sabato 3 aprile 2010

Parlando di Serrat

Carissimi lettori, torno da voi per una di quelle voglie irreprimibili di raccontarmi che spesso stanno alla base di molti scritti, soprattutto di quelli redatti senza una ragione esterna che li causa.
Oggi mi va di parlarvi di una delle mie passioni più antiche, quella per Joan Manuel Serrat, grandissimo esponente della canzone in lingua catalana e castigliana, uno dei cantautori più famosi in ambito ispanico.
Conobbi Joan Manuel Serrat tramite i miei zii legati alla Spagna, i quali avevano due vinili, uno dei quali mi è stato anche regalato. L'lp si chiama "La paloma", ed è stato inciso a Milano, quando il cantautore era una "persona non grata" per il regime franchista, che dopo aver provato a sfruttarne l'improvvisa popolarità alla fine degli anni Sessanta, ne iniziò ad avere paura per il suo dedicarsi alla causa catalanista. Il regime franchista, è meglio specificarlo subito, ebbe sempre rapporti problematici con le lingue parlate da galiziani, catalani e baschi, che considerò sempre minori e sovversive.
Joan Manuel Serrat ha sempre avuto un grandissimo rapporto con l'Italia, che si è dimostrato duraturo, ed ha portato perfino ad alcuni scambi tra i due paesi, nel senso che, se da un lato il grande spagnolo ha usato alcuni nostri esimi orchestratori per alcune sue ballate, alcuni cantanti italiani hanno tradotto nella nostra lingua alcune canzoni del nostro.
Tra i brani arrangiati da musicisti italiani, si può ricordare la bellissima "Más que a nadie", il cui arrangiamento è di Celso Valli, presente nel notevole disco del 1998 "Sombras de la China".
La voce di Joan Manuel Serrat è sempre più calda e matura, sempre impietosamente potente, mai rauca. I suoi testi sono sia politici che intimi, e non disdegnano giochi linguistici complicati, anche se spesso si lasciano sedurre dalla semplicità di giri poetici più vicini al linguaggio quotidiano.
Non saprei dirvi chi in Italia può rappresentare un "alter ego" di Serrat, posso dirvi che il cantante che meglio ha saputo rendere il suo repertorio, al quale ha dedicato anche un lp intero intitolato "I semafori rossi non sono Dio", è Gino Paoli, con cui il catalano ha anche qualche tratto comune nel timbro, specialmente per quanto riguarda le voci che i due cantanti avevano negli anni Settanta. Gino Paoli, nel suo bellissimo cd "Appropriazione indebita", reinterpreta in maniera strabiliante "Penelope", il cui unico handicap forse è l'arrangiamento latino-americano che toglie al brano l'immediatezza della struttura pop che gli era stata data dai suoi autori originali. La traduzione è invece ineccepibile, come spessissimo sono quelle del repertorio serratiano, eccezion fatta per "Bugiardo e incosciente", sicuramente la melodia più conosciuta in Italia del cantautore catalano, di cui Paolo Limiti, con espressa autorizzazione del cantautore, ha fatto un uso libero, scrivendo un testo d'amore laddove Serrat raccontava di emarginazione d'anziani. La traduzione letterale di questo brano, in dialetto pavanese, è di Francesco Guccini ed è presente nel cd "Ritratti" (2004). E' veramente notevole, e tra catalano e pavanese c'è più di una somiglianza. Mi ricordo ancora che la sera in cui Guccini presentò il cd in questione ad un palasport gremito, come sempre, il cantautore fece dell'ironia su "Bugiardo incosciente", forse un po' esagerata ma basata su uno spirito filologico inappuntabile.
Mina, qualche anno dopo aver cantato "Bugiardo e incosciente", cantò una bellissima e fedele versione italiana di "Balada de otoño", una delle perle contenute nel già citato lp "la paloma" (1971). Nell'arrangiamento, questo forse è l'unico handicap della versione italiana, non viene rispettata l'onomatopeicità del pianoforte, che tra strofa e strofa esegue delle parti molto veloci, come a ricordare la pioggia battente "sui pioppi mezzi spogli".
So che Joan Manuel Serrat fu anche intervistato dalla Rai, ma non ho mai avuto il piacere di vedere il programma che ne è scaturito. Mi ricordo, invece, una sua bellissima apparizione, che non saprei collocare nel tempo, purtroppo, al bellissimo "Séptimo de caballería" condotto da Miguel Bosé alla TVE, la tv di stato spagnola.
Non posso citarvi le mie canzoni preferite di Serrat, perché faremmo notte, ma mi va di consigliarvi qualche disco, semmai questo post abbia svegliato in voi qualche curiosità di andare a scoprire dalla viva voce del cantautore spagnolo alcuni suoi capolavori.
Innanzitutto, naturalmente, vi consiglio il già citato "La paloma" del 1971; per chi fosse interessato ad un'antologia niente di meglio che ricorrere a "24 páginas inolvidables", raccolta che lo stesso cantautore si è incaricato di curare; per chi infine fosse interessato ad un live, niente di meglio che ricorrere all'insuperato "En directo" (1984). Merita una citazione a parte quel repertorio che Serrat ha tratto dalla poesia spagnola. L'album più conosciuto di questa produzione è quello su Machado, anche se non è forse il più riuscito. Troviamo poi "A Miguel Hernández", quasi coevo del precedente, e soprattutto il migliore e maturo "El sur también existe", che dimostra una voglia da parte del nostro di guardare anche all'America Latina, zona del mondo per la quale egli sente una grandissima attrazione, tanto da definirsi "Un latino-americano de Barcelona". L'album in questione è dedicato a Mario Benedetti, grande poeta uruguayano scomparso di recente.
Spero di avervi fatto venire voglia di ascoltare una grande voce in lingua spagnola, io sono sicura di aver provato molto piacere nello scrivere questi pensieri.

Nessun commento:

Posta un commento