mercoledì 15 aprile 2009

Commento sugli artisti italiani nell'ultima classifica FIMI

Carissimi lettori, scusate l'invadenza, ma ho voglia di commentare l'ultima classifica di vendita in Italia. Vi dico che mi limiterò al mercato del disco "tradizionale", ossia ignorerò quella grandissima furbata che si chiama "mercato digitale", inventata dalle case discografiche per mettersi "dalla loro" la tanto odiata pirateria musicale. Va da sé, che quest'articolo sarà pieno di "mazzate pesanti cu li soni e cu li canti".
Intanto, prima di iniziare, voglio subito dare la prima mazzata pesante a quelli della FIMI. Come pretendete di avere uno sguardo obbiettivo sul mercato discografico e soprattutto sui gusti di noi acquirenti di cd, ignorando i vecchi e cari negozi? (le classifiche da noi si basano sui media word e dintorni, una vergogna completa!)
Comunque, entrando concretamente nella materia, bisogna dire un "Urra!", perché il disco più venduto, nonostante il vergognoso metodo di rilevazione, è ancora il buon ultimo cd di Zero, quel "Presente" che qui è stato recensito subito dopo la sua uscita. Mi rende particolarmente felice, da "sorcina" quale sono, che si trovi in questa posizione da quando è uscito (stiamo commentando la prima classifica d'aprile).
Anche al secondo posto c'è una cantante italiana, la "giannissima" nazionale, ma non gioisco, anzi, come appassionata di pizzica piango in griko. Infatti, scusatemi la divagazione, non mi riesco a scordare la protervia con la quale lei cantò nel 2004 "Fimmene fimmene", e, soprattutto, non riesco a capacitarmi dell'orgoglio che i salentini hanno provato nel sentire quell'interpretazione. E' vero, voglio riconoscerlo, la Nannini ha una voce dalle tinte forti, che spesso ricorda quella di certe cantrici popolari. Devo dire, però, con il mio proverbiale "purismo", che questo non mi basta per permetterle di cantare un simile gioiello.
Al terzo posto si continua a parlare ancora italiano con un gruppo che io ho stimato fino a quando aveva il suo storico e carismatico leader: Augusto Daolio. Da questo nome avrete riconosciuto i Nomadi.
Una speranza di avvicinamento agli ultimi Nomadi, e l'operazione per la verità era anche abbastanza riuscita, si era avuta con il cd "La settima onda", trainato, per me, dal brano "In favelas" interpretato superbamente insieme agli Inti-Illimani. L'ultima canzone "Lo specchio ti riflette", interpretata con un esponente del pop spagnolo come Jarabe de Palo, me li ha fortemente fatti sprofondare nel baratro.
Il quarto posto è appannaggio degli U2, quindi con proprietà non italiana ma irlandese. Sugli U2 voglio solo dire che il loro impegno sociale, per l'Irlanda prima e poi per l'Africa, mi pare tutta una grandissima montatura per restare sulla cresta, ovviamente frodando il fisco inglese e mandando i propri diritti d'autore nei paradisi fiscali (forza Unione Europea aboliscili! Rendi difficile la vita ai furfanti, invece di legiferare sui decibel delle cornamuse o sulla porchetta perugina!)
Al quinto posto troviamo Pino Daniele, con il progetto tra "musica pura" e cantautorato, che si divide in due parti per far digerire i venti euro del suo prezzo. Queste operazioni io, nella mia veste di acquirente di dischi, le trovo davvero esecrabili. Basterebbe, ad esempio, ridurre l'I.V.A. sui cd del 15 per cento, riducendo quindi il costo effettivo del disco, per renderle inefficaci, impopolari e insignificanti, facendo però qualcosa di concreto per la rinascita della discografia.
Al settimo posto troviamo un cantante che dovrebbe davvero chiedere "Perdono", come il titolo del suo primo successo, sia per il fatto d'aver scelto questo mestiere, sia per la sua incoerenza. Mi riferisco al cantante di Latina Tiziano Ferro, nato come cantante di RMB, ma presto convertito al più facile pop da battaglia (non politica si badi bene!). Il signor Ferro, ha veramente una testardaggine di Ferro, ma peggio ce l'ha chi gli compra i dischi, e peggiore ancora chi lo va a vedere dal vivo. Fortunatamente, magari, questi ultimi non si accorgono degli scempi che costui fa, dato il suo essere un prodotto creato a tavolino. Tiziano Ferro, infatti, con i suoi vocalizzi da scimmiottatore nato degli americani, riesce assolutamente a nascondere benissimo il suo essere una nullità interpretativa. Scrive buoni testi, questo gli va riconosciuto, ed anche questo lo aiuta. Secondo me, però, se non si è nessuno in concerto, allora si fa l'autore e non il cantante!
Di seguito troviamo il primo cd sanremese presente, quello della vincitrice delle nuove proposte, (scusate, proposte 2009!), la lucana Arisa. Se devo parlare con "sincerità", citando il titolo del cd e della canzone del festival, bisogna che rendo pubblica la mia indignazione. Questa cantante non ha alcun fascino vocale, la canzone forse è carina ma a me non basta. Mi ricorda un po' Carla Bruni (ora prima signora di Francia!), la quale, con una voce abbastanza simile strutturalmente a quella della nostra, sempre così pseudosussurrata, falsamente intima, affettatamente dolce, era riuscita ad affascinare il mondo intero (perfino me!). Va detto, però, che la signora in questione, poi, quando pubblicò il suo secondo disco, non solo non riuscì a replicare il successo del primo, ma fece completamente flop. Non voglio augurare questo ad Arisa, che nel suo mestiere ci crede e non lo fa per stanchezza o convenienza, ma forse, sarà proprio questo il suo destino, che condividerebbe con un bel gruppettino di brillanti giovani promesse sanremesi.
Di seguito troviamo la rivelazione della prima edizione di "x factor", Giusy Ferreri. Era stata presentata come una portatrice di novità nella canzone italiana, il tempo, un annetto a malapena, ha dimostrato che niente era più lontano dalla realtà. Ascoltate un brano qualsiasi della Ferreri, ad esempio "Novembre", poi ascoltate Malika Ayane, la ragazza che tra le proposte 2009 al festival ha cantato la canzone scritta da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, e noterete, con vostro grande stupore e sconvolgimento emotivo, che hanno le voci molto simili, oltre ad alcuni colori di canto completamente uguali.
Al nono posto troviamo una bella voce americana come Diana Crall, ma a noi non ci compete.
Al decimo posto troviamo il cd "Le donne" del cantautore romano Antonello Venditti. Qui bisogna spendere due parole, sia perché è italiano, sia perché lo amo, sia pe' tiraje un ber corpo ar core.
Nel 2006, per festeggiare non so quanti anni di carriera, il cantante e pianista (anche se se ne vergogna e dice che da quando non suona in pubblico è rinato) romano, aveva pubblicato un bellissimo triplo cofanetto intitolato "Diamanti. Dopodiché, l'anno successivo, aveva donato al suo pubblico di fedelissimi a oltranza, tra cui io non mi conto perché lo amo fino a "Benvenuti in Paradiso", il cd più brutto, scialbo ed elettronico di tutta la sua carriera: "Dalla pelle al cuore". Ora, se io avessi il privilegio di fare questo mestiere, oltre a non mettermi con le multinazionali a nessuna condizione, tenterei di pubblicare raccolte solo in momenti davvero nevralgici, e comunque preferirei sempre fare dischi dal vivo. Invece, l'Antonello nazionale, ci ha regalato un'altra raccolta. Sinceramente, voglio ammetterlo, io non la possiedo, anche perché io non ne compro quasi mai, direi per principio.
Anni addietro, quando seguivo in radio spagnole o portoghesi le loro classifiche di vendita, mi domandavo esterrefatta: come faranno i dischi a restare per più di un anno in classifica? In Italia, signori miei, ora ne abbiamo un lampantissimo esempio con l'undicesima posizione, il plurivenduto, troppo venduto in realtà per la sua discutibile qualità, "Safari" dell'"idiota di Cortona", Lorenzo Jovanotti. Se lui avesse continuato a fare un suo percorso ma seguendo la sua strada, che era sicuramente il rap, io non avrei niente da eccepire, pur ammettendo che non lo amo. Quello che mi fa infuriare, e lo dico senza mezzi termini, è il fatto che, questo signore, quando ha visto che lo stile statunitense da noi smetteva di essere di moda, si è adagiato sulla scialuppa della melodia. Il problema vero, signori, è che per fare certe cose ci vuole la voce, e questa, il cortonese non ce l'ha.
Bisogna risalire molto indietro nel tempo, ad esempio a "Nel blu dipinto di blu", per trovare una canzone vincitrice a sanremo al primo posto della classifica. Il vincitore di quest'anno, il sardo Marco Carta, che ha vinto per la madrina che lo ha traghettato verso sanremo, ossia la scopritrice di talenti Maria De Filippi, lo troviamo ad un deludente dodicesimo posto. Questo, a me che ancora ragiono con "la forza mia", o con la forza della testa mia, mi dà speranza sul fatto che vi sia svariata gente che ancora lo fa.
Un'altra "straniera" presenza, la troviamo subito dopo, incarnata in una compilation dedicata ad Annie Lenox, ottima voce, bellissima la sua "Why?", ma noi non ne parliamo.
Subito dopo si torna a cantare (o a miagolare?) in italiano, quindi tocca cu cuntu (bisogna che parlo). Abbiamo, infatti, il secondo (o terzo?) volume della trilogia "Fleurs", concepita, arrangiata e interpretata dal siciliano Franco Battiato. Questa è una serie di cd, nei quali, il nostro ci presenta alcuni dei brani che lo hanno formato, dalle canzoni napoletane, alle statunitensi, alle francesi. Come si può capire anche solo da questa sommaria e superficiale carrellata geografica, i pezzi appartengono a generi diversi, anche se soprattutto al cantautorale-intimistico. Il signor Battiato, però, si dimentica di far notare queste differenze, uniformando tutto al suo stile patinato ed inconsistente, sicuramente insostituibile per i testi del suo fido compagno Mallio Sgalambro, ma completamente incompatibile con qualsiasi altro tipo di musica e concezione letteraria.
Al quindicesimo posto troviamo la già citata e commentata Malika Ayane, ma non ci torneremo sopra.
Al sedicesimo posto c'è un'artista che canta in lingua inglese, quindi non ci interessa. Subito dopo possiamo parlare di Biagio Antonacci, a cui Simone Cristicchi aveva dedicato quel tormentone che gli aveva procurato tanta fortuna, cantante specializzato nell'autocopia. Devo ammettere che, all'inizio della sua carriera, circa una ventina di anni fa, il ragazzo milanese ne aveva fatta più di una carina, nonché qualcuna geniale (Il festival di Gabicce mare). Con il tempo, però, si è perso, smarrendosi credo irreparabilmente con il progetto "Convivendo", primo disco in "fasi" della discografia italiana. Giusto per fare un esempio di autocopia, il groove della batteria del brano "Il cielo ha una porta sola" che dà il titolo al cd presente in classifica, è esattamente lo stesso del brano "Non ci facciamo compagnia" presente in una delle "fasi" di "Convivendo".
Andando avanti troviamo l'idolo dei latino-americani, la cantante Laura Pausini, con il suo ultimo cd "Primavera in anticipo". A me, e l'ho dichiarato in più di un'intervista ai tempi della mia notorietà, la Lauretta nazionale non è mai piaciuta. L'ho sempre ritenuta un po' smielata, pensando che sfruttasse questo stereotipo della donna italiana dolce e romantica per essere famosa all'estero.
Scendendo troviamo una delle raccolte più deludenti di uno dei cantanti più bravi e trasgressivi che l'Italia abbia mai potuto vantare. Mi riferisco al cd "Rino Gaetano live & rarities". Intanto mi fa imbestialire il titolo, infatti mi altero quando vedo titoli in inglese dove si sarebbe potuto usare il nostro nobilissimo idioma fiorentino. Non si sarebbe potuto chiamare questo cd "Rino Gaetano: rarità in concerto ed in studio"? Andando in concreto alla struttura del cofanetto, va detto che l'unico cd che consiglierei di ascoltare è il secondo, quello prevalentemente basato su materiale in concerto (c'è un'esibizione a Maglie riportata per intero, oltre a stralci di altre occasioni concertistiche), che finalmente farebbe capire quanto sbagliano tutti coloro che paragonano Le luci della centrale elettrica al grande crotonese. Infatti, mentre la quasi stonatura di Rino Gaetano veniva dalla rabbia e dall'impeto che questi metteva nel contatto con il pubblico e nel suo donarsi, nel caso del signor Vasco Brondi la stonatura è semplicemente stonatura. Oltretutto, nel caso di Gaetano, non esiste solo questo "scrivere alla burchia", ma esistono anche momenti più lirici e riflessivi, o comunque votati ad uno "scanzonato logico". Nei testi del ragazzo di Ferrara, invece, il rimare "alla burchia", che riferito ai rimatori quattrocenteschi era una maniera di sovvertire le regole dell'accademia facendo ridere, diventa un metodo per fare venire un magone così a chiunque l'ascolti.
Subito dopo troviamo Karima, una cantante che non mi convince anche perché mi ricorda Giorgia, la quale poi si è dimostrata abbastanza disonesta con chi l'aiutata creando anche problemi di diritti d'autore sul suo brano sanremese, bella ballad ma troppo americana.
Nominata e vista! Ecco qui lo "spirito libero" romano, che con orgoglio alterna il blues, al pop ed alla dance più sfacciatamente elettronica. Se questa è libertà, lo è solo di fare soldi!
Continuando abbiamo il nuovo cd di Filippo Neviani, in arte Nek, che con tutta la sincerità non mi è mai piaciuto. L'ho sempre ritenuto un gran qualunquista: è stato tra i primi a fare una canzone antiaborto, "In te", e tra i tanti a denunciare l'ingiustizia della guerra in Iraq, con il brano "Anno zero", mettendo, però, in mezzo una bella quantità di smielatissime canzoni d'amore. Per quanto riguarda l'ultimo cd non vedo cambiamenti di rilievo, anzi non ne vedo nessuno.
Sono tornati anche gli Stadio, ma io li rimpiango quando erano il gruppo del signor Lucio Dalla, perché Gaetano Curreri, leader e cantante del gruppo, ha una delle voci più insopportabili che io abbia mai sentito.
Si va avanti e si trova una "signora" della canzone italiana, come la milanese Ornella Vanoni. Il suo cd, intitolato "Più di me", è un cd di Duetti. Non voglio negare che qualcuno sia bello, si pensi ad esempio a quello con Gianni Morandi o a quello con la grandissima Fiorella Mannoia, ma, devo dire, che fra le tante controindicazioni, la musica leggera ha un limite d'età ben preciso entro il quale può essere cantata in pubblico od incisa su disco con buoni risultati. Mi pare, infatti, che la signora in questione, abbia ormai forti problemi di fiato, quindi non se ne può più.
Abbiamo poi due posti appannaggio degli stranieri, e quando si torna a parlare italiano si trova il più conosciuto gruppo salentino di tutti i tempi: i negramaro. Non ho niente in contrario, anzi alcuni brani, come "Solo tre minuti", mi fanno venire i brividi. Dopo aver riconosciuto al signor Sangiorgi che ha una bella voce, però, non gli perdono di aver riarrangiato "Meraviglioso" di Mimmo Modugno in quella maniera, ossia cambiando l'ottanta per cento degli accordi. Se si decide di fare una cover, di reinterpretare un brano, la melodia e le caratteristiche base dell'armonia sono intoccabili. Brutto è, e qui lo dico, il voler portare la "salentitudine" dei tamburelli nei concerti di un gruppo rock, anche se questo è salentino. Non mi fa rabbia il fatto in sé, questo è ovvio e naturale. Mi adiro quando penso che il novantanove per cento di chi comprerà il cd non capirà, non imparerà niente sui suoni tradizionali, perché in fondo non gliene importerà niente.
Arriviamo all'ultimo cd della "tigre di Cremona", ovviamente Mina. Il cd, intitolato "Sulla tua bocca lo dirò", è dedicato, come si sa, al melodramma. Lo trovo un grandissimo atto di presunzione: intanto trovo ingiusto cantare arie con voce non impostata liricamente, in secondo luogo credo scorretta l'accozzaglia di arie maschili e femminili. In terzo luogo, e mi fa male dirlo perché a me Mina piace, trovo che la cantante ormai sia molto fuori forma, e vittima di quella presunzione secondo la quale, siccome è famosa, tutto le viene perdonato.
Troviamo, andando avanti, l'ultimo cd di uno dei pochi veri rapper che abbiamo in Italia, il cantante degli Articolo 31 J.ax. A me non piace, perché non ho mai sopportato questo stile volgare, sguaiato e spesso arraffone, ma gli riconosco coerenza.
Troviamo poi un cd, che si intitola Helldorado, che quindi, facendo un miscuglio di inglese e spagnolo potremmo tradurre come "Inferno dorato", presentato dai Negrita. E' un cd di un'ipocrisia, faziosità e qualunquismo disarmanti. Questo gruppo, infatti, è uno dei tanti che ha iniziato a cantare in modo "protestatario" solo quando, ultimamente questo stile ha fatto finta di tornare di moda.
Troviamo poi l'ultimo disco del cantante di Zocca Vasco Rossi. A me lui non è mai piaciuto, meno ancora mi piace adesso che basa il suo successo sul suo moralismo da "uomo che ce l'ha fatta".
Devo dire che saltare il cantante americano che segue un po' mi amareggia, perché è il grande Leonard Cohen, ma le regole sono regole e si seguono.
Troviamo, dopo aver saltato svariati posti, il best of (mamma mia!) dei Gemelli diversi. Devo dire che non mi sono mai piaciuti, infatti, anche loro, per fare canzoni di denuncia hanno sempre voglia di fare venire un magone così alla gente, mentre per le canzoni d'amore si divertono troppo a copiare e rubare parti intere di brani altrui.
Un altro cd sanremese lo troviamo in quarantesima posizione, ed è esattamente quello del "neomelodico" Sal Da Vinci. Mia sorella Maria Chiara, che non è assolutamente cultrice della canzone napoletana di nessun tipo, una volta, poco dopo sanremo, mi viene a chiedere tutta sconvolta se io sapessi chi era questo signore, a lei completamente sconosciuto, di nome Sal Da Vinci. Io le dissi che lo conoscevo, ma quello che mi allarma è che ora lo conosce una bella fetta del popolo italiano.
Troviamo poi un cd di Amedeo Minghi che, dal titolo, ha tutta l'aria di essere una raccolta. A me, e ve lo confesso, il cantautore romano non è mai piaciuto, anche se ritengo capolavori tre suoi brani: "La vita mia", "L'immenso" e "1950".
Voglio esprimere per una volta la mia contentezza, perché al quarantaquattresimo posto di questa classifica, troviamo Fabrizio de Andrè, con uhna delle antologie più complete mai realizzate, "In direzione ostinata e contraria".
Sono ancora una volta felice, perché anche il prossimo cantante si merita la mia stima, ma non approvo la furbata che ha fatto, di pubblicare un concerto acustico avvenuto in Francia ventitré anni fa. Il cantautore di cui parlo è Angelo Branduardi, il quale, mi amareggia dirlo, non riesce assolutamente ad emozionarmi se lo sento dal vivo, anche perché è totalmente stonato. Mi pare di non sbagliare se dico che punti troppo sullo spettacolo e sulla sua cultura accademica, che "infiora" sicuramente chiunque si voglia dedicare alla musica leggera. Ma è possibile costruirsi una carriera solo su queste caratteristiche culturali non avendo spessore sull'arte che si decide di abbracciare ossia il canto?
Troviamo poi Luciano Ligabue, un altro grande stonato famoso. Ci sono alcune ballate che non mi dispiacciono, da "Ho messo via" a "Metti in circolo il tuo amore", ma ultimamente mi pare che si stia ripetendo molto, limitando tra l'altro il suo strumentario all'essenziale del rock.
Ecco l'altra rappresentante salentina, dopo i Negramaro, nello sfavillante mondo del pop. Mi riferisco a Dolcenera, che io non ho mai sopportato, anche perché, da accanita fan di De Andrè, non mi è mai andato giù che abbia usato un suo personaggio come nome d'arte, pur esprimendosi in maniera diversa, e direi antitetica, rispetto al grande genovese.
Il prossimo italiano andrebbe accolto con un'espressione di meraviglia: "Oh!". Infatti ci riferiamo a Giuseppe Povia, il cantante per bambini un po' stupidini, per incominciare ad annichilirli sin dalla più tenera età.
C'è poi un cd di Alice, cantante che ha segnato la mia infanzia, anche se la "mia" Alice non esiste più da un pezzo. Il cd che io amo, che resta l'unico contatto con questa artista che in fondo non ho mai capito, è "Alice canta Battiato", regalatomi da una mia dirimpettaia.
Ecco a voi Raf, con il cd "Metamorfosi". Questo artista, secondo me, è tra i più inutili del panorama italiano. Inizialmente, quando aveva incominciato ad accarezzare la possibilità di cantare in italiano, aveva anche trovato una certa melodicità sicuramente compatibile con la nostra maniera d'essere. Con gli anni, però, ha fatto capolino il suo spirito inglese, che lo ha portato a sperimentare un pop sempre più elettronico ed alienato.
Arriviamo ad un dente che non vedevo l'ora di togliermi, al primo cd di Paolo Conte che al solo pensiero mi fa venire l'esaurimento nervoso, il signor "Psiche". Mi ricordo, cari signori, che io, "contiana" puro sangue, andai, sotto un diluvio universale, la mattina che uscì questo cd, ad ascoltarlo dalla mia negoziante di fiducia. L'unico brano che ritengo bellissimo, ma io non compro mai un cd per una canzone, per quanto bella essa sia, è "L'amore che". Qui, infatti, l'avvocato astigiano, più che rimanere se stesso, si è fatto prendere dagli "strumenti senza letteratura", ossia dall'elettronica, quindi così ha praticamente messo i due piedi fuori da casa mia.
Eccoci qui a fare i conti con un artista che ha partecipato al festival di Sanremo, anche se io non ho mai sentito la sua canzone, il toscano Marco Masini. A me non è mai piaciuto, l'ho sempre trovato triste e qualunquista.
un altro caso limite, insieme a Battiato, per quanto riguarda l'impossibilità di andare fuori dal proprio repertorio, è quello di Pino Mango. Infatti, il suo ultimo cd, che è purtroppo tutto di cover, non si può assolutamente ascoltare. Ne ho sentite poche, ma ad esempio, la canzone "Amore bello", duettata con Claudio Baglioni, mi ha letteralmente ferito le orecchie.
Subito dopo troviamo Vinicio Capossela, ma non quello dei tempi migliori rievocato nel post precedente, ma bensì quello delle stravaganze. Voglio dargli atto del fatto che, nonostante tutto, ha avuto una riappacificazione con il nostro comune strumento, quel pianoforte che per dieci anni nei suoi cd non si era più sentito. A me, però, questo non basta, e dico che la sua, più che ricerca, è furberia allo stato puro, poiché è completamente caduto di voce. Sono lontanissimi i tempi in cui, poco dopo l'uscita di "Camera a sud", prima d'un concerto in un teatro di Perugia, egli venne a casa mia e mi suonò una "Che cos'è l'amor" che tutt'ora mi risuona nelle orecchie.
Si arriva poi al capostipite dei neomelodici napoletani, il pianista e cantante Gigi d'Alessio. Ritengo particolarmente vergognosa la sua popolarità, poiché tra i nuovi cantanti napoletani è il più scadente, il più povero e banale. Io ho sempre stimato molto Finizio, che non è mai stato capito, forse perché punta all'acustico senza essere pesante, caratteristica che invece di giovare ad un artista in Italia gli porta sfortuna.
Il prossimo disco è stato traghettato dal festival di Sanremo verso una sicura popolarità, anche se credo che chi abbia veramente a cuore la memoria di De Andrè si rifiuterà di acquistarlo, o anche solo di sopportarlo. Mi riferisco a PFM canta de Andrè". Il cantante e batterista di questo gruppo, da quando ha riformato la compagine storica, e soprattutto dopo la definitiva consacrazione del progetto al Concerto del primo maggio a Piazza San Giovanni, sta puntando e sfruttando Faber per rinascere e far scordare la propria nullità e il proprio decadimento interpretativo. Addirittura il Festival di Sanremo, nel decennale della morte di De Andrè gli ha reso omaggio, permettendo un'altra vetrina al gruppo che è riuscito a far fare a De Andrè le sue cose peggiori (i due live di fine anni '70).
Arriviamo poi ad un artista bolognese che, preso dalla vergogna per "Cinquanta special" e le prime canzoni che lo avevano portato alla popolarità, si è ora messo a fare l'intellettuale, l'impegnato e lo scrittore. Cesare Cremonini, questo è il suo nome, non sarebbe neanche un malvagio pianista, ma siccome non si ha più voglia di essere artigiani della musica, condizione che porta con sé il decidere di fare musica strumentale, costui ha deciso di cantare pur avendo la peggiore voce maschile apparsa nel territorio commerciale italiano negli ultimi venti anni.
Un artista immancabile in classifica, poi è il laziale Lucio Battisti, che troviamo con un cofanetto triplo riepilogativo della sua avventura con Mogol. Io, pur avendo sempre ascoltato Battisti perché piaceva a mio padre, l'ho sempre ritenuto un disprezzatore dell'arte come forma nobilitante. Ho sempre pensato, infatti, che l'arte, pur avendo il dovere di restare legata alla vita, la deve raccontare da un'altra dimensione. In poche parole, preferisco dei testi che siano giocati anche un minimo su risorse letterarie, a pezzi scritti come la lista della spesa. Mogol, poi, non mi sta particolarmente simpatico, ma queste sono cose personali.
Troviamo poi la voce più nasale d'Italia, il ragazzo "nato ai borghi di periferia", il romano Eros Ramazzotti. Con gli anni, dopo aver fatto qualcosa di carino, è completamente finito al servizio dei pubblici stranieri che lo idolatrano, mantenendo, come unico legame con la patria, la lingua in cui pensa e si esprime.
C'era una volta un bluesman, italiano, che aveva fatto un percorso coerente che lo aveva portato verso album belli come "Oro incenso e birra", o lo stesso "Blues". Dopo un live al Kremlino, registrato con il titolo di "Live in Kremlin", pensò che la sua esperienza di bluesman potesse considerarsi finita, perché aveva fruttificato in un cantante di dance demenziale e commerciale. Poi, forse segretamente pentito, fece il cd "Fly", che conteneva "Dentro agli occhi", ma niente di più.
Ed ecco qua il "Ragazzo della via Gluck", "Il re degli ignoranti" e dei qualunquisti, che ha dato una possibilità a chi già era sdoganato di sdoganare ancora (Sud Sound System), relegando all'oblio, da ormai quarant'anni a questa parte, chi gli poteva dare filo da torcere. Infatti: chiedetevi perché mai si parla di Don Backy? Perché è Celentano che fa pressioni, "o me o lui". Celentano, pur non avendo più niente da dire, fa raccolte su raccolte ed è ancora sulla cresta!
Carissimi acquirenti di dischi nei centri commerciali, vi dico ufficialmente che siete una massa di ignoranti e pecoroni. Come si fa a relegare all'ottantanovesimo posto della classifica uno dei cd più belli e coraggiosi usciti negli ultimi anni? Va bene, e questo un po' attenua la vostra colpa, che neanche i negozianti spesso riconoscono il valore a questo cd (Musiche ribelli, di Luca Carboni), confondendolo con tutti gli altri cd di cover che abbiamo incontrato durante questa classifica. Io che lo conosco, lo possiedo e lo amo non lo posso confondere. Infatti, non è la solita accozzaglia di temi più o meno classici del passato, ma un vero e coraggioso omaggio ai cantautori. Quali cantautori? Quelli per cui questa parola si addice, coloro che davano messaggi tramite le canzoni, che pizzicavano la coscienza della gente con l'arte, e nonostante questo non si scordavano, ed alcuni non si scordano, di essere soprattutto artisti.
Poco sopra avevamo trovato il rifacimento da parte della PFM del repertorio di De Andrè, mi consola il fatto, che l'ultima decina di posizioni inizi proprio con uno dei volumi del doppio, che comunque, lo ribadisco, reputo la peggior cosa mai fatta dal genovese. Infatti, l'ho già detto ma "repetita iuvant", la contaminazione, per essere effettiva, deve essere doppia e non univoca. Purtroppo, secondo me, in questo progetto, solo De Andrè si contamina, acquistando uno stile da rockettaro che non gli si confà, mentre solo molto raramente, si riescono a sentire, o ad intuire, echi delle vere e storiche influenze della formazione del genovese. E' vero che il cantautore aveva paura del pubblico, e forse devo anche dire che era ancora ingenuo, ma si è veramente lasciato maltrattare dalla PFM. Quel che è peggio, forse, però, è che, spessissimo, chi inizia ad ascoltare De Andrè con questi dischi, non riesce poi a capire la grandezza del De Andrè precedente e successivo.
Devo darvi, carissimi acquirenti di dischi, ancora una volta degli ignoranti. Ho trovato, infatti, al novantaseiesimo posto di questa hitparade, il capolavoro della Mannoia "Il movimento del dare". Il cd è già stato recensito qui, quindi non mi dilungherò a descriverlo, voglio solo darvi un consiglio: riscoprite la gratitudine nei vostri comportamenti quotidiani, così può darsi che l'apprezzate.
Questa volta sono felice, perché l'artista che devo citare mi ripugna. Parlo di Morgan, cantante che sta sistemando la sua carriera malandata, tramite "X factor" e tramite i capolavori altrui, tradotti in italiano ed in inglese, perché così nel mondo intero li capiscono. Vorrei farvi notare che, fuori, la nostra lingua è ancora molto apprezzata, e noi ne dovremmo avere più orgoglio. Oltretutto, data la superbia di inglesi ed americani, che le lingue straniere neanche se le imparano, non capisco perché si debba tributare loro tutto questo grande amore.
E' uscito, tra gli altri, il disco di una delle voci più insipide della canzone italiana, il cantautore torinese Umberto Tozzi. Avrei di molto preferito, e parlo con franchezza, che avesse sfondato suo fratello Franco, che per lo meno, negli anni '60, aveva lanciato quella bellissima "Per i tuoi occhi verdi".
Così si chiude il nostro percorso nella classifica e tra i suoi artisti, il consiglio che vi do è di ascoltare qualsiasi cosa meno che il pop.

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