Carissimi lettori, oggi scrivo una recensione molto particolare, sia perché recensirò un concerto a cui ho assistito ma a distanza di molto tempo (contrariamente al solito), sia perché la recensione mi è stata richiesta o quasi.
Il concerto in questione è avvenuto il 6 gennaio 2012 alla Chiesa di San Claudio di Spello (PG) ed ha avuto come protagonisti i "Musicanti del piccolo borgo", ottimo gruppo di musica popolare molisana e laziale, ma che ama sconfinare anche verso la Campania la Puglia,, la Calabria, la Sicilia (e se è per questo anche la Romagna, tra un po' se ne parla).
Il concerto sarà recensito dalla fine all'inizio in quanto così me lo posso riascoltare grazie al fatto che l'ho caricato sul mio canale di Youtube all'indirizzo www.youtube.com/valentinalocchi.
Il concerto si è chiuso con "La leggenda del lupino", una bella canzone campana dedicata alla leggenda secondo la quale Maria abbia salvato suo figlio dalla Strage degli Innocenti riparandolo sotto un albero di pino.
L'interpretazione dei Musicanti, come nella loro migliore tradizione, è dolce e festosa al contempo. Questo approccio, che allea ricchezza armonica e musicale alla semplicità atavica e festosa del folklore più puro, purtroppo spesso è incompreso da quelli che si definiscono cultori di musica popolare, mentre per me è il vero futuro di questa musica.
Curioso è il battito di tamburello che, per quello che si riesce a sentire dalle mie riprese amatoriali, accentua la seconda battuta delle nacchere che sembrano invece dare il tempo nella sua completezza.
Il concerto continua, andando indietro ripeto, con una pastorale di Capracotta (paesino in provincia di Isernia dove Silvio Trotta, direttore del gruppo e polistrumentista, è nato). L'inizio, suonato dalla ciaramella strepitosa di Stefano Tartaglia, ricorda "Tu scendi dalle stelle" o, meglio, "Quanno nascette ninno", bellissimo canto napoletano entrato anche nel repertorio dei Musicanti. L'arrangiamento del brano lo fa assomigliare veramente ad una ninna nanna popolare, come se ci potessimo immaginare di poter cantare al Bambinello una specie di serenata d'amore.
Questa sensazione è rafforzata dalle parti in maggiore, dove il mandolino esegue una parte che ricorda da vicino certe "janeiras" del folklore portoghese, sia per la melodia che per la festosità del suono.
Tartaglia, dopo l'assolo di cui abbiamo già avuto occasione di parlare, che introduce mirabilmente questa lunga ma mai stancante pastorale, suona un flauto dolce che dà veramente l'idea della purezza di un passato forse mai esistito.
Ma ad un certo punto si va in sol, e con la inappuntabile precisione dei bassi dell'organetto, in questa occasione addirittura rafforzati dalla profonda dolcezza di un violoncello, si suona la tarantella che ineluttabilmente concludeva ogni buona esibizione di zampognari.
E quando la ciaramella canta, ha naturalmente bisogno della zampogna come bordone quasi orchestrale, quindi Mauro Bassano, prode organettista del gruppo, suona la zampogna in maniera autentica e ricca.
E facendo una sinergia fra nord e sud Italia (perché questa è la nostra musica nazionale, non il pop imposto dai media con l'arroganza di chi sa come vincere ed imporsi) si interpreta "A Cesare gli venne un'ambizione", danza in ritmo binario della zona dell'Appennino modenese che Silvio Trotta, che oltre ad avere i "suoi" Musicanti ha molti gruppi, ha imparato dai Viulan, tre voci tra le più autentiche della zona, tra le quali va citato almeno Lele Chiodi, che canta con Guccini ne "La canzone delle colombe e del fiore" di "D'amore, di morte e di altre sciocchezze" (1996). Nella versione dei Musicanti il brano diventa quasi una tarantella, ma è dolce, per quella necessità di ridare modernamente la leggerezza della musica popolare sempre meno sentita da una riproposta che se non va verso la contaminazione sfrenata va verso il calco (tutte strade sbagliate).
Ilbrano successivo, ripeto che stiamo tornando indietro, si permette un viaggio in Sicilia ed un omaggio ad una delle più belle voci del folklore italiano, la licatese Rosa Balistreri. Il brano scelto, estratto dal vinile "Concerto di Natale" (inciso con i Dioscuri nel 1985) è intitolato "A la notti di Natali" e fa apprezzare la nuova voce dei Musicanti, la foggiana Elvira Impagnatiello. Per quanto riguarda questo nuovo arrivo nel gruppo si può dire che porta un tocco fortemente modernizzante, anche se va riconosciuta la grandissima coerenza stilistica dell'ensemble che fa della mancanza di calco degli anziani forse il suo obiettivo basilare.
E direttamente dal cd "Fiore di tutti i fiori" (2001) arriva questa filastrocca a tempo di saltarello su un pasto luculliano consumato da una sposa il giorno del proprio matrimonio. Notevole è la terzina della battente di Trotta che dà un ritmo instancabile, quasi mitragliato, al brano. Il testo è interpretato da Trotta e dalla Impagnatiello con allegria e dolcezza (imparate suonatori, lo ripeto allo sfinimento).
Questo spettacolo è prevalentemente incentrato su un cd dei Musicanti intitolato "Stella cometa", da questo disco si è già parlato della leggenda del lupino, ora si trova "Dormi dormi" (brano di Sant'Alfonso Maria dei Liguori che in realtà si chiama "Fermarono i cieli"). Il gruppo lo ha dedicato, sia nel disco che a Spello, ai bambini morti nel crollo dell'Asilo di San Giuliano di Puglia, avvenuto il 31 ottobre 2001. La versione dei Musicanti è una canzone dolcissima, ma la ciaramella di Tartaglia grida il dolore in maniera dolce e straziata al contempo, aiutando la già sicura interpretazione dell'Impagnatiello che dimostra tutto il suo valore musicale.
Andando avanti (cioè... indietro!) si arriva ad una delle mie canzoni preferite di tutto il repertorio dei Musicanti. Il brano, tratto da"Fiore di tutti i fiori", è un insieme di due brani, delle "Maitinate" (serie di stornelli che si cantano il 31 dicembre in Molise) ed una quadriglia strumentale (una delle virtù dei Musicanti è quella di non essersi dimenticati del repertorio strumentale da ballo al contrario di quanto fanno molti musicisti soprattutto nel Salento). La "maitinata" è guidata con maestria da Stefano Tartaglia, che ha una voce fortemente caratterizata, oltreché da un raro e prezioso timbro da tenorino quasi barocco, da un particolare tremolo quasi vibrante, che lo porta ad eseguire quarti di tono estremamente naturali,quindi non calcati. Quando Silvio Trotta canta il canto si addolcisce, diventa quasi confidenziale, pur mantenendo la potenza insita nel canto tradizionale.
E senza soluzione di continuità, nella stessa traccia, arriva una fantastica quadriglia strumentale che Trotta esegue con virtuosismo al mandolino, mentre Elvira si dedica alla battente, e Gian Michele Montanaro accompagna, con le sue inconfondibili tecniche moderne ma mai tiranne nei confronti della freschezza dei ritmi terzinati, con il tamburello.
Il pubblico, forse per il gran freddo, non batte le mani se non in rari momenti, spesso guidato dalle mie, che spesso volevano partire ma per pudore non lo facevano.
E continuando questa nostra recensione a ritroso si arriva a "'Ncincirinella", che i Musicanti ripescano da quella gemma rara di bellezza che è il loro ultimo disco "Ecchite maje" (2009). Il brano, come molti brani arcaici, è caratterizzato dall'aternanza di giri d'accordi minori e maggiori, ma questo non fa fare meno festa ve lo assicuro. L'accompagnamento del tamburello, almeno alle mie orecchie, suona come un incrocio tra il saltarello ed una pizzica.
Andando avanti si ascolta "Stella cometa", un testo scritto da Mauro Gioielli, direttore di un altro importante gruppo molisano chiamato "il tratturo". Come è giusto che sia nel clima natalizio si fanno una serie di auguri alle varie categorie di lavoratori della terra e del mare, affinché possano trovare ricchezza nell'anno appena iniziato. C'è da notare il virtuosismo con cui Trotta accompagna questo brano lento, con delle terzine che dànno una grande vivacità nascosta a questa ballata dall'origine probabilmente nordica.
I Musicanti sono nati trentasette anni fa come gruppo di riproposizione del repertorio della Nuova Compagnia di Canto Popolare, gruppo campano fondamentale per capire tutto quello che si è fatto nel folk revival fra gli anni Settanta e gli Ottanta. Dall'lp "Cantata dei pastori" del noto gruppo guidato da Roberto De Simone, il gruppo molisano riprende una bella tarantella intitolata "Nascette lu Messia", che diventa dolcissima, senza mai toccare quella "sanguignità" (per usare un'espressione di Silvio Trotta riguardante la NCCP) che può anche essere ritenuta dura da certe orecchie. Il testo del brano è tronco perché il gruppo ci attacca, sulla stessa melodia ma cambiando il ritmo in una tammurriata resa festosissima dall'organetto, un canto di questua con l'atmosfera della fine dell'anno.
Andando avanti (siamo ormai verso la fine, o verso l'inizio?) si arriva a "Quanno nascette ninno" scritto da Sant'Alfonso Maria dei Liguori. La versione dei Musicanti, rispetto a quella più nota della Nuova Compagnia di Canto Popolare contenuta nella già citata "Cantata dei pastori", differisce sia per l'inizio che per alcune strofe. Il gruppo è fortemente caratterizzato, non fa mai male ripeterlo, da una grande raffinatezza che non proibisce, contrariamente a tantissima riproposta di tutte le regioni italiane, di godere della bellissima semplicità del folklore, che secondo me è la caratteristica che più di ogni altra ha contribuito a questo interesse generalizzato o quasi che attualmente lo investe.
E sempre dal repertorio popolare campano, stavolta non semicolto, arriva "La santa allegrezza", che i Musicanti in disco incidono con un'"introduzione" molisana, ma che qui viene interpretata nella sua versione "ufficiale", con il canto impagabile di Silvio Trotta, che con la sua potente voce di tenore canta i versi facendo capire le singole condizioni dei personaggi. Ed è bellissimo anche il particolare arpeggio di chitarra classica, concepito dal musicista di Capracotta, che accompagna il battimento dolcissimo della chitarra battente, portandolo quasi verso una segreta raffinatezza.
Il concerto è iniziato (e noi così finiamo) con una novena molisana, interpretata da Silvio Trotta con l'impagabile accompagnamento della zampogna di Mauro Bassano e della Ciaramella di Stefano Tartaglia.
Sperando di avervi comunque dato un'idea di quello che sono i Musicanti vi consiglio di cuore di conoscerli tramite il loro sito www.musicantidelpiccoloborgo.it e di andarli soprattutto a vedere dal vivo.
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lunedì 13 febbraio 2012
sabato 5 settembre 2009
Musicanti del piccolo borgo: "Ecchite maje"
Carissimi lettori, questa sera aggiorno il mio blog con particolarissimo piacere, recensendo l'ultimo cd del gruppo molisano "Musicanti del piccolo borgo". Per scoprire questo grande gruppo e la sua storia, in internet si può andare su http://www.musicantidelpiccoloborgo.it/ o su www.myspace.com/musicantidelpiccoloborgo. (Qui tra l'altro non si può ascoltare niente da questo nuovo cd).
Il cd si chiama "Ecchite maje" ("Ecco maggio"), ed è prevalentemente dedicato al folk molisano, spesso raccolto dagli stessi "Musicanti" che sono stati protagonisti di numerose campagne di ricerca negli anni '70 e '80.
Il primo brano, non raccolto dai "Musicanti" ma ripreso dalle ricerche effettuate da Carpitella e Cirese in Molise nel '54, è una tarantella in lingua albanese. Questo repertorio non aveva mai fatto parte delle esecuzioni del gruppo. Il brano, come sempre nei "Musicanti" è interpretato fedelissimamente a livello di melodia, ma è arricchito in maniera forte ma rispettosa a livello armonico.
La seconda traccia è una "'Ncincirinella", variante della più nota "Cicerenella" o "Cecerenella", filastrocca su un buffo personaggio diffusa in tutto il centro-sud Italia.
Qui si sentono, forse derivanti dalle esperienze di Silvio Trotta con la flautista Jessica Lombardi, molte influenze celtiche.
Ed eccoci al brano che dà il titolo al cd, "Ecchite maje", un esempio di "cantamaggio" legato al rito tradizionale a Fossalto (Campobasso).
Il brano è molto lento, quasi stanco, ma ci si possono riconoscere degli echi di tarantella.
Se devo confrontare questo esempio molisano con altri umbri o toscani, c'è una maggiore stanchezza, un immalinconimento inspiegabile.
Dopo la prima parte in sol, cantata da Silvio Trotta che finalmente in questo cd canta molto, forse aiutato anche dall'esperienza del Trio Tresca, il brano è basato sull'alternanza di strofe in re, cantate da Marica Spiezia, e strofe in do, cantate da Stefano Tartaglia, flautista e voce controtenorile del gruppo. E' da segnalare la bellissima collaborazione, con la zampogna a paro cromatica, del siciliano Giancarlo Parisi.
Il mio rapporto con Napoli è profondissimo, forse ve ne sarete anche accorti, quindi questa "Fronna e cant' pe' Musicant'" interpretata da Nando Citarella, completamente estemporaneo, mi emoziona. Un brano così dimostra come, se si vuole, ancora oggi si possono comporre brani completamente tradizionali.
Subito dopo, i "musicanti", "rispondono", sempre con accenni a tammurriate campane, non si dimentichi che il gruppo è nato come ensemble che reinterpretava il repertorio della Nuova Compagnia di Canto Popolare, con una rielaborazione di un canto già reinterpretato dal gruppo in un precedente cd intitolato "Canti e ritmi dell'Appennino". Se la versione in questione era un po' appesantita da pretesi ritmi mediterranei, questa versione, molto più italiana, riesce, finalmente, a rendere giustizia a questa bellissima e semplicissima serenata, intitolata "Figliola che stai 'ncoppa".
Subito dopo, sempre ripresa dalla raccolta di Cirese e Carpitella del '54, arriva "E cto capile" secondo e ultimo canto in lingua albanese, che però questa volta si mischia con il molisano.
Se dovessi descrivere il brano mi verrebbe quasi da dire che è una tarantella addolcita, nel senso che non c'è la tirannia della terzina di tamburello, che anzi, quando entra, si limita ad alternare quasi solo colpi più deboli ad altri più forti.
Il brano è molto triste, perché, con la semplicità disarmante tipica dei contadini, si costata, già allora, il decadimento di una civiltà, quindi ecco che la tarantella si placa e quasi scompare.
Ed eccoci a quello che forse è il brano meno convincente del cd, una "Quadritara", suite composta da una quadriglia molisana ed una tarantella laziale, tutte raccolte dai "Musicanti". La caratteristica che me la fa amare abbastanza poco, è la presenza del basso elettrico, strumento che trovo completamente inutile (già sono scettica sull'introduzione dei bassi acustici nella musica tradizionale italiana, anche se sono più possibilista sulla presenza della chitarra basso, quella usata nel fado portoghese, che gli stessi "Musicanti" hanno usato con buonissimi risultati).
Interessante, in una parte molto limitata nel brano, una terzina di tamburello dove, i colpi al centro vengono dati alternativamente più deboli e più forti, causando un effetto moderno che però, non contrastando con il rigore della terzina, cosa veramente fondamentale nei repertori "a ballo", non disturba.
Arriviamo così a uno dei brani provenienti da Capracotta, paese natale del direttore artistico e anima del gruppo, il virtuoso di strumenti a plettro Silvio Trotta. Il brano, intitolato "Ritorno dalla transumanza", viene direttamente dalle ricerche di Mauro Gioielli, direttore di un altro gruppo di musica popolare molisana chiamato "Il tratturo".
E' una ballata dove la chitarra battente, strumento particolarmente amato dai "Musicanti" fa scoprire una dolcezza segreta, quasi clavicembalistica. Anche qui, quell'irlanda ultimamente tanto frequentata da Trotta, fa dolcemente e piacevolmente capolino.
Subito dopo arriva una filastrocca a ritmo di tarantella, sempre proveniente da Capracotta, intitolata "La figlia meja". Se si conoscono gli Zoè, precisamente l'album "Crita" si può pensare a "Maria Nicola", che d'altronde, come matrice, viene esattamente da quelle zone tra Molise ed Abruzzo. Qui è da notare la strepitosa tecnica tamburellistica di Andrea Piccioni che, dopo aver militato per molto tempo nei "Musicanti", torna a collaborare per impreziosire questa tarantella.
Il cd, però, cosa molto provocatoria adesso che la musica popolare è ridotta a semplice oggetto di sballo, si chiude con un brano popolare a cui Silvio Trotta, con grande sensibilità, ha applicato una poesia vernacolare di Gabriele Mosca, che ricorda la morte di due fratelli durante la seconda guerra mondiale, ammazzati dai tedeschi solo per avere aiutato due inglesi affamati.
Il brano quasi ti culla, e, purtroppo, ti ricorda che questo capolavoro è finito.
Carissimi lettori, io, come sapete, non vi racconto mai i cd che mi piacciono, ve ne parlo giusto per farvi venire la curiosità di acquistarli ed ascoltarli: beh, spero di avercela fatta anche con questo "Ecchite maje".
Buon ascolto e viva la musica popolare che, pur conoscendo altre tradizioni, rimane orgogliosamente se stessa!
Il cd si chiama "Ecchite maje" ("Ecco maggio"), ed è prevalentemente dedicato al folk molisano, spesso raccolto dagli stessi "Musicanti" che sono stati protagonisti di numerose campagne di ricerca negli anni '70 e '80.
Il primo brano, non raccolto dai "Musicanti" ma ripreso dalle ricerche effettuate da Carpitella e Cirese in Molise nel '54, è una tarantella in lingua albanese. Questo repertorio non aveva mai fatto parte delle esecuzioni del gruppo. Il brano, come sempre nei "Musicanti" è interpretato fedelissimamente a livello di melodia, ma è arricchito in maniera forte ma rispettosa a livello armonico.
La seconda traccia è una "'Ncincirinella", variante della più nota "Cicerenella" o "Cecerenella", filastrocca su un buffo personaggio diffusa in tutto il centro-sud Italia.
Qui si sentono, forse derivanti dalle esperienze di Silvio Trotta con la flautista Jessica Lombardi, molte influenze celtiche.
Ed eccoci al brano che dà il titolo al cd, "Ecchite maje", un esempio di "cantamaggio" legato al rito tradizionale a Fossalto (Campobasso).
Il brano è molto lento, quasi stanco, ma ci si possono riconoscere degli echi di tarantella.
Se devo confrontare questo esempio molisano con altri umbri o toscani, c'è una maggiore stanchezza, un immalinconimento inspiegabile.
Dopo la prima parte in sol, cantata da Silvio Trotta che finalmente in questo cd canta molto, forse aiutato anche dall'esperienza del Trio Tresca, il brano è basato sull'alternanza di strofe in re, cantate da Marica Spiezia, e strofe in do, cantate da Stefano Tartaglia, flautista e voce controtenorile del gruppo. E' da segnalare la bellissima collaborazione, con la zampogna a paro cromatica, del siciliano Giancarlo Parisi.
Il mio rapporto con Napoli è profondissimo, forse ve ne sarete anche accorti, quindi questa "Fronna e cant' pe' Musicant'" interpretata da Nando Citarella, completamente estemporaneo, mi emoziona. Un brano così dimostra come, se si vuole, ancora oggi si possono comporre brani completamente tradizionali.
Subito dopo, i "musicanti", "rispondono", sempre con accenni a tammurriate campane, non si dimentichi che il gruppo è nato come ensemble che reinterpretava il repertorio della Nuova Compagnia di Canto Popolare, con una rielaborazione di un canto già reinterpretato dal gruppo in un precedente cd intitolato "Canti e ritmi dell'Appennino". Se la versione in questione era un po' appesantita da pretesi ritmi mediterranei, questa versione, molto più italiana, riesce, finalmente, a rendere giustizia a questa bellissima e semplicissima serenata, intitolata "Figliola che stai 'ncoppa".
Subito dopo, sempre ripresa dalla raccolta di Cirese e Carpitella del '54, arriva "E cto capile" secondo e ultimo canto in lingua albanese, che però questa volta si mischia con il molisano.
Se dovessi descrivere il brano mi verrebbe quasi da dire che è una tarantella addolcita, nel senso che non c'è la tirannia della terzina di tamburello, che anzi, quando entra, si limita ad alternare quasi solo colpi più deboli ad altri più forti.
Il brano è molto triste, perché, con la semplicità disarmante tipica dei contadini, si costata, già allora, il decadimento di una civiltà, quindi ecco che la tarantella si placa e quasi scompare.
Ed eccoci a quello che forse è il brano meno convincente del cd, una "Quadritara", suite composta da una quadriglia molisana ed una tarantella laziale, tutte raccolte dai "Musicanti". La caratteristica che me la fa amare abbastanza poco, è la presenza del basso elettrico, strumento che trovo completamente inutile (già sono scettica sull'introduzione dei bassi acustici nella musica tradizionale italiana, anche se sono più possibilista sulla presenza della chitarra basso, quella usata nel fado portoghese, che gli stessi "Musicanti" hanno usato con buonissimi risultati).
Interessante, in una parte molto limitata nel brano, una terzina di tamburello dove, i colpi al centro vengono dati alternativamente più deboli e più forti, causando un effetto moderno che però, non contrastando con il rigore della terzina, cosa veramente fondamentale nei repertori "a ballo", non disturba.
Arriviamo così a uno dei brani provenienti da Capracotta, paese natale del direttore artistico e anima del gruppo, il virtuoso di strumenti a plettro Silvio Trotta. Il brano, intitolato "Ritorno dalla transumanza", viene direttamente dalle ricerche di Mauro Gioielli, direttore di un altro gruppo di musica popolare molisana chiamato "Il tratturo".
E' una ballata dove la chitarra battente, strumento particolarmente amato dai "Musicanti" fa scoprire una dolcezza segreta, quasi clavicembalistica. Anche qui, quell'irlanda ultimamente tanto frequentata da Trotta, fa dolcemente e piacevolmente capolino.
Subito dopo arriva una filastrocca a ritmo di tarantella, sempre proveniente da Capracotta, intitolata "La figlia meja". Se si conoscono gli Zoè, precisamente l'album "Crita" si può pensare a "Maria Nicola", che d'altronde, come matrice, viene esattamente da quelle zone tra Molise ed Abruzzo. Qui è da notare la strepitosa tecnica tamburellistica di Andrea Piccioni che, dopo aver militato per molto tempo nei "Musicanti", torna a collaborare per impreziosire questa tarantella.
Il cd, però, cosa molto provocatoria adesso che la musica popolare è ridotta a semplice oggetto di sballo, si chiude con un brano popolare a cui Silvio Trotta, con grande sensibilità, ha applicato una poesia vernacolare di Gabriele Mosca, che ricorda la morte di due fratelli durante la seconda guerra mondiale, ammazzati dai tedeschi solo per avere aiutato due inglesi affamati.
Il brano quasi ti culla, e, purtroppo, ti ricorda che questo capolavoro è finito.
Carissimi lettori, io, come sapete, non vi racconto mai i cd che mi piacciono, ve ne parlo giusto per farvi venire la curiosità di acquistarli ed ascoltarli: beh, spero di avercela fatta anche con questo "Ecchite maje".
Buon ascolto e viva la musica popolare che, pur conoscendo altre tradizioni, rimane orgogliosamente se stessa!
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