domenica 25 aprile 2010

Commento alla puntata del 26/04/10 di Canzonenapoletana@rai.it"

Carissimi lettori, ecco che comincia un altro ciclo di "canzonenapoletana@rai.it". Ci si occuperà di Alfonso Mangione, poeta che ha scritto quel classico sfizioso ed amaro intitolato "'A cascia forte".
Si inizia con un brano che, purtroppo, si ascolta tronco poiché nell'archivio sonoro della canzone napoletana, non vi è una versione completa di questa simpaticissima "Primavera deliziosa", che abbiamo ascoltato da un giovanissimo Sergio Bruni.
E si comincia a soffrire, con un bellissimo brano intitolato "'O belvedere", che però viene ascoltato da un settantotto giri ridotto alla frutta. L'interprete è il grande Salvatore Papaccio. Il brano è caratterizzato da quell'allegrezza crepuscolare che è un po' la corda segreta di questa canzone storica napoletana. La musica, scritta abilmente da Umberto Colonnese, è un tipico brano in maggiore che, specialmente nel ritornello, si apre all'uso di accordi di settima e minori, la cui presenza porta con sé un rallentamento di ritmo, che permette al tenore di sfoderare la sua teatralità.
Ed eccoci a questo valzerino lento ed in minore, intitolato "'E bastimente". Nelle mani di Mangione, anche se la drammaticità è presente, anche l'emigrazione diventa leggera. Si può dire che, paradossalmente, la drammaticità è rappresentata da Staffelli, musicista di questi versi, con accordi maggiori. E' veramente un gioiello, una meraviglia, una vera rarità.
Ed andando avanti si trova un brano dedicato a quel rapporto tra barca ed amore, che è una delle tematiche più fertili della canzone napoletana. Il brano, ancora una volta, si divide in due parti, una in minore ed una in maggiore. Abbiamo il piacere di scoprire la voce di un perfetto ed aggraziato tenore chiamato Ciro Formisano, che riesce a dare a questo valzerino contemporaneamente complicato e semplice, una dolcezza veramente unica.
La voce del cantante, anche laddove sfodera le note lunghe e forti, non diventa mai tragica, permettendo di apprezzare e tradurre musicalmente in maniera unica l'atmosfera di questo testo.
Continuando con questo ritmo ternario e con questi brani divisi in una strofa in minore ed un ritornello in maggiore, si trova questa "Canzone 'e mezzanotte", bellissima serenata che abbiamo il piacere di ascoltare dalla voce di Giuseppe Milano. Se dovessi trovare un contraltare a Mangione tra i poeti "maggiori" della canzone napoletana, forse parlerei di Ernesto Murolo che, negli stessi anni, era caratterizzato dalla stessa sete di pittoresco e descrittivo. La particolarità di questo brano, forse, è che il ritorno in minore per ricominciare la strofa, non avviene di colpo dopo la fine del ritornello, ma avviene durante il ritornello stesso.
Andando avanti abbiamo la possibilità di ascoltare questa "Nun se trase", che ci viene cantata da Salvatore Papaccio. E' un brano assolutamente binario, nello stile più tipico del suo compositore, quell'Umberto Colonnese che avevamo già trovato in precedenza e ormai possiamo dire di iniziare a conoscere. Non mancano i rallentamenti, le pause e le raffinatezze, ma l'allegria qui ha tutto il diritto di entrarci nell'anima, anche se preferisco andare cauta poiché non capisco niente del testo, dato che il disco che stiamo ascoltando è ridotto alla frutta.
Ed ecco un altro ritratto di reti, pescatori ed amore, così tipici della canzone napoletana di quegli anni, che non perdeva tempo, nonostante le accuse a cui ha portato alcuni intellettuali chiusi e stereotipi, anzi ha raccontato con poeticità insuperabile le sue figure.
Il brano, intitolato "'A rezza", è stato musicato da Attilio Staffelli nel 1927, è un valzerino lento e romantico, che abbiamo sentito interpretare, con perfezione insuperabile, da Gennaro Pasquariello.
La puntata si chiude con un brano che purtroppo non si può ascoltare, ossia con una versione bellissima di "'A casciaforte", il brano che ha fatto restare Alfonso Mangione nella storia della canzone napoletana. Io vi consiglio di ascoltarvi la versione di Roberto Murolo nella sua "Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea" che, forse come nessuna, riesce a far trasparire la profonda amarezza che l'autore mette in questa enumerazione di oggetti ormai antichi e caduti in disuso.
Spero di avervi fatto venire voglia di andare a buttarvi in mezzo a queste rarità, perché la canzone napoletana è una miniera dal potenziale infinito.

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