domenica 26 aprile 2009

Ve ne parlo ancora

Carissimi lettori, voglio battere un'altra volta il tamburo (come sempre a cornice!) su un tasto dove non mi stancherò mai di mettere le mani: siamo sicuri che la musica tradizionale debba essere portata nella contemporaneità contaminandola con le musiche che le sono più lontane, ad esempio con la tanto amata musica elettronica?
Ho appena ascoltato i Rione junno, gruppo garganico che aprirà l'edizione di quest'anno del Pisa Folk Festival diretto da Vincenzo Santoro. Il gruppo, che ormai da diversi anni fa parte del circuito Taranta Power, creato da quell'opportunista di Eugenio Bennato che è tornato alla musica etnica solo quando se ne profilava la moda, è l'esplicazione più perfetta di quella filosofia: prendiamo il passato per quello che ci interessa, derubando gli anziani della loro memoria, ma per portarlo verso la contemporaneità facciamolo sparire.
Questo gruppo, ascoltabile su myspace all'indirizzo www.myspace.com/rionejunn0, dice di usare alcuni strumenti acustici del gargano (chitarra battente, tamburello, mandola), ma vi giuro che sono talmente elaborati e filtrati dalla sensibilità elettronica e computeristica, che neanche si riconoscono!
I brani del gruppo, ne ho sentiti solo due perché più non ce la facevo, sono brani tradizionali, lo si capisce perché parlano con quella delicatezza e deferenza che noi oggi tanto dovremmo riacquistare, ma sono effettivamente pura musica elettronica (preferivo i primi Nidi d'Arac che per lo meno facevano sentire la fisarmonica e lu tamburreddu!).
Sinceramente, per lo meno secondo me, facendo così si arricchisce la musica elettronica con un po' del nostro passato, sputtanando però questo passato stesso. Vi immaginate che putiferio si creerebbe se si decidesse di rielaborare Bach o Bethoven con questa filosofia, o anche solo di portare la musica classica fuori dai conservatori ed insegnarla per strada come si faceva con la musica contadina?
Va bene che, da noi, c'è questa credenza per la quale la musica contadina, essendo orale, può essere cambiata e modificata a piacimento del "suonatore" (tanto lo facevano gli anziani!).
Invece, signori miei, questo repertorio ha le sue regole ferree, che le comunità tradizionali non si sognerebbero mai di infrangere. Credo che, per far finire questi deplorevoli fenomeni, ci vorrebbe una vendetta: che effetto farebbe ai signori Rione Junno, Triace, Nidi d'Arac ecc il sentire una bellissima canzone dei Rolling Stones suonata con gli strumenti della nostra tradizione?
Tornando alla contemporaneità della musica popolare, io consiglierei a questi signori di non sfruttare più gli anziani, di comporre pezzi, magari ispirati a questa stessa tradizione (in dialetto, con gli strumenti acustici, che qui non si sa dove sono ma ci sono, ecc), ma comunque di loro pugno. Trovo infinitamente più contemporaneo il progetto di rock (con matrice folk anche perché lui è uno dei più grandi tamburellisti del Salento) di Umberto Papadia, ascoltabile sempre su myspace all'indirizzo www.myspace.com/upapadiaonline, oltre ai ripetutamente citati Aramirè di "Mazzate pesanti" (puru ci ulia tantu le mazzate li sciane rreta).
Se proprio pensate che la musica popolare salentina (o di qualsiasi posto) non sia adatta per raccontare il presente, "lassatila muriri".
Leggo spesso su http://www.pizzicata.it/ che negli altri paesi esistono progetti che fanno cose simili a quelle che in questo post ho deplorato. Bene, a questi signori, specialmente a Giovanni Semeraro, vorrei ricordare che ce ne sono anche molti acustici, e che comunque, quando si suona la musica popolare, negli altri paesi la tradizione non la si conosce solo per averla appresa dagli anziani, ma la si rispetta anche.
Mi sarebbe molto difficile, infatti, girare per i paesi di cui amo la musica, e trovare un equivalente dei Rione Junno o gruppi simili alle Triace. Devo dire, poi, che in coerenza con quanto affermato sopra, io non chiamo musica popolare tutto quello che si crea a partire dal nostro passato, specialmente se questa matrice è ridotta ad un canto falsamente stonato e poco più. Quella, secondo i casi, diverrà jazz, musica elettronica, ecc.

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