giovedì 9 aprile 2009

Roberto Murolo canta i grandi della canzone napoletana

Carissimi lettori, oggi voglio tornare a parlare di Roberto Murolo, per consigliarvi caldamente il cofanetto "Roberto Murolo canta i grandi della canzone napoletana", inciso dal grande cantante e chitarrista vomerese, come seguito ed integrazione della sua insuperabile "Napoletana, antologia cronologica della canzone partenopea".
Il cofanetto in questione, infatti, segna il ritorno ad un'antologia non dedicata ad un genere specifico, dopo la pionieristica esperienza dell'interpretazione di macchiette napoletane, notoriamente orchestrali, con un semplice accompagnamento di chitarra. Qui Roberto Murolo, non tradendo la sua proverbiale scrupolosità nella scelta dei brani e nella loro esecuzione, pur essendo secondo me molto obbiettivo nella scelta dei quattro autori da omaggiare, si lascia andare un po' al sentimento. Questo lo si può notare nella passionalità di alcune presentazioni, scritte dal cantante stesso per i vinili qui ristampati, dove fa più spesso capolino il ricordo che la fonte bibliografica. Per questo, oltre che per l'assenza di stucchevoli introduzioni alla ristampa, va consigliata quest'edizione nuova di zecca, anche se va detto, purtroppo, che spesso la qualità d'audio lascia un po' a desiderare.
Entrando concretamente nel cofanetto, il cd di apertura è dedicato al sommo poeta napoletano, l'erudito, storico e bibbliotecario Salvatore Di Giacomo. Nel libretto vi sono brevi cenni biografici oltre ad una piccola foto, quindi non mi dilungherò qui in informazioni che potrete reperire con grande facilità. Voglio piuttosto spezzare una lancia a favore di Murolo che, in questo cofanetto, per ogni monografia, ha spesso preferito darci le chicche piuttosto che stare a ricantare o reincidere i successi dell'autore in questione, che spesso poi figurano nella già citata "Napoletana".
Comunque il cd su Di Giacomo si apre con Marechiaro, primo successo del poeta, qui riprodotta dall'antologia su citata. I brani inediti, che in tutti i cd si alternano e praticamente dominano i brani già conosciuti, in questo si aprono con una strabiliante versione di "Carulì cu st'uocchie nire nire", brano dove Di Giacomo, per conquistare una donna, invece di usare quel tono romantico da serenata che lo contraddistingue in un'immagine ristretta ormai diventata luogo comune, usa espressioni popolaresche e pittoresche, che invece dominano nella sua poesia non appena se ne faccia una lettura un po' più approfondita.
Si torna poi indietro di qualche anno, per conoscere una vera chicca, la tarantella "Mena mé", che prende ufficialmente ritmo solo nella parte pittoresca d'ogni strofa, perché in verità è un brano con una doppia anima, anche se poi il pittoresco finisce quasi per annullare questa doppiezza.
Si continua poi con "Napulitanata", uno dei più bei brani di Di Giacomo, questa volta votato ad un romanticismo pieno e mediterraneo. Si parte, per fare la serenata ad una donna, dalla descrizione estasiata dei suoi occhi, per poi dire che questi occhi sono lo specchio di tutto il suo corpo e della sua anima.
Da notare è anche "Tiritì tiritommolà", altro esempio geniale di "serenata piccantina", di cui, credo, esistono pochissime incisioni.
Rara è anche "Dimane chi sa", dove si riflette sulla caducità dei nostri amori, ai quali non ci si può affidare.
Il secondo cd è invece dedicato ad Ernesto Murolo, padre del cantante, poeta dalle "dolci cadenze". Anche qui troviamo brani che, sicuramente meno rari, rappresentano comunque delle chicche, poiché non si erano mai sentiti nell'interpretazione del figlio.
E' questo il caso di "Te si scurdata 'e Napule", brano su una forastiera che lascia Napoli cedendo alle lusinghe dei parenti ed alla nostalgia, senza però avvertire con il dovuto rispetto il geloso e possessivo amante napoletano. E' un brano che spesso si identifica con cantanti dalla voce tenorile, o comunque con timbriche meno confidenziali del Murolo, ma anche nella sua interpretazione ha un grande fascino.
E' bellissima "Tarantella internazionale", anche questa inedita nell'interpretazione di Murolo, dove Ernestino ed Ernestone (il poeta Murolo e il musicista Tagliaferri), si prendono gioco, ma costatano anche con un grande orgoglio, il successo internazionale della tarantella napoletana.
Il disco contiene, tra le altre, una versione di "Quanno ammore vò filà" che, essendo stata incisa in 78 giri ed essendo stata riprodotta nel 33 originale da questo supporto, purtroppo è anche la canzone con la peggior qualità audio di tutto il cofanetto. E' però innegabilmente un documento importante per conoscere l'effettiva evoluzione dello stile chitarristico e canoro di Roberto Murolo, che in questo cofanetto, si vede piano piano diventare padrone di un modo profondamente tradizionale ma interiorizzato di dialogare con se stesso, che poi è ciò che si fa ogni volta che ognuno di noi suona da solo.
Il terzo disco è dedicato a Libero bovio, soprannominato dai suoi contemporanei "'O chiattone", il grassone. Anche di Bovio se ne ha spesso un'immagine ristretta, dato che i brani più conosciuti del suo repertorio sono "sceneggiate", canzoni "guappe", o comunque brani improntati ad una grossa drammaticità. Murolo, di questo tipo di repertorio, ci offre numerosi esempi, tra cui "Guapparia", "Sona chitarra", "Silenzio cantatore", "Tu ca nun chiagne", ecc. Ma nel repertorio di Bovio vi erano anche canzoni umoristiche o ispirate alla macchietta. E' questo il caso di "Tatonno" (o Totonno) "se ne va", canzone umoristica ispirata ad un Don Giovanni che lascia le sue numerose spasimanti in attesa del suo ritorno dal militare.
L'ultimo volume, invece, è dedicato al repertorio in lingua napoletana del poliedrico E. A. Mario. Credo, innanzitutto, che si debba dire che, nel caso di questo personaggio, uno dei pochissimi artisti italiani a scrivere musica e versi delle proprie canzoni e tra i primi a potersi considerare cantautore perché qualche volta si è pure divertito ad eseguirle, basare un'antologia solo sul repertorio vernacolare è riduttivo. Infatti, va ricordato, che sono sue alcune delle canzoni che più hanno fatto sognare gli italiani negli anni Venti, da "Balocchi e profumi" a "Vipera". Nel libretto Murolo, molto correttamente cita anche il repertorio italiano di E. A. Mario, ma sarebbe ora che qualche interprete classico napoletano, si decidesse a pubblicare una monografia sull'autore, dove i due mondi non siano in lotta tra loro, ma convivano e si integrino. Da questo punto di vista mi va, scusate la divagazione, di ricordare la televisione satellitare "Teleacheri", che ora è tornata una semplice televisione locale campana, la quale, all'interno del programma "Napoli d'autore", riuscì a fare questo miracolo.
Tornando al cd di Murolo, è forse, insieme con quello su di Giacomo, quello con la maggior quantità di canzoni ignote o quasi. Sono particolarmente "sfiziose" "'E tre studiente", brano scritto da Ernesto Murolo per il testo e da E. A. Mario per la musica, e Napule signorsì, che, per il suo essere un brano umoristico-militaresco, potrebbe ricordare la già citata "Tatonno se ne va".
Avrete notato che io non voglio mai, o quasi mai, fare delle recensioni esaurienti da un punto di vista giornalistico, di quelle in grado di condizionare i gusti di coloro che poi decideranno di ascoltare i prodotti che recensisco. Mi piace molto di più, ve lo posso assicurare, "pizzicare" la curiosità della gente, raccontandole un po' di aneddoti, condendoli magari con un pochino di esperienza personale che non guasta mai.
Spero di avervi incuriosito con questo viaggio dentro il cofanetto "Roberto Murolo canta i grandi della canzone napoletana", buon ascolto e, magari, buone cantate a squarciagola!

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