sabato 11 aprile 2009

Umpa umpa

Carissimi lettori, vorrei averer più competenze di quelle che ho, per portarvi insieme a me alla scoperta di un gioiello come quello di cui vi parlerò stasera. Si tratta di un cd dedicato alle danze tradizionali del centro Italia, interpretate con massima maestria dal Trio Tresca. Questo trio, progetto parallelo ai Musicanti del Piccolo Borgo, con la presenza dei due migliori suonatori del gruppo su citato, ripropone in maniera estremamente filologica le più rappresentative danze del centro Italia, specialmente della toscana, anche perché il gruppo ha sede ad Arezzo, anche se, per la verità, la sua anima ed arrangiatore, è il molisano Silvio Trotta.
Il cd in questione si intitola "Umpa umpa", e si apre con un ballindodici, caratterizzato da un andamento binario, e da un dialogo serrato tra la fisarmonica ed i fiati, suonati magistralmente da Stefano Tartaglia.La seconda traccia è il primo esempio di "Manfrina" presente nel cd, in do, e qui, abbiamo la fortuna di sentire trotta che suona il mandolino.
La terza traccia permette ai ballerini di riprendere fiato, ed è una ballata d'amore intitolata "Cade l'oliva", che diventa, in questa riproposta, molto mediterranea, ma non fa male, il romanticismo ci sta sempre bene con i ritmi mediterranei ed irlandesi, che sono portati dal flauto di Tartaglia.
Ma i ballerini, ben presto debbono riprendere, perché di seguito arriva un bellissimo e coinvolgente trescone in re, con numerosi assoli di fisarmonica, di cui d'altronde è costellato il disco, che è dedicato più alla musica strumentale che al canto. Questa caratteristica, devo ammetterlo, me lo fa amare alla follia: sinceramente, pur preferendo che gli strumenti e la voce dialoghino tra loro, tra i due estremi, musica strumentale e musica a cappella, preferisco radicalmente la prima. In questo trescone c'è una leggera rielaborazione armonica, opera sicuramente della mente artistica di Trotta, che ha riempito di queste caratteristiche anche i brani dei "Musicanti", ma bisogna dire che non nuoce per niente al coinvolgimento ed alla voglia di battere le mani a tempo e fare festa.
Subito dopo si assiste ad un ballinsei, eseguito in sol, come quasi tutti i brani del cd, credo anche per dare spazio ai fiati di Tartaglia, che spesso sono in questa tonalità. Va detto, poi, che nelle nostre zone, è una tonalità particolarmente amata, mentre, ad esempio, la tonalità tipica e da molti ritenuta la più espressiva sulla pizzica lecccese, è il la maggiore.
Subito dopo, il Trio Tresca, ci permette di riscoprire "Sabato vado a Marino", un brano che era stato riproposto dal Canzoniere del lazio nell'lp "Quando nascesti tune" del 1974. Se il Canzoniere, anche condizionato forse dalla dolcezza della voce di Sara Modigliani che faceva la parte femminile ne dava una versione lenta, quasi a ninnananna, il Trio Tresca ne dà una versione cantata solo da uomini, d'altronde non prevede donne, e portata a Valzer veloce. Questo, forse, non permette di cogliere l'infinita dolcezza del brano, ma magari permette di cogliere, invece, quell'anima ridanciana che è certamente più propria del laziale piuttosto che la dolcezza.
Subito dopo si torna ad un ballo veloce, si lasciano da parte le voci e si balla una coinvolgentissima quadriglia, dove anche gli accordi minori, come già nel "Trescone", fanno capolino. Ma, come già detto sopra, niente inficia la genuinità delle nostre danze né la loro forza di coinvolgimento collettivo.
Subito dopo, abbiamo un esempio di scottish, che diventa "Scioltisse", danza scozzese che in Italia ebbe un successo generalizzato, se non altro in tutto il centro-sud, tanto che se ne trovano esempi dall'Umbria al Salento. A questa danza relativamente lenta, sempre nella stessa traccia, segue una bellissima "Manfrina".
Subito dopo, si torna a cantare con dei bellissimi, e un po' maliziosi, stornelli lucchesi, a ritmo di saltarello, come quasi tutti i brani del cd eseguiti in sol.
Subito dopo arriva un bellissimo valzer, intitolato "I disertori", strumentale ed in tono minore. Quest'ultimo dato potrebbe far pensare ad un brano triste, invece non lo è. Questo pezzo, infatti, forse, si potrebbe definire con la parola portoghese "Morno", ossia tiepido. Infatti, la tonalità minore, riesce solo in minima parte, a scalfire l'allegria a cui portano questi brani, che pur riproposti con una bravura professionistica invidiabile, non perdono mai la loro sanguignità.
Subito dopo abbiamo un altro brano strumentale, una polka in sol, ripresa a Roggiolino. E' molto allegra, ma di quell'allegria pudica, che ha paura quasi a scoppiare, perché, è buono ricordarlo, le classi cosidette "inferiori", avevano una pudicizia nell'espressione dei loro sentimenti di qualsiasi tipo, che noi dovremmo riacquistare.
Ecco qua un esempio di valzer in maggiore, sempre strumentale, intitolato "Sor Cesare". In alcune parti, devo dire, che mi ricorda l'Irlanda, o comunque la musica celtica, soprattutto per un certo uso della chitarra, in alcuni momenti dove il tre quarti del valzer si intiepidisce.
Ecco qui un altro brano cantato, intitolato "Violina". Il brano è un dialogo tra una figlia e un padre, non è forse molto efficace, perché le due parti sono impersonate dalla stessa voce, e c'è solo un leggero controcanto, che arricchisce senza restituire ciò che si perde. E' vero che la tradizione questi particolari non li considera, ma la riproposta, se può, ne dovrebbe tener conto.
Subito dopo c'è una "Manfrina", più lenta rispetto a quelle sentite in precedenza, ma sempre portatrice di una voglia irrefrenabile di muovere il piedino.
Il brano successivo "La dea", è una ballata dove si torna a sentire questo afflato celtico, che forse viene anche dalla formazione in sé, costituita da chitarra, fisarmonica e flauti. Il brano è un canto narrativo su una protagonista chiamata "Dea", appunto, ma non vi svelo la storia.
Ecco un'altra manfrina, completamente in tonalità minore, ma questa volta, ve lo giuro, la tonalità non toglie la voglia di fare festa.
Il cd, ovviamente se si parla di un disco dedicato a danze della toscana e regioni limitrofe, contiene anche un riferimento al "Maggio". Questo rito è esteso con molte varianti in molte e diverse regioni. In Umbria, ad esempio, nella zona tra Gubbio, Sigillo e Costacciaro, è un rito ancora profondamente sentito, tanto è vero che vi sono ancora numerose compagnie che girano per le case facendo la questua, chiedendo da bere e da mangiare ai padroni. Tutto ciò, almeno in Umbria ed in Toscana ha luogo il trenta d'aprile.
Troviamo poi, andando avanti in questa nostra festa da ballo, un "Soltice", altra variante dello scottish. Questo è in do ed ha anche il mandolino, che come si è detto, qui si sente molto poco, anche se, mi pare di sapere, che nelle nostre zone, quantomeno in Umbria, sia molto diffuso.
Ed ecco a voi, una "Vinchia", tipico tempo binario, tipo polka, eseguita in re.
E' un cd che consiglio a chiunque voglia scoprire la musica tradizionale italiana, anche a chi, magari, come me prima d'averlo, incosciamente storce il naso al repertorio strumentale da ballo. Devo ammettere, infatti, che solo molto difficilmente io accetterei d'avere a che fare con questo repertorio, anche se sono stata aiutata dalla mia preferenza per la musica strumentale, d'altronde già confessata.
Buon ascolto e... "Ballati tutti quanti ballati forte!"

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