione di riferimento (rinnovandola senza stravolgerla), non ci piace. Mi piacerebbe però, dire a tutti quelli che tutt'ora si riconoscono nel lavoro della storica Nccp o dei Musicanova, che non è altro che ciò che questi gruppi hanno egregiamente fatto (per lo meno agli inizi, nel caso dei musicanova).Vorrei concludere dicendo che se volete creare qualcosa di diverso che parta dalla musica popolare, abbiate il coraggio di farlo ma non lo chiamate con questo nome.

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