venerdì 24 aprile 2009

Un po' di 25 aprile

Carissimi lettori, mi va di fare una riflessione musical-politica sul giorno che vivremo domani: la festa della nostra liberazione dal fascismo (dal primo fascismo, perché da quello che c'è adesso la liberazione è ancora lontana). Confronterò la nostra situazione con quella del Portogallo, paese che ha chiuso la sua dittatura nello stesso giorno, anche se trentun anni dopo di noi.
Posso capire che una persona si possa scordare i piccoli o grandi eventi della propria vita, ma quando un popolo inizia a dare per scontate le circostanze che gli permettono di vivere la vita che vive, è sicuramente grave. Da noi, in questa cosiddetta democrazia, parlare di 25 aprile, o anche solo di canti partigiani, è tabù. Quando dico parlare di canti partigiani, non intendo ovviamente le interpretazioni che se ne dànno come se fossero brani qualsiasi, ad esempio la travolgente ma bruttissima versione di "Bella ciao" dei Modena City Ramblers, ma far capire lo spirito di lotta che c'era dietro. Forse, e non sto spezzando una lancia a favore di Berlusconi o del revisionismo, in una società patinata come la nostra, imbevuta di televisività ed immagine ad ogni costo, il fatto che noi possiamo aver sofferto fa troppo male. Io, personalmente, mi emoziono ancora quando sento Maria Carta, grandissima cantante sarda che spero non sia parente di Marco, che nell'lp "Vi canto una storia assai vera", canta con vero trasporto alcuni canti politici tra cui "Figli di nessuno". Questo canto partigiano, bellissimo, racconta il disprezzo di cui si sentivano vittima i partigiani durante la lotta di liberazione, ma credo che si possa interpretare, con le dovute modificazioni, anche come sintomo dell'attuale disprezzo per ogni forma di libertà.
Situazione tutta diversa, è quella del Portogallo. In questo paese, tramite la rivoluzione dei garofani, il 25 aprile 1974, si dette fine ad una delle più lunghe dittature europee, quella inizialmente capeggiata da António de Oliveira Salazar, sostituito poi da Marcelo Caetano. Negli ultimi quindici anni di dittatura, sono partita nel conteggio dalla pubblicazione del brano"Os vampiros" del cantautore e professore José Afonso, si inizia a comporre un repertorio di intervento, chiamato "Canção de intervenção", con il quale si tende a dar vita a brani dalla cantabilità abbastanza spiccata, niente sul modello dei "Treni per Reggio Calabria" di Giovanna Marini, che però in molti casi costituisce un esempio di poesia e letterarietà invidiabile. Nella radio di Stato, le private non le conosco, questo repertorio viene passato sia il 25 d'aprile, che, magari più sporadicamente, negli altri giorni dell'anno. Perché da noi non succede con i nostri canti partigiani?
E' vero che in Italia ormai le radio, tra pubbliche e private non c'è differenza, sono prese in ostaggio dalle multinazionali tramite quel marchingegno micidiale che si chiama radiocontrol. Credo, però, che se ci fosse effettiva volontà culturale di riappropriarci dei nostri canti politici (magari non come ha fatto Ginevra di Marco con i brani di Profazio, Trincale ed altri), supereremmo tutto. Il problema vero dell'Italia è che la sinistra non esiste più perché si ghettizza, mentre la destra ha paura ancora che essa esista.
Per quanto riguarda le allucinanti dichiarazioni del nostro presidente del Consiglio, "non bisogna lasciare il 25 aprile alla sinistra", non me ne stupisco perché a lui se manca la democrazia non importa niente, basta che ha le sue televisioni e le sue passerelle, come l'Abruzzo terremotato dove domani lui celermente tornerà e lì passerà il suo giorno della liberazione.
Credo che fino a quando da noi non si estirperà la piaga del neofascismo, o non si riuscirà effettivamente a circoscriverlo ad una nicchia disperata, questa festa sarà appannaggio solo di chi vuole ricordarsi dei partigiani e del loro sacrificio.

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