giovedì 5 luglio 2012

Qualche riflessione sul concerto per l'Emilia.

Carissimi lettori, questa sera (25 giugno 2012) recensirò per voi il concerto per l'Emilia terremotata, in diretta da Rai 1. Per farlo mi servirò della televisione dei miei che dal piano di sotto emette l'evento, difatti, per chi non lo sa, il pur bello portale www.rai.tv non emette gli eventi in diretta, solo i programmi "normali", etrasmettendo gli eventuali concerti o avvenimenti in diretta solo successivamente quindi in modalità differita. Ha iniziato zucchero con "Il suono della domenica", ballata triste un po' irlandese, dove forse però il nostro non brilla. Il nostro si riprende sicuramente con "Per colpa di chi", brano dall'impianto fortemente punk, per il quale non ci vuole una grande vocalità. Dopo è salito sul palco Francesco Guccini, che, accompagnato dalla sua band, ha interpretato "Il vecchio e il bambino", con gli impagabili assoli di Roberto Manuzzi all'armonica cromatica, strumento che il cantautore pavanese utilizza moltissimo da una ventina d'anni a questa parte, basta pensare al cd "Quasi come Dumas" (1989). Successivamente è salita sul palco Caterina Caselli che, insieme a Guccini ha interpretato "Per fare un uomo", brano del cantautore da lei lanciato nel 1964. Devo dire che, mentre Guccini riesce a cantare molto correttamente e sembra perfino tornato all'espressività dei tempi migliori, lei è stonata e non gestisce più il fiato. Per convincersi di ciò basta ascoltare la versione che ha appena interpretato di "Insieme a te non ci sto più", suo cavallo di battaglia, scritto per lei da Paolo Conte. Il concerto sta continuando con Luciano Ligabue, che interpreta "Il giorno di dolore che uno ha", uno degli inediti del disco live di una quindicina di anni fa "Su e giù da un palco". Il brano è interpretato solo voce e chitarra, abbassato di ben tre toni, il cantautore di Correggio canta abbastanza bene ma non si può dire sia perfetto. Il cantautore ha continuato con "Il meglio deve ancora venire", fatta in tonalità originale, quindi le stonature hanno purtroppo costituito un'ingrediente fondamentale. Dopo è salito sul palco Beppe Carletti, tastierista e membro fondatore dei Nomadi, che ancora però non ha suonato con il suo gruppo. Ora stiamo ascoltando Raffaella Carrà, la Raffaellona nazionale, che, abbassandola di ben tre toni, dà un'interpretazione direi abbastanza deludente della sua canzone "Rumore". Qui non stanno suonando dal vivo, forse quello che è dal vivo sono le sue urla di incitamento. Ed eccoli i Nomadi, che riprendono un brano uscito come inedito in "Nomadi 40", dal titolo "Io voglio vivere". La voce di Cristiano, il nuovo cantante, è più rock di quella di Danilo Sacco, ma del carisma di Augusto neanche l'ombra. Si sentono chiaramente delle stonature, il cantante è uno di quelli che pensano che cantare all'italiana faccia "provinciale", mentre farebbe "figo" scimmiottare gli altri (intanto gli stranieri vanno in brodo di giuggiole per artisti come Modugno o Villa ed apprezzano i nostri migliori gruppi folk dal Canzoniere agli Zoè!). I Nomadi, per salutare il pubblico, interpretano una versione nomade-metallara (niente note tenute mi raccomando!) di "Io vagabondo". Il brano lo amo, ovviamente, la versione assolutamente no! Vorrei Augusto, se esistesse la macchina del tempo vorrei vivere una sola serata con lui nei Nomadi! Il pubblico, come succede normalmente a questo punto del brano, canta, per poi lasciare al gruppo il finale. Pur di nascondere le mancanze vocali si fa i virtuosi, vecchia storia! Dopo l'intervento di Alessandro Bergonzoni, basato su giochi di parole spesso belli ma forse anche roboanti, troviamo gli Stadio che interpretano "Sorprendimi", una canzone scritta una decina d'anni fa, di tematica romantica, che suonata in questo contesto può essere presa come un incitamento alla solidarietà. Notevole il pezzo di sassofono, che veramente faceva pensare a Dalla (grande assente di questa serata emiliana). C'è Curreri che sta sfidando il pubblico (per la verità poco intonato) in dei vocalizzi abbastanza difficili. È salito sul palco Gianni Morandi, che sta interpretando, insieme a Curreri e ai suoi Stadio, "Chiedi chi erano i Beatles", brano che il cantante di Monghidoro aveva interpretato già nel pregevole "Dalla-Morandi". Il brano, fra l'altro, permette di fare anche un omaggio ad uno dei più grandi poeti bolognesi, il vanguardista Roberto Roversi, autore del testo del brano. Sull'interpretazione favorisce senza dubbio Morandi, in quanto ci si scorda di fare i camhbi di tonalità che sarebbe auspicabile sentire, se si volessero parificare i due interpreti. Morandi continua ad avere una voce cristallina, che non sente usura. Ed ora si sta facendo un interessante omaggio a Dalla con "Piazza grande", anche se, forse, l'anima portoghese di questo brano, per il bolognese spesso così importante, è assente. Qui è diventata una ballata pop, senza venature etniche, forse un po' più povera. Abbastanza mal riuscito è lo scat da jazzista che Morandi e Curreri vorrebbero riprendere dalla versione di "Banana republic". E dopo l'Emilia dei cantautori, arriva quella nota internazionalmente, rappresentata in questo caso dal sassuolese Nek (Filippo Neviani). Il cantautore sta ora interpretando "Lascia che io sia", una canzone d'amore. Siccome fa "provinciale" suonare all'italiana, naturalmente ci sono chitarre distorte a gogò. Il ragazzo va detto che ci sa fare, gli va anche riconosciuto che ha avuto il coraggio di alzare di un mezzo tono il brano, senza fare poi molte stonature. A questo giro il cantautore sta interpretando, rigorosamente dal vivo, sarà il caso di ricordarlo, un brano che è un semplice ma sincero inno alla vita. Il brano, caratterizzato da una sempre piacevole struttura terzinata, era l'inedito di un best uscito pochi anni fa e portava il titolo di "E da qui". Dopo l'intervento di due sportivi (tra cui Alberto Tomba ("la bomba"), Samuele Bersani, uno dei migliori pupilli di Lucio Dalla, sta interpretando, in maniera abbastanza sentita anche se non perfetta (la canzone non sarebbe da cantare allo stadio Dallara...) il suo classico "Giudizi universali". Il pubblico è galvanizzato, canta anche se non è particolarmente facile. Adesso Samuele Bersani sta interpretando "Chicco e spillo", brano che lo ha reso famoso e che aveva anticipato nelle radio (ancora libere e private!) il suo primo cd dal titolo "Ci hanno preso tutto", prodotto dalla Pressing di Lucio Dalla. La versione è infinitamente più rock, meno leggera, forse più incisiva rispetto al testo, io però la preferisco nella veste storica. Per quanto riguarda il cantautore bolognese c'è da segnalare la raccolta "Psicò, vent'anni di canzoni". Andando avanti c'è Paolo Belli, cantante dei Ladri di biciclette, poi fondatore di una jazz band che è particolarmente nota per la sua partecipazione fissa al programma di Milly Carlucci "Ballando sotto le stelle". Il brano che sta eseguendo è "Un giorno migliore", brano dall'andamento swing con accenni latini, rappresentati spesso da un ottavino. Ora Paolo belli sta facendo un breve scat, seguito dall'appello per le donazioni. Il brano aveva preso provvisoriamente una piega strana, per poi riprendere il proprio ritmo verso il finale. Ora Paolo Belli sta eseguendo un inedito scritto insieme a dei ragazzi che vengono dalle zone terremotate. È una ballad molto lenta, va detto che forse loro hanno voci più congeniali a questo repertorio rispetto a Paolo Belli stesso, che va meglio sicuramente per le canzoni ridanciane. Notevoli le voci ma anche l'assolo di sassofono non si fa assolutamente disprezzare. Il brano è una suadentissima jazz ballad, sensuale, in tonalità maggiore perché comunque deve dare speranza (e nel tono minore essa manca di sicuro...). E si continua con Luca Carboni, che accompagnato solo da una chitarra interpreta "Silvia lo sai", brano degli anni Ottanta. Come sviluppo entrano anche altri strumenti e il brano cede lestamente spazio a "Mi ami davvero", brano che prende, con apparente dolcezza, di mira gli eccessi di una società come quella moderna, votata al consumismo. E dall'album "Carboni" (1992), quello che conteneva "Ci vuole un fisico bestiale", viene "Mare mare". Va detto che in questa occasione davvero si può palpare l'esistenza effettiva di una "scuola emiliana" che, seppur giustamente non vuole avere limitazioni creative o geografiche, altrettanto orgogliosamente non vuole perdere il legame con i propri luoghi d'origine. Ora ascoltiamo Cesare Cremonini, che senza gruppo dà sempre il meglio di sé, accompagnandosi con il pianoforte sta interpretando "Mondo". La voce ama librarsi in voli imprevisti, dialogando con il pianoforte molto ritmico, in un modo che avvicina questa esecuzione più a musica classica che a canzonetta pop. Ora Cremonini sta interpretando, in maniera direi personale e convincente, "L'anno che verrà", che ha visto l'arrivo di (mamma mia aiutami tu!) Laura Pausini. Quello che mi fa rabbia di questa cantante è che, e non è l'unica oltretutto, che ha una bella voce che sfrutta male, urlando come una pazza testi spesso insulsi. Ora ascoltiamo Andrea Mingardi, che dopo aver ricordato una canzone da lui interpretata ad un Festival di Sanremo con Alessandro Bono ("Con un amico vicino") fa un omaggio ai Beatles con una reinterpretazione di "With a little help of my friends", ispirata alla versione di Joe Cooker. Va detto che il nostro brilla sempre quando si tratta di poter mostrare la propria anima blues, mentre mi delude quando prova a fare il melodico (non ha voce per farlo...). E a proposito di brani portati dal nostro a Sanremo, torniamo al 2004, anno in cui, insieme ai Blues brothers, proprio quelli del film, ha interpretato questo inno alla musica e all'orgoglio di fare questo mestiere (per quanto la gente non lo capisca, anche d'arte si può e si deve avere il diritto di vivere dignitosamente). Va detto che la voce di Mingardi non soffre usura, riesce benissimo a gestire il fiato, esempio per molta, troppa gente che non ha più la perfezione come obiettivo canoro. Di Mingardi sarà forse curioso ricordare la versione, deludente per dirla tutta, de "La fiera di San Lazzaro", incisa nel suo cd in dialetto bolognese, in collaborazione con Francesco Guccini. Mi dà al quanto fastidio l'arrangiamento country, diciamolo, è un po' pretenzioso. Stiamo assistendo ad un momento mozza fiato, il maestro Andrea Criminelli (flautista) sta eseguendo, con un flauto traverso d'argento, un medley delle Avemarie di Gunot e Schubert, lo strumento sta cantando come una voce umana, è impressionante. Non si può non ringraziare la Rai in queste occasioni, molti momenti di questa serata sono stati irripetibili, bello e sentito davvero. Peccato solo la presentazione di Frizzi, che spesso urla inutilmente Stiamo ascoltando i Modena City Ramblers, gruppo che io stimavo di più quando c'era Stefano Bellotti detto "Cisco" (insuperabile è il loro primo cd, "Riportando tutto a casa", quello, per capirci, con i "Funerali di Berlinguer"). Sinceramente la riformulazione del gruppo da qualche anno a questa parte credo privilegi troppo l'aspetto spettacolare (importante, ovvio!) ma mai da mettere in subordinazione a quello della qualità timbrica ed espressiva. Il gruppo ora sta eseguendo una sua bellissima composizione dal titolo "I cento passi", colonna sonora di un film. Il gruppo la sta eseguendo insieme a Cisco, diciamo che quando c'è lui il contributo eleva molto la qualità dell'insieme. Bellissimo anche il tin wistle che ricorda le radici irlandesi del gruppo, ben presto però passato ad un più innoquo (dal punto di vista musicale) pop poco contaminato da elementi etnici. E i Nomadi, a chiudere, interpretano "Dio è morto" di Guccini. Bella, ma manca lui, sarebbe stato galante invitarlo. Carissimi lettori, questa sera (25 giugno 2012) recensirò per voi il concerto per l'Emilia terremotata, in diretta da Rai 1. Per farlo mi servirò della televisione dei miei che dal piano di sotto emette l'evento, difatti, per chi non lo sa, il pur bello portale www.rai.tv non emette gli eventi in diretta, solo i programmi "normali", etrasmettendo gli eventuali concerti o avvenimenti in diretta solo successivamente quindi in modalità differita. Ha iniziato zucchero con "Il suono della domenica", ballata triste un po' irlandese, dove forse però il nostro non brilla. Il nostro si riprende sicuramente con "Per colpa di chi", brano dall'impianto fortemente punk, per il quale non ci vuole una grande vocalità. Dopo è salito sul palco Francesco Guccini, che, accompagnato dalla sua band, ha interpretato "Il vecchio e il bambino", con gli impagabili assoli di Roberto Manuzzi all'armonica cromatica, strumento che il cantautore pavanese utilizza moltissimo da una ventina d'anni a questa parte, basta pensare al cd "Quasi come Dumas" (1989). Successivamente è salita sul palco Caterina Caselli che, insieme a Guccini ha interpretato "Per fare un uomo", brano del cantautore da lei lanciato nel 1964. Devo dire che, mentre Guccini riesce a cantare molto correttamente e sembra perfino tornato all'espressività dei tempi migliori, lei è stonata e non gestisce più il fiato. Per convincersi di ciò basta ascoltare la versione che ha appena interpretato di "Insieme a te non ci sto più", suo cavallo di battaglia, scritto per lei da Paolo Conte. Il concerto sta continuando con Luciano Ligabue, che interpreta "Il giorno di dolore che uno ha", uno degli inediti del disco live di una quindicina di anni fa "Su e giù da un palco". Il brano è interpretato solo voce e chitarra, abbassato di ben tre toni, il cantautore di Correggio canta abbastanza bene ma non si può dire sia perfetto. Il cantautore ha continuato con "Il meglio deve ancora venire", fatta in tonalità originale, quindi le stonature hanno purtroppo costituito un'ingrediente fondamentale. Dopo è salito sul palco Beppe Carletti, tastierista e membro fondatore dei Nomadi, che ancora però non ha suonato con il suo gruppo. Ora stiamo ascoltando Raffaella Carrà, la Raffaellona nazionale, che, abbassandola di ben tre toni, dà un'interpretazione direi abbastanza deludente della sua canzone "Rumore". Qui non stanno suonando dal vivo, forse quello che è dal vivo sono le sue urla di incitamento. Ed eccoli i Nomadi, che riprendono un brano uscito come inedito in "Nomadi 40", dal titolo "Io voglio vivere". La voce di Cristiano, il nuovo cantante, è più rock di quella di Danilo Sacco, ma del carisma di Augusto neanche l'ombra. Si sentono chiaramente delle stonature, il cantante è uno di quelli che pensano che cantare all'italiana faccia "provinciale", mentre farebbe "figo" scimmiottare gli altri (intanto gli stranieri vanno in brodo di giuggiole per artisti come Modugno o Villa ed apprezzano i nostri migliori gruppi folk dal Canzoniere agli Zoè!). I Nomadi, per salutare il pubblico, interpretano una versione nomade-metallara (niente note tenute mi raccomando!) di "Io vagabondo". Il brano lo amo, ovviamente, la versione assolutamente no! Vorrei Augusto, se esistesse la macchina del tempo vorrei vivere una sola serata con lui nei Nomadi! Il pubblico, come succede normalmente a questo punto del brano, canta, per poi lasciare al gruppo il finale. Pur di nascondere le mancanze vocali si fa i virtuosi, vecchia storia! Dopo l'intervento di Alessandro Bergonzoni, basato su giochi di parole spesso belli ma forse anche roboanti, troviamo gli Stadio che interpretano "Sorprendimi", una canzone scritta una decina d'anni fa, di tematica romantica, che suonata in questo contesto può essere presa come un incitamento alla solidarietà. Notevole il pezzo di sassofono, che veramente faceva pensare a Dalla (grande assente di questa serata emiliana). C'è Curreri che sta sfidando il pubblico (per la verità poco intonato) in dei vocalizzi abbastanza difficili. È salito sul palco Gianni Morandi, che sta interpretando, insieme a Curreri e ai suoi Stadio, "Chiedi chi erano i Beatles", brano che il cantante di Monghidoro aveva interpretato già nel pregevole "Dalla-Morandi". Il brano, fra l'altro, permette di fare anche un omaggio ad uno dei più grandi poeti bolognesi, il vanguardista Roberto Roversi, autore del testo del brano. Sull'interpretazione favorisce senza dubbio Morandi, in quanto ci si scorda di fare i camhbi di tonalità che sarebbe auspicabile sentire, se si volessero parificare i due interpreti. Morandi continua ad avere una voce cristallina, che non sente usura. Ed ora si sta facendo un interessante omaggio a Dalla con "Piazza grande", anche se, forse, l'anima portoghese di questo brano, per il bolognese spesso così importante, è assente. Qui è diventata una ballata pop, senza venature etniche, forse un po' più povera. Abbastanza mal riuscito è lo scat da jazzista che Morandi e Curreri vorrebbero riprendere dalla versione di "Banana republic". E dopo l'Emilia dei cantautori, arriva quella nota internazionalmente, rappresentata in questo caso dal sassuolese Nek (Filippo Neviani). Il cantautore sta ora interpretando "Lascia che io sia", una canzone d'amore. Siccome fa "provinciale" suonare all'italiana, naturalmente ci sono chitarre distorte a gogò. Il ragazzo va detto che ci sa fare, gli va anche riconosciuto che ha avuto il coraggio di alzare di un mezzo tono il brano, senza fare poi molte stonature. A questo giro il cantautore sta interpretando, rigorosamente dal vivo, sarà il caso di ricordarlo, un brano che è un semplice ma sincero inno alla vita. Il brano, caratterizzato da una sempre piacevole struttura terzinata, era l'inedito di un best uscito pochi anni fa e portava il titolo di "E da qui". Dopo l'intervento di due sportivi (tra cui Alberto Tomba ("la bomba"), Samuele Bersani, uno dei migliori pupilli di Lucio Dalla, sta interpretando, in maniera abbastanza sentita anche se non perfetta (la canzone non sarebbe da cantare allo stadio Dallara...) il suo classico "Giudizi universali". Il pubblico è galvanizzato, canta anche se non è particolarmente facile. Adesso Samuele Bersani sta interpretando "Chicco e spillo", brano che lo ha reso famoso e che aveva anticipato nelle radio (ancora libere e private!) il suo primo cd dal titolo "Ci hanno preso tutto", prodotto dalla Pressing di Lucio Dalla. La versione è infinitamente più rock, meno leggera, forse più incisiva rispetto al testo, io però la preferisco nella veste storica. Per quanto riguarda il cantautore bolognese c'è da segnalare la raccolta "Psicò, vent'anni di canzoni". Andando avanti c'è Paolo Belli, cantante dei Ladri di biciclette, poi fondatore di una jazz band che è particolarmente nota per la sua partecipazione fissa al programma di Milly Carlucci "Ballando sotto le stelle". Il brano che sta eseguendo è "Un giorno migliore", brano dall'andamento swing con accenni latini, rappresentati spesso da un ottavino. Ora Paolo belli sta facendo un breve scat, seguito dall'appello per le donazioni. Il brano aveva preso provvisoriamente una piega strana, per poi riprendere il proprio ritmo verso il finale. Ora Paolo Belli sta eseguendo un inedito scritto insieme a dei ragazzi che vengono dalle zone terremotate. È una ballad molto lenta, va detto che forse loro hanno voci più congeniali a questo repertorio rispetto a Paolo Belli stesso, che va meglio sicuramente per le canzoni ridanciane. Notevoli le voci ma anche l'assolo di sassofono non si fa assolutamente disprezzare. Il brano è una suadentissima jazz ballad, sensuale, in tonalità maggiore perché comunque deve dare speranza (e nel tono minore essa manca di sicuro...). E si continua con Luca Carboni, che accompagnato solo da una chitarra interpreta "Silvia lo sai", brano degli anni Ottanta. Come sviluppo entrano anche altri strumenti e il brano cede lestamente spazio a "Mi ami davvero", brano che prende, con apparente dolcezza, di mira gli eccessi di una società come quella moderna, votata al consumismo. E dall'album "Carboni" (1992), quello che conteneva "Ci vuole un fisico bestiale", viene "Mare mare". Va detto che in questa occasione davvero si può palpare l'esistenza effettiva di una "scuola emiliana" che, seppur giustamente non vuole avere limitazioni creative o geografiche, altrettanto orgogliosamente non vuole perdere il legame con i propri luoghi d'origine. Ora ascoltiamo Cesare Cremonini, che senza gruppo dà sempre il meglio di sé, accompagnandosi con il pianoforte sta interpretando "Mondo". La voce ama librarsi in voli imprevisti, dialogando con il pianoforte molto ritmico, in un modo che avvicina questa esecuzione più a musica classica che a canzonetta pop. Ora Cremonini sta interpretando, in maniera direi personale e convincente, "L'anno che verrà", che ha visto l'arrivo di (mamma mia aiutami tu!) Laura Pausini. Quello che mi fa rabbia di questa cantante è che, e non è l'unica oltretutto, che ha una bella voce che sfrutta male, urlando come una pazza testi spesso insulsi. Ora ascoltiamo Andrea Mingardi, che dopo aver ricordato una canzone da lui interpretata ad un Festival di Sanremo con Alessandro Bono ("Con un amico vicino") fa un omaggio ai Beatles con una reinterpretazione di "With a little help of my friends", ispirata alla versione di Joe Cooker. Va detto che il nostro brilla sempre quando si tratta di poter mostrare la propria anima blues, mentre mi delude quando prova a fare il melodico (non ha voce per farlo...). E a proposito di brani portati dal nostro a Sanremo, torniamo al 2004, anno in cui, insieme ai Blues brothers, proprio quelli del film, ha interpretato questo inno alla musica e all'orgoglio di fare questo mestiere (per quanto la gente non lo capisca, anche d'arte si può e si deve avere il diritto di vivere dignitosamente). Va detto che la voce di Mingardi non soffre usura, riesce benissimo a gestire il fiato, esempio per molta, troppa gente che non ha più la perfezione come obiettivo canoro. Di Mingardi sarà forse curioso ricordare la versione, deludente per dirla tutta, de "La fiera di San Lazzaro", incisa nel suo cd in dialetto bolognese, in collaborazione con Francesco Guccini. Mi dà al quanto fastidio l'arrangiamento country, diciamolo, è un po' pretenzioso. Stiamo assistendo ad un momento mozza fiato, il maestro Andrea Criminelli (flautista) sta eseguendo, con un flauto traverso d'argento, un medley delle Avemarie di Gunot e Schubert, lo strumento sta cantando come una voce umana, è impressionante. Non si può non ringraziare la Rai in queste occasioni, molti momenti di questa serata sono stati irripetibili, bello e sentito davvero. Peccato solo la presentazione di Frizzi, che spesso urla inutilmente Stiamo ascoltando i Modena City Ramblers, gruppo che io stimavo di più quando c'era Stefano Bellotti detto "Cisco" (insuperabile è il loro primo cd, "Riportando tutto a casa", quello, per capirci, con i "Funerali di Berlinguer"). Sinceramente la riformulazione del gruppo da qualche anno a questa parte credo privilegi troppo l'aspetto spettacolare (importante, ovvio!) ma mai da mettere in subordinazione a quello della qualità timbrica ed espressiva. Il gruppo ora sta eseguendo una sua bellissima composizione dal titolo "I cento passi", colonna sonora di un film. Il gruppo la sta eseguendo insieme a Cisco, diciamo che quando c'è lui il contributo eleva molto la qualità dell'insieme. Bellissimo anche il tin wistle che ricorda le radici irlandesi del gruppo, ben presto però passato ad un più innoquo (dal punto di vista musicale) pop poco contaminato da elementi etnici. E i Nomadi, a chiudere, interpretano "Dio è morto" di Guccini. Bella, ma manca lui, sarebbe stato galante invitarlo.

Radio italia trent'anni

Carissimi lettori, da qualche giorno è in commercio la compilation con cui Radio Italia solo musica italiana festeggia i suoi trent'anni di solo pop italiano (chi legge queste righe sa che per me la musica italiana è tutto ciò che viene cantato in italiano o nei suoi tanti e vari dialetti). Con l'aiuto di un sito proverò a fare una personale, probabilmente anche un pochino polemica, recensione del triplo cd. Il primo cd inizia con un capolavoro di Claudio Baglioni, la classica "Avrai", pubblicata nel 1981 nell'album "Strada facendo", ma campione di vendite nel 1982, anno in cui Radio Italia nasce. Il brano è dedicato, come molti sanno, al figlio di Baglioni, ottimo chitarrista. L'inizio è buono ma riscendiamo (sprofondiamo!) subitissimamente, in quanto alla seconda traccia tocca il ricordo di "Bravi ragazzi", brano dell'italo-ispanico Miguel Bosè. Pezzettino che potrebbe far ricordare un twist, cantato con una voce che non sa né di me né di te, difatti l'unica cosa di Miguel Bosè che mi piace è la versione spagnola di "Beautiful that way", bellissimo testo che la grande cantante israeliana Noa aveva messo sulla melodia del tema del film "La vita è bella, musica scritta dal grande Nicola Piovani e pellicola diretta da Roberto Benigni. E per fortuna però voliamo subito in alto, la terza traccia del cd 1 (sono tre cd, l'ho già detto ma ribadisco!) è "Vacanze romane" dei Matia Bazar. Quelli che si sentono sono i veri Matia Bazar, quelli con Aldo Stellita al basso e, soprattutto, con l'ineguagliabile voce di Antonella Ruggero. Il brano è interessantissimo perché coniugava atmosfere retrò con l'elettronica in maniera davvero notevole. Bellissima è anche la versione acustica realizzata dalla Ruggero per il suo cd "Registrazioni moderne", pubblicato circa una quindicina di anni fa, nel quale la cantante rileggeva brani dei Matia Bazar con altri gruppi. Per quanto riguarda il gruppo e la sua condizione attuale, devo dire che il ritorno della grande Silvia Mezzanotte li ha fatti risalire moltissimo nella mia stima, ascoltare "Sei tu" (brano dell'ultimo Sanremo) per capire di cosa parlo. La Faccani, vocalist precedente, con il suo virtuosismo mi andava subito in stufo. Ed ecco "Fotoromanza" cavallo di battaglia di Gianna Nannini. Il brano non è malvagio, io però, pur non essendo per niente una fan della rocker senese, elevo a capolavoro "Ragazzo dell'Europa", ballata larga e sinuosa. Narra una leggenda metropolitana delle tante che girano sul mio conto, che io una volta avessi suonato "Vamos a la playa" con una pianolina per bambini (è possibilissimo dato che io sono nata nel 1983!). I Righeira, gruppo che ha sfornato questo hit in pseudo spagnolo, non aveva solo questo brano tra i suoi classici, bensì anche "L'estate sta finendo". Ballata in maggiore per mascherare la tristezza, testo banalissimo, racconto di un'amore la cui fine coincide con l'estate (se affrontiamo questo repertorio cento volte meglio "La fine di agosto" di Little Tony). Andando avanti continuiamo a sprofondare nella palude musicale italiana (si salvi chi può!) perché troviamo "Noi ragazzi di oggi", brano presentato da Luis Miguel, che per questo è considerato qui poco meno che una nullità, ad un Festival di Sanremo di metà anni Ottanta. Il brano, scritto dal Salvatore nazionale (ovviamente Toto Cotugno) è un inno ai ragazzi degli anni Ottanta e alla loro purezza di spirito, ricalcando la struttura, sia testuale che musicale, di un'altra meraviglia brutta del Toto dal titolo "Figli". Mi va di spezzare (credo d'averlo già fatto ma si sa sono logorroica!) una lancia a favore di Luis Miguel. A parte questa insopportabile parentesi italiana, veramente sottoterra, il messicano ha sfornato capolavori, specialmente quando ha reinterpretato i boleros latino-americani nei dischi "Romances" e le canzoni Rancheras con i Mariachi messicani. Dal Festival di Sanremo 1986 viene la prossima traccia, quella "Adesso tu" a cui regalò la vittoria la stupidità di Arbore che non volle vincere Sanremo col "Clarinetto", pur essendo stato il più votato. Il brano è veramente insopportabile, sia per la voce del nostro, anche se ancora all'epoca era udibile, che per la musica completamente sintetica, che per il testo molto (moooolto) banale. Risaliamo un po' di livello con "Si può dare di più", brano che vinse la kermesse sanremese l'anno successivo. Non è sicuramente tra i brani migliori dei suoi interpreti (Tozzi-Morandi-Ruggeri), ma almeno ha una sua personalità innegabile. Come si sa, poi, è diventato l'inno della Nazionale Cantanti, squadra di calcio che gioca per scopi benefici. Dal 1988 viene un capolavoro ("Volare, oh! oh!"), il brano vincitore di quell'edizione di Sanremo, la tragica, bellissima e difficile "Perdere l'amore". L'album di Ranieri che la contiene serba notevolissime tracce, riscoprite almeno "Pierina" e "Acero bianco". Stupenda, eseguita con la secchezza di una voce ed una chitarra, è "Villanella ch'all'acqua vai", brano antico napoletano che chiude il disco. All'epoca Ranieri ancora non si era convinto di dover ripulire la canzone napoletana per poi sporcarla con ciò che gli pareva! Andando avanti troviamo una delle canzoni più brutte di un grande cantautore italiano. Mi riferisco a "Viva la mamma", hit del 1989, di Edoardo Bennato. Diciamo che qui ci sono vari fattori di cuore che mi fanno essere legata a questa canzone, ma devo dire che tutto quell'album, che fra l'altro mi fu regalato in cassetta da un amico, non rappresentò poi niente di così significativo per me. Se dovessi nominare qualche traccia particolarmente amata da me, sinceramente non ho dubbi (il disco si chiamava "Abbi dubbi") e dico che non ce n'è nessuna. Sprofondare! E a proposito di hit del 1989, purtroppo tutt'ora ascoltate, c'è "Vattene amore, brano che portò alla moda l'espressione "Trottolino amoroso", che caratterizza come nessuna il ritornello di questo brano. Devo dire che il primo repertorio di Mietta non mi dispiaceva, mi ricordo volentieri di brani come "Dubbi no" o "Volano le pagine", ma di "Vattene amore" me ne scorderei volentierissimo. "Sotto questo sole" di Francesco Baccini e i Ladri di Biciclette (gruppo capeggiato da Paolo Belli) continua questa selezione. Il brano è un swinghettino carino, i due hanno voci particolari e piacevoli, bella chicca della mia infanzia. Per quanto riguarda Baccini devo ammettere che il primo repertorio, forse i primi due album, mi piace abbastanza, ho già più problemi con Belli e tutto quello che lo concerne. Di Baccini trovo bellissima "Ti amo e non lo sai", mentre di Belli (solista) trovo geniale "Angelo angelino". Dal 1990 viene "Attenti al lupo" del grande e compianto (terribile la sua morte, ancora non ci credo!) Lucio Dalla. Il brano è giocoso, ma credo che sotto il gioco nasconda un messaggio importante: non dobbiamo mai essere preda della paura (peccato che certa politica venga invece fatta sulla paura e così, specialmente quelli di una certa parte, vincono sempre!). Curiosità riguardo questa canzone potrebbe essere per molti italiani la versione in spagnolo, che in messico veniva lanciata da una tv che ora credo inesistente chiamata Tele hit, la cui programmazione il finesettimana veniva emessa dal canale Galavisión. Bella anche in castigliano, il bolognese aveva una bella pronuncia. Sono molto legata al primo disco degli 883 (avete presente "Hanno ucciso l'uomo ragno"?). Mi ricordo la maniera in cui irruppe questa canzone nelle radio, quando ancora queste erano libere di trasmettere e non esisteva il forte condizionamento che sta portando alla morte civile della radio via etere (il web: radio alla riscossa!). Il brano è molto carino, va detto che in quel modo Max Pezzali (voce degli 883) dava il massimo, dopo, quando è passato il primo impatto, la delusione è stata cocente. Mi ricordo che avevo almeno due persone nella mia cerchia che erano fanatici del gruppo: uno era un mio compagno di scuola e l'altro era mio cugino. Quest'ultimo aveva una cassettina di questo disco, mi piaceva da morire un brano che non so quanto sia conosciuto, la ballata "Con un deca". Il secondo disco degli 883 ancora fece in tempo ad entrare nella mia vita, dandomi stimoli interessanti, dopo c'è stata la morte! Andando avanti si trova il brano che dà il titolo al cd che sancisce per me l'inizio dell'inarrestabile declino di Vasco Rossi. Il cd si intitolava "Gli spari sopra", brani di rock banale e falsamente duri, solo equilibrati da una bella "Gabri", ma già mancava l'ironia e soprattutto la voce del nostro si stava facendo inascoltabile. Mi pare poi che questo essere sempre arrabbiati spesso nasconda anime deboli. Dio mio! Entriamo nell'anno della discesa in campo del "Grande capo", e ci entriamo con uno degli hit di Lorenzo Jovanotti, tratto dal suo disco "Lorenzo '94". La frase che mi ha sempre fatto un po' ribrezzo di questa canzone è: "Serenata rap, serenata metropolitana: mettiti con me, non sarò un figlio di p..." . L'unica cosa che rende meritorio questo brano è la rivalutazione del mandolino, che da noi, forse perché è nello stereotipo "pizza, spaghetti e mandolino" , viene snobbato. Divagazione: cosa dovrebbe fare la Spagna col flamenco? Lo dovrebbe snobbare insieme alla corrida? Loro, signori miei, sono orgogliosi delle loro tradizioni, noi no! E non mi venite a dire che tutta questa contaminazione sfrenata è segno di orgoglio: è segno solo della nostra grandissima inferiorità! E anche nel secondo cd torna Eros, con il brano che aveva lanciato il cd "Dove c'è musica". Le uniche canzoni che riesco a sentire di Ramazzotti sono le prime, quindi ovviamente questa traccia la disapprovo! Grande il brano che segue, peccato il primo interprete ed autore. Il brano è "Oggi sono io" di Alex Britti, il quale però vale solo come chitarrista, non appena canta, come diremmo dalle nostre parti, "s'arvultica tutto!" (tutto fa un giro completo opure va tutto sottosopra). Ovviamente migliore è la voce di Mina, che dove ha belle melodie ancora riesce ad arrivare a livelli molto alti di emotività (pensate a "Questa canzone", brano che ha lanciato il suo ultimo cd "Piccolino"). Il brano di Britti ha molti spunti armonici interessanti di matrice jazz-blues, il problema del Britti è che non va oltre quello! Un anno prima del cinquantenario della Vespa (che si sarebbe festeggiato nel 2000) i Lunapop, capeggiati dal giovane Cesare Cremonini, le hanno tributato un omaggio con la canzone "50 special", tratta dal loro primo ed unico disco "Squerez". Il brano è orecchiabile ma niente di che, idem dicasi per tutto il disco. Di cremonini dico solo che come autore è bravo, nonostante che come cantante non valga un granché (non so come Dalla potesse stimarlo!). Entrando nel nuovo secolo si ascoltano le sorelle Iezzi (Paola e Chiara) con un hit dance davvero orribile, dopo la quale ne hanno sfornate tante sempre sulla falsa riga di questa. Questa è "Vamos a bailar (esta vida nueva)", perché in quel periodo eravamo sommersi da pezzettini spazzatura che si ispiravano al mondo latino-americano (vi ricordate di "Bailando bailando" delle Paradisio che Leone di Lernia aveva parodiato con "Magnando magnando"?). Il pezzo delle Iezzi è veramente orribile, d'altronde loro azzeccarono solo "Amici come prima", primo singolo della loro carriera, poi basta! Su Youtube vidi un video che mi fece abbastanza girare i cosiddetti, in quanto un fan di Fabrizio De Andrè (lui ci si riteneva, non so quanto sinceramente) accusava tutti quelli che avevano scoperto questo cantautore dopo la sua morte di non amarlo con la sufficiente sincerità. Il signore di cui parlo prevedeva quanto segue: alla morte di Tricarico tutti avremmo detto che costui era un poeta, così come tanti avevano fatto per De Andrè. Anche a me, da deandreiana puro sangue quale mi reputo, fa infuriare l'ipocrisia di molte testimonianze d'amore nei confronti di De Andrè, ma divido i suoi fans in sinceri ed insinceri, non sto a guardare se lo hanno amato anche in vita o solo dopo la morte. Tutto questo preambolo, dopo il quale ho volutamente saltato una riga, per entrare nel discorso Tricarico. A differenza di De Andrè costui è completamente stonato, a differenza di Faber scrive testi forse piacevoli ma banali, addirittura nel primo veniva definita "Puttana" la maestra. Che ci siano buoni e cattivi maestri è obiettivo, ma la parola "puttana" è inassociabile ad un termine così sacro come "maestra". E proprio questo brillante esempio di poesia autobiografica ritroviamo sparato in questa compilation, "sprofondare, oh! oh!" (Mimmo, m'hai perdonare). Del 2001 è la bella "Luce (tramonti a Nord-est)", cantata da Elisa e scritta per lei da Zucchero. Come ricorderete arrivò tra le prime a quel Sanremo, brano molto toccante di sicuro, forse io non avrei fatto una compilation così ma questa è Radio Italia solo musica italiana, l'"amica che ti tiene compagnia" con cose scontate per tre quarti del tempo. Dio santo arrivano i pugliesi! Raffaele Riefoli, in arte Raf, arriva con "Infinito", brano che aveva lanciato il cd "Iperbole". Il cantante, dopo essere stato tra i pionieri della dance italiana, sperimentava quasi il rap, con questa canzone su un amore che finisce ma non finisce. Sulle lacune di questa compilation e su come l'avrei fatta io magari avremo tempo di tornare. Per ora vi dico che in generale la trovo piuttosto banalotta! Nel 2001 la tripolitana Valeria Rossi ci voleva dare "tre parole", in un brano con una musica banale e monocorde, cantato con una voce monocordissima. Di quel suo disco d'esordio era molto più carina "Luna di lana", se non altro lì si giocava con le parole sino ad ottenere una filastrocchetta quasi popolare. E chi si può scordare gli inizi del "Ragazzo di ferro"? Tiziano Ferro, prima di rivelarci la sua notevole vena come autore, era nato come interprete di R&b ed hip hop, perché anche da noi erano esplosi fenomeni come Eminem o Paf Daddy. Il brano che ce lo aveva fatto conoscere era "Xdono", perché all'epoca si incominciava "la guerra santa dei pezzenti" (Guccini: chiedo venia per la citazione da "La locomotiva") contro l'italiano. La canzone è veramente patetica, insomma il protagonista, dato che siamo nel clima natalizio (e tutti siamo più buoni) chiede alla propria innamorata di perdonarlo. Su tiziano ferro dico che è sicuramente cresciuto, anche se dal vivo continua a stonare come un dannato. Per ascoltare un brano scritto da lui ed interpretato bene, benissimo!, si può ricorrere a "Il re di chi ama troppo", scritto per Fiorella Mannoia e contenuto nel suo cd "Il movimento del dare" (2007). Sul prossimo brano ho un ricordo curioso: in una delle mie puntate di Sarabanda come campionessa, fu invitata la mia classe. Ancora mi ricordo che capitò questa canzone e tra le mie compagne c'era una fan del "magico Liga" a cui io dedicai segretamente questa risposta che fu, ovviamente, corretta. Il brano, nonostante ciò, non mi piace, d'altronde di Ligabue amo solo i primi due o tre vinili poi è finita. Come Vasco trovo che sia andato verso una banalizzazione musicale troppo smaccata, quindi non lo reggo. Il brano è "Questa è la mia vita", mentre io di Ligabue consiglierei la riscoperta di "Metti in circolo il tuo amore", "Non è tempo per noi" (da studio, ovviamente!) ed "Ho messo via". Andando avanti con la track list di questa compilation, visione secondo me settaria della musica italiana, si trovano i Tiromancino. Non ho mai sopportato la voce di Federico Zampaglione, troppo dolce e sprovvista di potenza, non mi è mai andato giù il suo modo di scrivere testi... Il brano sarebbe anche bello se... Fabri Fibra non avesse deciso di coverizzarlo, scrivendo un testo da rapper cattivo (quale lui ritiene di essere) che ha come ritornello una particina di questa canzone. Dio santo!Mi ricordo ovviamente del brano successivo, non si sentiva altro nelle radio una decina di anni fa, era l'inizio della carriera di uno dei gruppi più sconclusionati della musica italiana, mi riferisco alle Vibrazioni. Il brano musicalmente è anche carino, sono interessanti gli accordi della strofa, difatti quello che rende questo gruppo "sconclusionato" è il suo scrivere testi insensati. Riascoltare il ritornello di "Vieni da me" e "trasecolare" (parola che credo perugina e che noi intendiamo come fare una faccia moooolto stupita!). E siamo arrivati ad una delle pochissime canzoni davvero belle uscite negli ultimi vent'anni, quella "Gocce di memoria" utilizzata da Ferzan Ozpetec per la colonna sonora del suo "La finestra di fronte". Il brano è una bella ballata corposa, melodica ed aperta, con un testo romantico rafforzato da una grande interpretazione di Giorgia e da una bellissima orchestrazione. Il fatto è che Giorgia ha un modo di cantare abbastanza prevedibile (contrariamente a Mina e Mia Martini), quindi per me l'interesse dell'ascolto si affievolisce subito. E come non poter nominare l'ambasciatrice dell'Italia in tutto il mondo, la Lauretta nazionale. La canzone di cui bisogna parlare è una di quelle dove la cantante urla perché ha capito che il suo destino è scimmiottare i nordamericani se vuole vincere Grammy o premi altolocati da quelle parti. Il brano è "Resta in ascolto" e dava il titolo ad un cd che aveva portato alla cantante romagnola grandissime soddisfazioni. Di Laura Pausini, praticamente, a me piacciono solo due o tre canzoni del primissimo periodo, fino al 1996, dopodiché ciao! Negli ultimi anni le radio si sono rese colpevoli di numerosi scempi, specialmente quello di aver dato notorietà (effimera, come è giusto che sia, ma comunque e sempre notorietà) a gruppi di nessun valore. È questo il caso degli Sugarfree, gruppo siciliano che portò il brano "Cleptomania" ad uno degli ultimi Festival di Sanremo. Il brano è una tipica canzone d'amore, che per mascherare la banalità del testo ricorre a trovate musicali non proprio trascurabili, ma ciò non toglie che non resta. Come molte delle canzoni che si fanno ora, e non lo dico per nostalgia, anche questa non si canta! Di Francesco Renga parlai bene già in un'altra occasione, è sicuramente bravo, forse però è vittima della pretesa di taluni cantanti di formazione rock appassionati di melodia, di voler fare il melodico pur mancando completamente di timbrica adatta. Difatti, dico io, per cantare brani di formazione o matrice italiana si possono avere due tipi di timbro: o quello da cantore popolare (vedasi Baglioni) o quello impostato di certi cantanti lirici, vedasi tenori come Tullio Pane, Franco Ricci o l'attuale Bruno Venturini (tutti e tre partenopei!). In questo cd troviamo "Angelo", canzone con cui Renga vinse il Festival di Sanremo 2005. Sicuramente la canzone è corposa, ma se ci vogliamo dedicare a brani scritti per i figli io preferisco pensare alla tenerissima "Fiore di maggio" di Concato. Sempre da quel Festival di Sanremo viene "I bambini fanno Oh", canzone molto stupidina del cantacameriere Giuseppe Povia. Io dico che, in una compilation con pretese storiche come questa di Radio Italia solo musica italiana, si sarebbe potuto fare un po' più di ricerca e andare a ripescare ad esempio una "Colpevole" di Nicola Arigliano. Questo fossilizzarsi sui successi, seppure forse rende a livello di vendite, allontana i veri cultori della musica, maggioranza di coloro che ancora acquistano i cd come qualcosa di materiale e non come mp3 da acquistare a 90 centesimi l'uno e poi mettere in anonime playlist. Andando avanti si trovano gli Zero assoluto (almeno sono stati sinceri nel darsi il nome!)con il brano che li ha lanciati al grande pubblico. Il brano in questione è una specie di ballata con qualche richiamo americaneggiante (era già passata la moda del sudamerica, siamo tornati pecorelle conformi al padre-pastore!). Le voci sono insipide, voglio riconoscere il fatto che sia carina una loro canzone dal titolo "Per dimenticarti". Comunque non mi sta convincendo questa track list! Dal Festival di Sanremo 2007 viene "La paranza", giochettino estivo di Daniele Silvestri, con leggeri richiami politici (perchè per evadere spesso si fa finta di "Evadere dall'evasione"). Il brano è un'ignominia, utilizza malissimo i ritmi sudamericani (quantomeno non campiona pezzi degli Inti-Illimani ed è già tanto per il signorotto!). Dalla stessa edizione del Festivalone viene anche "Ti regalerò una rosa", canzone di Simone Cristicchi dedicata alla malattia mentale. Sarà anche bella ma io credo che il più bel brano su questa tematica è "Sognando" del grande Don Backy, che da quarant'anni a questa parte soffre il più totale ostruzionismo da parte dei mass media. Il pezzo di Cristicchi fu impreziosito, si era già diffusa la mania dei duetti tra i big di Sanremo, dalla partecipazione del grande Sergio Cammariere, quell'esecuzione è l'unica secondo me degna di essere ricordata. Ricordo dei versi di una ballata di Mauro Geraci intitolata "Il fischio del cantastorie", con cui il siciliano trasferito a Roma replicava a Giovanna Marini e Francesco De Gregori, che in numerose presentazioni della loro opera congiunta dal titolo "Il fischio del vapore" avevano fatto una rappresentazione a dir poco sbagliata della situazione della musica popolare (intesa come l'intendo io, per me il pop è musica leggera) in generale e dei cantastorie in particolare. I versi del siciliano più o meno facevano così (non metto tra virgolette perché non sono sicura): cantar contro le guerre, contro le mafie e per le paci, è facile farlo, tutti ne son capaci. Dimostrazione di ciò è "Pensa", brano che, sempre dal Festival di Sanremo 2007, continua la track list di questa compilation. Il brano è un rap, perché oggi è l'unico genere che si può fare se si vuole essere impegnati (trovatemi un americano che canta all'italiana, ve ne straprego!). Il testo magari è anche bello ma è banale, poi ormai certi argomenti sono talmente inflazionati che non fanno nemmeno più effetto (prima era di moda tirare strali a Berlusconi, ora quasi tutti cantano contro la crisi). E come dimenticare i talent show, rovina della musica italiana perché illudono una generazione? Da "X factor" ritroviamo una cantante che al primo ascolto può anche colpire, difatti è dotata di una voce alquanto particolare. Il problema è che... è una voce facilmente imitabile. Mi riferisco a Giusy Ferreri. In questa track list si ritrova quello che è stato il suo primo successo personale, un brano dal sapore vagamente bacarackiano, "Non ti scordar mai di me". Il canto di Giusy Ferreri utilizza il singulto alla Tony Williams come già aveva fatto cinquant'anni fa Dallara (insomma niente di nuovo sotto il sole!). E a parlare di Festival di Sanremo si continua, con Rosalba Pippa, cantante lucana che, sotto il nome d'arte di Arisa ci aveva in primis ricordato le virtù della "Sincerità" nelle relazioni umane. Non negherò la simpatia del brano, ma ne urlo comunque la gran banalità. Lei poi ha una voce quasi inascoltabile, anche qui un timbro privo di potenza ad euquilibrare la dolcezza. Ancora dal Festival di Sanremo proviene "Come foglie", brano che Giuliano Sangiorgi, cantante dei salentini Negramaro, scrive per Malika Ayane. La ragazza ha certamente un bel timbro, però il lamento che lo caratterizza sicuramente dopo un po' stufa. Il brano è tipicamente alla Sangiorgi, va detto che il ragazzo ha stile! Ed ecco che ascoltiamo questo stile anche a livello canoro, difatti andando avanti si trova la sicuramente non banale "Ti vorrei sollevare" che il nostro canta con Elisa. Il brano ha una struttura tra il melodico ed il rock alternativo, un testo molto bello ed aperto. L'unica parte che desta in me grandissimi dubbi di trucco è quella a cappella: siamo sicuri che le voci non sono filtrate? Ed eccoci ad una che non ha bisogno di farsi filtrare la voce. Mi riferisco a Noemi, di cui ascoltiamo con estremo piacere "Per tutta la vita", brano che aveva portato nella sua penultima partecipazione a Sanremo. Anche qui si rivela una struttura melodicamente aperta ed interessante. L'unico neo della voce di Noemi, ma potrebbe essere solo dovuto alla sua ancora giovane età, è la prevedibilità di troppe sue espressioni. E sempre dai Talent Show, a questo giro da Amici, proviene Pierdavide Carone, ottimo cantante ed autore, che interpreta una sua composizione dal titolo "Di notte". Il penultimo brano è "Arriverà", seconda classificata al Festival di Sanremo 2011, brano portato dai Modà ed Emma. Il brano sarebbe anche bello se non fosse troppo urlato. l'ultima traccia è "Distratto", della vincitrice dell'ultimo X factor, Francesca Michielin. Forse il problema è la voce troppo felpata, difatti il brano, scritto da Elisa, è bello. Compilation di parte, scontata, ma d'altronde solo una playlist di questo tipo poteva rappresentare l'attuale (e solo l'attuale!) fase di Radio Italia. Sono lontani i tempi in cui il canale ospitava anche canzoni napoletane o momenti dedicati al jazz all'italiana.

martedì 20 marzo 2012

Una stupenda comunicazione di servizio

Carissimi lettori, sono particolarmente felice di poter aggiornare questa mattina il mio blog con una comunicazione di servizio (a tutti!).

Ho trovato, finalmente, l'opzione che permette di ricevere i commenti ai post per email, quindi ora i vostri commenti mi arriveranno e vi risponderò (gli utenti a cui ho risposto sarebbero pregati di farmi sapere se gli sono effettivamente arrivate le risposte, in quanto, contrariamente a Youtube, mi manda per posta qualsiasi commento io pubblichi, anche i miei!).
Comunque ora possiamo interloquire meglio, direttamente dai commenti sul blog, qualsiasi curiosità vi attanagli sarò molto felice di togliervela.

venerdì 16 marzo 2012

Da popon all'Officina.

Un po' di tristezza m'assale, in un giorno in cui l'unico sito che io ritenevo decente decide di chiudere (colpa del Dio denaro, o meglio della sua cecità).

Se io sapevo di tutto ciò che accadeva nel campo della musica d'autore era per merito di www.popon.it, ottimo sito diretto ed ideato da Paola De Simone, giornalista abruzzese che ora conduce il settimanale della musica italiana su Imblu.

A questi miei amici (sconosciuti ma sempre amici) io do un arrivederci ("questo sarà l'addio ma non pensiamoci..."), dicendo che anche musicadautoredintorni diventerà orfano d'un padre.
Difatti, seppure www.pizzicata.it è tornato ma è fermo, sta di fatto che la musica d'autore ora sarà più difficile da seguire (un conto è decidere di non parlare delle cose per scelta, un conto è non parlarne per ignoranza).

Mi dovrò accontentare del web e di qualche giornale online, di qualche notizia casuale durante i tg (che comunque parlano più di arti visive che di musica...), insomma sarà il caso a farmi sapere le cose.

Consoliamoci con una chicca officiniana imperdibile.

Telerama, canale locale salentino, ha intervistato Lamberto e Cinzia (con la presenza del gruppo al completo) e i musicisti interpretano anche alcuni brani live.
Da godere!

Il video è un pochino difficile da cercare, buona pesca, buona fortuna e buonissima officinata!

giovedì 1 marzo 2012

Ciao Lucio

Carissimi lettori, anche oggi devo aggiornare questo diario aperiodico sulla musica, ma se spesso lo faccio con grande piacere, oggi lo faccio con il cuore che si spezza.

Come avrete saputo dai media ufficiali in questo giorno si è spento lucio Dalla.

Chi ha letto queste mie note sulla musica sa quanto io abbia amato ed ami questo cantautore.

Aiutata solo dai miei ricordi e così come mi verranno in mente, proverò a scrivere delle "istantanee in prosa" su questa grande figura della musica a tutto tondo.

Non mi ricordo di me senza la musica di Lucio Dalla, il primo ricordo completo è legato ad una cassettina (di cui ho scordato il titolo) dalla quale io amavo pazzamente ascoltare "Sulla rotta di Cristoforo Colombo", canzone scritta da Edaordo De Aangelis, con quelle sue tinte latineggianti che hanno sempre volente o nolente contraddistinto lo stile di questo cantautore e produttore romano.

L'interpretazione di Dalla è suadentissima, nonostante che all'epoca la sua voce fosse da tenore puro, senza quelle coloriture basse che la rendevano così sensuale quando lo si sentiva parlare, sia in tv o per averlo conosciuto direttamente (a me è capitato ma avremo occasione di parlarne tra un pochino).

Un'altra istantanea che potrebbe raccontare il mio rapporto con Dalla è rappresentata da un disco che solo qualche anno fa ho recuperato personalmente, mi riferisco a "Dallamericaruso". L'album è il primo disco live da solista del nostro (il precedente era stato "Banana republic" con De Gregori ma ne parleremo).

"Dallamericaruso" è registrato con gli Stadio di Gaetano Curreri, che avevano accompagnato Dalla in alcuni storici lp degli anni Settanta, in primis i due "Dalla", usciti tra il 1978 ed il 1980.

La cosa bella di questo cd è l'atmosfera di profonda empatia tra il cantante ed il proprio gruppo. Infatti, contrariamente agli storici "Album concerto" (di Guccini ed i Nomadi) ma soprattutto a quei due dischi che De andrè fece con la P.F.M, questo cd non viene da un'esperimento, ma è un ritratot di qualcosa di più ampio.

Il disco si apre con "Caruso", che per me comunque è il moemnto meno bello di tutto l'album. Sinceramente, difatti, non trovo compatibile la voce di Dalla con le atmosfere che impregnano quella canzone, ossia con il mondo del melodramma.

Le cose serie, secondo me ripeto, iniziano con lo snocciolamento da parte di Dalla di versioni folgoranti (è dire poco!) dei suoi maggiori successi.

Da monumento è innanzitutto "Balla balla ballerino", che con l'arrangiamento musicale più rock vede rafforzato il suo testo, già di per sé folgorante. Mi piacciono, qui e per tutto il disco, gli impagabili controtempi della voce di Dalla, che ama far diventare suoni le parole (chi mi ha sentito cantare sa che è raro il momento in cui io faccio questa cosa, ma ciò non toglie che stimo chi la sa fare, da Dalla a Cinzia Marzo!).

Tornando a Dalla e a "Dallamericaruso è bellissima anche "Viaggi organizzati", la cui versione da studio mi desta però profondissima delusione. Nella versione dal vivo sono bellissimi gli accompagnamenti blues che permettono a Lucio Dalla di snocciolare i suoi controtempi da cantante jazz, difatti lui, se non nell'ultimo periodo quando aveva riscoperto l'opera e la melodicità, aveva sempre amato provocare l'ascoltatore non dandogli mai la possibilità di cantare, lasciandolo piuttosto estasiato e rapito dai suoi personali virtuosismi.

Altro brano particolare di "Dallamericaruso" è "4 marzo 1943", che qui perde la sua anima fadista per diventare un canto dal ritmo inclassificabile che sfocia in un finale swing molto convincente.

Tra le versioni live di questo brano è deludente (e sono eufemistica) quella di 2Banana republic", che per altri brani è invece rimasto insuperato, specialmente però per quanto riguarda il repertorio degregoriano. Si ascolti (e si vada in estasi!) la versione di "Quattro cani", dove Dalla delizia gli uditori con un assolo dei suoi col sassofono (bomba!).

Un altro disco che ritengo fondamentale è "Cambio", che io ho amato pazzamente (e lo amo ancora, ovvio!). Al di là della sempre gradevole "Attenti al lupo" (che mia nonna adora...) vi trovano spazio dei gioielli rari come "Comunista" (su testo di Roversi) e "Le rondini". Quest'ultima è una delle canzoni più sognanti che io abbia mai sentito, ha un respiro quasi felliniano.

Stupendo, e giustissimamente tra i dischi più conosciuti di Dalla, c'è "Canzoni", edito nel 1996.

la prima traccia del disco è "Ayrton", con la quale Dalla riprende, maturandola, personalizzandola e perché no stravolgendola, l'idea che fu della bellissima "Nuvolari" di "Automobili" (1976). Il brano questa volta non ha l'incedere da corsa quasi cinematografico del classico citato, qui si assiste ad una ballata lenta ed intima, dove perfino la chitarra elettrica finale si strazia per la morte del grande pilota brasiliano.

Altro successo (meritatissimo!) è "Tu non mi batsti mai", brano che ad un ascolto superficiale e con pregiudizi può sembrare perfino pacchiano, mentre secondo me è un esempio interessante di resa moderna della serenata. La canzone, oltre ad averci un buon testo, è resa il capolavoro che è dalla musica. Il tappeto di strumenti acustici la rende raffinata e leggera, davvero impagabile.

Non ho sicuramente redatto un articolo all'altezza della circostanza, quando ti si strazia il cuore è impossibile scrivere con rilassatezza.

Ciao Lucio, tornatene insieme ai tuoi grandi maestri ed amici Murolo, De Andrè e compagni, ora tocca a loro godere la tua arte!

martedì 28 febbraio 2012

Giancarlo Paglialunga: "T'amai"

Carissimi lettori, oggi ho il particolare piacere di recensire il pregevole lavoro di Giancarlo Paglialunga, intitolato "T'amai" ed uscito l'anno scorso per l'animamundi.

Ve ne parlerò con i brani a zig zag, ma ve ne parlerò comunque in maniera completa.

La prima traccia di cui abbiamo il piacere di parlare (ed è piacere vero, è festosa, anche se magari il virtuosismo esagerato della fisarmonica di Rocco Nigro e del violoncello di Redi Hasa la fanno un po' reprimere, peccato!) è "Ahi quante pene", uno stornello dove si utilizza la tecnica di canto degli Ucci, gruppo d'anziani di Cutrofiano (LE), con la tipica sfida tra due voci, ognuna dedicata ad un distico. Qui la sensazione è ancora più forte, perché le due voci sono quella ruvida di Paglialunga e quella dolce ma potente di Rachele Andrioli (ex cantante degli Officina Zoè, che qui trova finalmente un suo contesto, forse tra lei e Cinzia non c'era empatia vera...).

Continuando si va alla traccia d'apertura del cd, che viene ripresa dal film "Pizzicata" di Edoardo Winspeare. Lì viene interpretata in maniera pregevole dalla voce atavica di Pino Zimba e (credo) da una acerba, ma già brava, Cinzia Marzo. La versione che ne dà Paglialunga, sempre coadiuvato dalla notevole voce di Rachele, è resa forse un po' troppo contemporanea (come se il "contemporaneo" potesse essere elevato a categoria astratta o quasi) dai soliti accompagnamenti di fisarmonica e violoncello. Va comunque riconosciuto ai due strumentisti che molto raramente si lasciano prendere la mano, in fondo eseguono un leggerissimo "basso" che dà più corpo al canto, che resta libero come era nella vera tradizione salentina dei canti polivocali.

Il testo di questo brano, pur non essendo tra i più noti della tradizione salentina, è reperibile in versioni pregevoli come quella del Canzoniere Grecanico Salentino (a guida Daniele Durante) che la registra nel cd "Alla riva del mare" col titolo di "Lu carderaru".

Andando avanti con il cd di Paglialunga, si ascolta una bella versione de "La cerva", sulla melodia cantata tra gli altri da Giovanni Avantaggiato. La canta completamente Rachele, e fa piacere sentire questa voce al contempo limpida e potente (seppure senza l'imprevedibilità magica di quella di Cinzia).

Andando avanti si ascolta, nel cd la trovate alla fine, una bella (sarebbe meglio che la fisarmonica non fosse proprio entrata!) versione della "Pizzica di Tora Marzo". Qui non si fa un omaggio all'orchestrina di Stifani (come accadeva nella forse migliore interpretazione di Anna Cinzia Villani nel cd "Ninnamorella", uscito sempre per l'Animamundi nel 2008) ma a salvatora Marzo, detta "Za Tora", che ha insegnato a Paglialunga la tecnica di tamburello.
La fisarmonica addirittura fa un giro in minore, insomma a me non arriva.
Sulla stessa traccia, e qui miglioriamo assolutamente, abbiamo una "Vorrei volare", brano che omaggia, come si era visto per "Ahi quante pene", gli Ucci. Questo, a differenza dell'altra traccia a cui è stato paragonato, omaggia la "seconda vita" del "patriarca della pizzica", ossia gli ultimi anni di Uccio Aloisi.
Le due voci, Paglialunga e la Andrioli, si rimpallano le strofe, ma non fa contrasto la differenza di tonalità.

Su un ritmo di pizzica lenta portata con una botta particolare che alterna un battito più debole ad uno più forte, arriva "Puttana le pardisti le carizze". Questa canzone in fondo è la versione "integrale" di "Quantave", raccolta da Brizio Montinaro nel suo storico lavoro, portato avanti negli anni Settanta, ed uscito sotto il titolo di "Musiche e canti popolari del Salento" in vinile per l'Albatros, poi in cd grazie alle Edizioni Aramirè di Lecce.
Il brano è interpretato da Dario Muci e Giancarlo Paglialunga, con l'aiuto fondamentale di Claudio Pusterla al secondo tamburello (il primo ovviamente è Paglialunga stesso).
Qui il canto calcato di Muci non dà fastidio (io ovviamente preferisco chi non calca) perché non ha sotto gli strumenti moderni (e lo sapete che secondo me se tu vuoi cantare moderno devi suonare moderno, non puoi cantare tradizionale, ossia imitando gli anziani e poi farti accompagnare da una batteria, un basso e una tromba!).

Andando avanti si ricorda Pino Zimba, ma non nel periodo di successo con l'Officina, bensì con uno di quei canti del suo repertorio "di famiglia" intitolato "Quando lu Zimba face lu pane", qui chiamato solo "Quando lu Zimba". Fa strano sentire il tamburello che inserisce delle terzine nel ritmo di valzer, ma non dà fastidio. Per ascoltare questo brano basta andare sul canale delle Edizioni Animamundi su Youtube all'indirizzo www.youtube.com/animamundiedizioni.

Andando avanti si ascolta una bella "Rindineddha", dove inizialmente il violoncello esegue il semplice basso, per poi, quando entra una bellissima tammorra muta che innesta atmosfere portoghesi, eseguire dei "pizzicati", a cui ogni tanto vengono affiancati degli assoli con l'arco tramite le sovraincisioni. Il canto è molto diretto, è romantico, rivaluta il tipico modo lidio con la quarta aumentata sulla scala (in pratica se siamo in la, come in questo caso, al posto del re abbiamo un mibemolle).

Andando avanti arriva un brano che io reputo forse tra i meno riusciti di questo cd, una "Rumba del carcerato" (chi mi conosce sa la mia proverbiale allergia agli arrangiamenti latino-americaneggianti del folk italiano, ad ognuno il suo, grazie!).
La melodia è una delle più utilizzate dagli anziani e una delle meno riproposte (meglio!), per ascoltarla con un testo diverso e cantata da una contadina, Pippina Guida per la precisione, si può andare a cercare il cd "'Ttacca banda" dei Ballati Tutti Quanti (2005, autoprodotto).
Il tamburello non dà nemmeno fastidio, solo che l'esagerazione delle armonie della fisarmonica e degli arrangiamenti del violoncello purtroppo spesso rendono l'ascolto abbastanza pesante.

Il nostro giro continua con "Su rrivatu a San Frangiscu", che Paglialunga riprende direttamente dal repertorio di Uccio Bandello, riportato dagli Aramirè nel loro disco "Bonasera a quista casa" del 1999. La versione di Paglialunga, d'altronde già da lui interpretata con la Salentorkestra, è libera a livello di canto ed è accompagnata da una terzina di pizzica molto arricchita.

E, per finire, arriva la traccia che dà il titolo al cd, che Paglialunga riprende dalle registrazioni di Ernesto de Martino, edite dalla Squilibri e curate da Maurizio Agamennone. La versione di Paglialunga è semplice e gradevole, fa solo strano (ma non è fastidioso) il contrasto tra violoncello e cupacupa.

Nell'insieme è un bel disco, si gode bene, certo non ha la festosità che molti di questi brani hanno (almeno per me) nelle loro versioni tradizionali.

lunedì 13 febbraio 2012

Parlando del concerto di Spello dei Musicanti del piccolo borgo

Carissimi lettori, oggi scrivo una recensione molto particolare, sia perché recensirò un concerto a cui ho assistito ma a distanza di molto tempo (contrariamente al solito), sia perché la recensione mi è stata richiesta o quasi.

Il concerto in questione è avvenuto il 6 gennaio 2012 alla Chiesa di San Claudio di Spello (PG) ed ha avuto come protagonisti i "Musicanti del piccolo borgo", ottimo gruppo di musica popolare molisana e laziale, ma che ama sconfinare anche verso la Campania la Puglia,, la Calabria, la Sicilia (e se è per questo anche la Romagna, tra un po' se ne parla).

Il concerto sarà recensito dalla fine all'inizio in quanto così me lo posso riascoltare grazie al fatto che l'ho caricato sul mio canale di Youtube all'indirizzo www.youtube.com/valentinalocchi.

Il concerto si è chiuso con "La leggenda del lupino", una bella canzone campana dedicata alla leggenda secondo la quale Maria abbia salvato suo figlio dalla Strage degli Innocenti riparandolo sotto un albero di pino.

L'interpretazione dei Musicanti, come nella loro migliore tradizione, è dolce e festosa al contempo. Questo approccio, che allea ricchezza armonica e musicale alla semplicità atavica e festosa del folklore più puro, purtroppo spesso è incompreso da quelli che si definiscono cultori di musica popolare, mentre per me è il vero futuro di questa musica.
Curioso è il battito di tamburello che, per quello che si riesce a sentire dalle mie riprese amatoriali, accentua la seconda battuta delle nacchere che sembrano invece dare il tempo nella sua completezza.

Il concerto continua, andando indietro ripeto, con una pastorale di Capracotta (paesino in provincia di Isernia dove Silvio Trotta, direttore del gruppo e polistrumentista, è nato). L'inizio, suonato dalla ciaramella strepitosa di Stefano Tartaglia, ricorda "Tu scendi dalle stelle" o, meglio, "Quanno nascette ninno", bellissimo canto napoletano entrato anche nel repertorio dei Musicanti. L'arrangiamento del brano lo fa assomigliare veramente ad una ninna nanna popolare, come se ci potessimo immaginare di poter cantare al Bambinello una specie di serenata d'amore.

Questa sensazione è rafforzata dalle parti in maggiore, dove il mandolino esegue una parte che ricorda da vicino certe "janeiras" del folklore portoghese, sia per la melodia che per la festosità del suono.
Tartaglia, dopo l'assolo di cui abbiamo già avuto occasione di parlare, che introduce mirabilmente questa lunga ma mai stancante pastorale, suona un flauto dolce che dà veramente l'idea della purezza di un passato forse mai esistito.

Ma ad un certo punto si va in sol, e con la inappuntabile precisione dei bassi dell'organetto, in questa occasione addirittura rafforzati dalla profonda dolcezza di un violoncello, si suona la tarantella che ineluttabilmente concludeva ogni buona esibizione di zampognari.
E quando la ciaramella canta, ha naturalmente bisogno della zampogna come bordone quasi orchestrale, quindi Mauro Bassano, prode organettista del gruppo, suona la zampogna in maniera autentica e ricca.

E facendo una sinergia fra nord e sud Italia (perché questa è la nostra musica nazionale, non il pop imposto dai media con l'arroganza di chi sa come vincere ed imporsi) si interpreta "A Cesare gli venne un'ambizione", danza in ritmo binario della zona dell'Appennino modenese che Silvio Trotta, che oltre ad avere i "suoi" Musicanti ha molti gruppi, ha imparato dai Viulan, tre voci tra le più autentiche della zona, tra le quali va citato almeno Lele Chiodi, che canta con Guccini ne "La canzone delle colombe e del fiore" di "D'amore, di morte e di altre sciocchezze" (1996). Nella versione dei Musicanti il brano diventa quasi una tarantella, ma è dolce, per quella necessità di ridare modernamente la leggerezza della musica popolare sempre meno sentita da una riproposta che se non va verso la contaminazione sfrenata va verso il calco (tutte strade sbagliate).

Ilbrano successivo, ripeto che stiamo tornando indietro, si permette un viaggio in Sicilia ed un omaggio ad una delle più belle voci del folklore italiano, la licatese Rosa Balistreri. Il brano scelto, estratto dal vinile "Concerto di Natale" (inciso con i Dioscuri nel 1985) è intitolato "A la notti di Natali" e fa apprezzare la nuova voce dei Musicanti, la foggiana Elvira Impagnatiello. Per quanto riguarda questo nuovo arrivo nel gruppo si può dire che porta un tocco fortemente modernizzante, anche se va riconosciuta la grandissima coerenza stilistica dell'ensemble che fa della mancanza di calco degli anziani forse il suo obiettivo basilare.

E direttamente dal cd "Fiore di tutti i fiori" (2001) arriva questa filastrocca a tempo di saltarello su un pasto luculliano consumato da una sposa il giorno del proprio matrimonio. Notevole è la terzina della battente di Trotta che dà un ritmo instancabile, quasi mitragliato, al brano. Il testo è interpretato da Trotta e dalla Impagnatiello con allegria e dolcezza (imparate suonatori, lo ripeto allo sfinimento).

Questo spettacolo è prevalentemente incentrato su un cd dei Musicanti intitolato "Stella cometa", da questo disco si è già parlato della leggenda del lupino, ora si trova "Dormi dormi" (brano di Sant'Alfonso Maria dei Liguori che in realtà si chiama "Fermarono i cieli"). Il gruppo lo ha dedicato, sia nel disco che a Spello, ai bambini morti nel crollo dell'Asilo di San Giuliano di Puglia, avvenuto il 31 ottobre 2001. La versione dei Musicanti è una canzone dolcissima, ma la ciaramella di Tartaglia grida il dolore in maniera dolce e straziata al contempo, aiutando la già sicura interpretazione dell'Impagnatiello che dimostra tutto il suo valore musicale.

Andando avanti (cioè... indietro!) si arriva ad una delle mie canzoni preferite di tutto il repertorio dei Musicanti. Il brano, tratto da"Fiore di tutti i fiori", è un insieme di due brani, delle "Maitinate" (serie di stornelli che si cantano il 31 dicembre in Molise) ed una quadriglia strumentale (una delle virtù dei Musicanti è quella di non essersi dimenticati del repertorio strumentale da ballo al contrario di quanto fanno molti musicisti soprattutto nel Salento). La "maitinata" è guidata con maestria da Stefano Tartaglia, che ha una voce fortemente caratterizata, oltreché da un raro e prezioso timbro da tenorino quasi barocco, da un particolare tremolo quasi vibrante, che lo porta ad eseguire quarti di tono estremamente naturali,quindi non calcati. Quando Silvio Trotta canta il canto si addolcisce, diventa quasi confidenziale, pur mantenendo la potenza insita nel canto tradizionale.

E senza soluzione di continuità, nella stessa traccia, arriva una fantastica quadriglia strumentale che Trotta esegue con virtuosismo al mandolino, mentre Elvira si dedica alla battente, e Gian Michele Montanaro accompagna, con le sue inconfondibili tecniche moderne ma mai tiranne nei confronti della freschezza dei ritmi terzinati, con il tamburello.

Il pubblico, forse per il gran freddo, non batte le mani se non in rari momenti, spesso guidato dalle mie, che spesso volevano partire ma per pudore non lo facevano.

E continuando questa nostra recensione a ritroso si arriva a "'Ncincirinella", che i Musicanti ripescano da quella gemma rara di bellezza che è il loro ultimo disco "Ecchite maje" (2009). Il brano, come molti brani arcaici, è caratterizzato dall'aternanza di giri d'accordi minori e maggiori, ma questo non fa fare meno festa ve lo assicuro. L'accompagnamento del tamburello, almeno alle mie orecchie, suona come un incrocio tra il saltarello ed una pizzica.

Andando avanti si ascolta "Stella cometa", un testo scritto da Mauro Gioielli, direttore di un altro importante gruppo molisano chiamato "il tratturo". Come è giusto che sia nel clima natalizio si fanno una serie di auguri alle varie categorie di lavoratori della terra e del mare, affinché possano trovare ricchezza nell'anno appena iniziato. C'è da notare il virtuosismo con cui Trotta accompagna questo brano lento, con delle terzine che dànno una grande vivacità nascosta a questa ballata dall'origine probabilmente nordica.

I Musicanti sono nati trentasette anni fa come gruppo di riproposizione del repertorio della Nuova Compagnia di Canto Popolare, gruppo campano fondamentale per capire tutto quello che si è fatto nel folk revival fra gli anni Settanta e gli Ottanta. Dall'lp "Cantata dei pastori" del noto gruppo guidato da Roberto De Simone, il gruppo molisano riprende una bella tarantella intitolata "Nascette lu Messia", che diventa dolcissima, senza mai toccare quella "sanguignità" (per usare un'espressione di Silvio Trotta riguardante la NCCP) che può anche essere ritenuta dura da certe orecchie. Il testo del brano è tronco perché il gruppo ci attacca, sulla stessa melodia ma cambiando il ritmo in una tammurriata resa festosissima dall'organetto, un canto di questua con l'atmosfera della fine dell'anno.

Andando avanti (siamo ormai verso la fine, o verso l'inizio?) si arriva a "Quanno nascette ninno" scritto da Sant'Alfonso Maria dei Liguori. La versione dei Musicanti, rispetto a quella più nota della Nuova Compagnia di Canto Popolare contenuta nella già citata "Cantata dei pastori", differisce sia per l'inizio che per alcune strofe. Il gruppo è fortemente caratterizzato, non fa mai male ripeterlo, da una grande raffinatezza che non proibisce, contrariamente a tantissima riproposta di tutte le regioni italiane, di godere della bellissima semplicità del folklore, che secondo me è la caratteristica che più di ogni altra ha contribuito a questo interesse generalizzato o quasi che attualmente lo investe.

E sempre dal repertorio popolare campano, stavolta non semicolto, arriva "La santa allegrezza", che i Musicanti in disco incidono con un'"introduzione" molisana, ma che qui viene interpretata nella sua versione "ufficiale", con il canto impagabile di Silvio Trotta, che con la sua potente voce di tenore canta i versi facendo capire le singole condizioni dei personaggi. Ed è bellissimo anche il particolare arpeggio di chitarra classica, concepito dal musicista di Capracotta, che accompagna il battimento dolcissimo della chitarra battente, portandolo quasi verso una segreta raffinatezza.

Il concerto è iniziato (e noi così finiamo) con una novena molisana, interpretata da Silvio Trotta con l'impagabile accompagnamento della zampogna di Mauro Bassano e della Ciaramella di Stefano Tartaglia.

Sperando di avervi comunque dato un'idea di quello che sono i Musicanti vi consiglio di cuore di conoscerli tramite il loro sito www.musicantidelpiccoloborgo.it e di andarli soprattutto a vedere dal vivo.