mercoledì 1 aprile 2009

Un "Miracolo" della musica salentina (Su "Il miracolo" degli Officina Zoè

Carissimi lettori, voglio portarvi ora verso un cd che ha rappresentato una tappa fondamentale nella mia formazione di appassionata, ma soprattutto di interprete, di musica popolare salentina. Mi riferisco a "Il miracolo" degli Officina Zoè, album che è la colonna sonora dell'omonimo film del regista Edoardo Winspeare.
Voglio ammettere subito che è un cd un po' complicato, oltre a confessare il fatto di essermene innamorata ufficialmente solo quando ho avuto fra le mani i testi delle canzoni e una copia personale ed originale del disco stesso.
Quando ci si accinge ad ascoltare "Il miracolo", si deve innanzitutto dimenticare tutto ciò che si sa sugli Officina Zoè prima maniera, quelli più spesso conosciuti, oltre a scordarsi completamente della lettura moderna e spesso stereotipata e semplificata che si fa della tradizione salentina. Infatti, se per tradizione salentina intendiamo solo le pizziche, eseguite magari a velocità spasmodiche che non permettono neanche di ballare, sicuramente "Il miracolo" non lo possiamo considerare un cd di musica tradizionale o di matrice tradizionale salentina. Se poi per innovazione nella tradizione salentina intendiamo solo il lavoro di gente che stravolge i ritmi, le armonie e le sonorità dei vecchi brani per essere moderna ma ne sfrutta i testi, allora sicuramente "Il miracolo" non può essere considerato neanche un cd di "Innovazione sulla tradizione salentina".
Se, invece, noi intendiamo per tradizione un qualcosa che sentiamo naturalmente dentro, conosciamo in profondità e scandagliamo sin nei suoi minimi particolari per farne qualcosa di nuovo che non lo ammazzi, anche perché se ne allontana in molti aspetti ma senza rancore né boria, allora siamo pronti per un ascolto magico.
Il cd, infatti, è il più coraggioso della discografia degli Zoè, sia perché è tutto di brani d'autore, sia perché gli strumenti tradizionali vengono mischiati a suoni d'origine colta e quindi sfidati ad essere qualcosa di diverso da quello che sono, anche se non perdono la loro anima. Facendo un confronto con l'altra colonna sonora firmata dagli Zoè, quella del pluripremiato film "Sangue vivo", si può dire che lì era la musica una parte importante della trama cinematografica, mentre qui è il cinema a fare propria la musicalità popolare, portandola a diventare più eterea, raccolta, profonda, interiore. Con questo non voglio dire che il cd si debba ascoltare rigorosamente come continuazione del progetto cinematografico, ma le immagini che evoca vanno al di là degli stereotipi e degli stessi usi tradizionali della pizzica, che d'altronde è quasi assente.
Musicalmente parlando, ci troviamo di fronte ad una serie di brani, alcuni accomunati dalla stessa tonalità, dove si vede l'influenza balcanica che oggi è così di moda, diventare una delle componenti principali della sonorità del cd, anche grazie al violoncellista albanese Redi Hasa.
Il cd è quasi completamente strumentale, eccezion fatta per tre brani dove comunque le parole si fanno spessissimo suono e perdono il loro valore tradizionale.
La prima traccia "Miracolo", inizia con un lungo movimento di sonagli a rullata, quasi ondulatorio, che viene riecheggiato dall'organetto suonato sui bassi. Quando la composizione acquista una forma ritmica ben definita, si vede un utilizzo di stili di suono di tamburello molto simili a quelli della pizzica, anche se con tutt'altro tempo. A me, che vengo anche da un forte lavoro sulla musica di Buenos Aires, queste sonorità fanno pensare al tango. Dopo questa entrata strumentale, brevissima, arriva anche la voce di Cinzia Marzo, che qui si fa eterea, quasi lirica, quasi sospesa, ai confini di una geografia inesistente.
Questa sensazione continua anche in "Golfo ionico" , di cui nel cd vi sono due versioni. La prima inizia con il bouzouki greco suonato in maniera ritmica, non alla greca quindi, al quale si armonizza perfettamente l'entrata di un tamburello o di una percussione che prelude ai vocalizzi di Cinzia i quali si alternano con pezzi eseguiti sia da tutto l'insieme strumentale (costituito da percussione, bouzouki e violoncello), sia da alcuni elementi solisti.
Si arriva poi al primo brano che possiede un testo, "Tempu veru". Musicalmente parlando è un brano in tonalità minore dove scompare l'organetto, con un inizio lentissimo affidato ad alcune note di bouzouki accompagnate da lunghi suoni bassi del violoncello, sul quale si inizia a stagliare ben presto il dolce misticismo della voce di Cinzia. Non so dire se in questa prima parte la voce esegua semplicemente dei vocalizzi o dica delle parole, perché il confine tra parola e suono autonomo è labilissimo. Dopo una pausa si riprende con un assolo di bouzouki che consiste nella ripetizione di un unico accordo, sul quale poi si innesta innanzitutto l'insieme strumentale, che accompagna uno strabiliante assolo di violoncello, per poi guidare la voce verso una scansione a vocalizzi di un belllissimo testo, scritto da Cinzia Marzo, che qui è portata, per la prima volta, verso un fortissimo misticismo. E' un misticismo laico, cosiccome è laico il senso del miracolo di cui parla il film di Edoardo Winspeare.
Il finale del brano è una ripresa, con altri vocalizzi, del tema lento iniziale, che sembra quasi evaporare.
Arriviamo all'unico momento del cd che ci può far pensare al mondo "normale" degli Officina Zoè, ossia alla pizzica. Il brano in questione, intitolato "Menevò", è una pizzica lenta scritta, sia nel testo che nella musica, da Cinzia Marzo. L'introduzione, a chi magari conosce "Sangue vivo", potrebbe ricordare quella di "Ijentu", di cui d'altronde ricalca anche il giro d'accordi. Entrando nel vivo della struttura del brano, l'introduzione è accompagnata da dei battiti di tammorra muta, senza sonagli, e da un organetto che suona sui bassi. Anche qui il canto è a vocalizzi, ed il testo entra quando, piano piano, da questa parte così moderna scaturisce la tradizione. Questa però, va detto subito, non si spoglia mai della modernità. Infatti, tutti gli strumenti, suonano in maniera "sporca", quasi avessero paura di disturbare il canto d'addio che si sta cantando. Infatti "Menevò" è il testamento interiore di una persona che decide di lasciare questa terra e volare via "tra li canti", anche se poi non si sa se questa decisione vada in porto. Descrivendo concretamente l'ensemble strumentale che esegue il brano, troviamo un tamburello che praticamente non terzina, una chitarra che non suona ritmicamente ma arpeggia, ed un bouzouki che fa altrettanto, insieme ad un organetto che continua a suonare solamente sulla sua parte sinistra. Lo strumento più ritmico, infatti, è una armonica a bocca, suonata mirabilmente dal grande virtuoso salentino Umberto Panico. A metà brano, dopo il secondo ritornello e la seconda parte a vocalizzi, c'è un assolo di doppio flauto, strumento di origine greca rimasto effettivamente in uso solo in Calabria, ma storicamente diffuso anche nel basso Salento.
Dopo questa parentesi più tradizionale, quasi per reazione, arriva un brano completamente strumentale intitolato "Mera promessa". Con questo brano si torna a delle sonorità a metà fra balcani ed Argentina, il tutto condito con atmosfere free jazz grazie all'intervento del fiatista Marco Tuma. E' un altro brano basato sulla ripetizione di un unico accordo, a cui la curiosa presenza del basso elettrico, da una particolare dissonanza.
Si prosegue con il brano più mistico, e oserei dire allucinato, di tutto il cd. Il suo titolo è "Fracidde", scintille, ed ha un ritmo che ricorda la pizzica, anche se nella scansione il ritmo a sfumature diverse.
L'introduzione è affidata al violoncello che, tenendo due note contemporaneamente, permette al bouzouki di eseguire modulazioni arabe, ed alla voce di eseguire dei vocalizzi con controcanti salentini, che però diventano subito talmente eterei da annullare la loro matrice. Il tamburo entra mentre questa introduzione sta finendo, portandosi con sé il contrabbasso, che d'ora in poi sarà l'altro inseparabile compagno della voce nei suoi voli leggiadri. Il bouzouki, il violoncello ed il flauto finiscono qui per essere dei semplici interlocutori del canto che, data la ritmicità dei due strumenti d'accompagnamento, può librarsi in voli segreti, che permettono di intuire l'atmosfera del testo, che d'altra parte è molto enigmatico. Inizia con delle scintille che fanno finta di presentarsi e interloquire con noi umani, per poi diventare una serie di sentenze profonde e fulminanti. Non si deve pensare, però, al parlar sentenzioso popolare, piuttosto semplice, ma a delle frasi imbevute di vera e colta filosofia.
Il cd si chiude con un accenno di "Golfo ionico" eseguito dal violoncello pizzicato con le dita, dalla chitarra che arpeggia e dal sassofono che suona la parte che nell'altra versione è eseguita brevemente dal violoncello.
Spero che con questa descrizione vi ho incuriosito, mi auguro che qualcuno voglia scoprire questo gioiello e farlo ascoltare, a sua volta, per avvicinarsi ad una musica veramente nuova, perché non tocca la tradizione ma la rispetta.

2 commenti:

  1. da diverso tempo sono alla ricerca dei testi di questo bel cd... su internet praticamente non ci sono... mi chiedevo se potevi - e se ti va- mandarmeli via mail!! :-) ciao ciao

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  2. @giuseppe
    Sono mortificata, solo adesso riesco a risponderti.
    Se vai sul mio canale di Youtube all'indirizzo www.youtube.com/valentinalocchi trovi i tre brani con testo tratti dal Miracolo.
    Sperando d'averti fatto piacere ti saluto,
    Valentina.

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