domenica 23 maggio 2010

Commento alla puntata del 23/05/10 di "canzonenapoletana@rai.it"

Carissimi lettori, finalmente, dopo una settimana di digiuno, come sempre non annunciata come nella più normale tradizione Rai, si riprende a commentare le meravigliose puntate di "canzonenapoletana@rai.it".
Il ciclo che inizia è dedicato ad un altro poeta ritenuto spesso minore, ossia Francesco Fiore.
Si comincia con un brano di quelli binari, dove gli accordi minori e maggiori si dividono equamente strofe e ritornello. E' una descrizione spassosissima di quelli che sarebbero i migliori luoghi di amoreggiamento, visti direttamente dal punto di vista di questo sentimento che, quasi miracolosamente, acquista così una certa umanità.
L'interprete che abbiamo il piacere di ascoltare è il posteggiatore PietroMazzone, in un disco del 1911, fortunatamente ben tenuto.
E sulle stesse atmosfere arriva questo brano, musicato nel 1917 da E. A. Mario, intitolato "Chiammala 'nfamità". Non siamo più davanti ad un brano spassoso, anzi siamo davanti ad un brano pieno della sofferenza di un uomo lasciato.
Il brano è quasi una canzone di giacca, interpretata da uno dei migliori tenori di quel periodo, Raffaele Balsamo.
Si continua con un brano del 1918, l'unico che si sente in una versione moderna, questa "Guappo no!", che si ascolta da Mario Trevi. E' forse uno dei brani più drammatici di Fiore, dove un uomo si immagina di essere "guappo", ossia un po' "bravo" nel senso manzoniano del termine, ma alla fine si convince che non lo può essere. L'interpretazione è molto convincente, anche perché Mario Trevi è uno degli ultimi buoni interpreti di "canzoni di giacca" che ha Napoli.
Stiamo ascoltando un brano di quelli binari, completamente in maggiore, intitolato "'O piccerillo". Lo stiamo ascoltando da Roberto Ciaramella, uno dei più grandi interpreti d'inizio secolo per quanto riguarda il repertorio macchiettistico.
Stiamo ascoltando un pezzo intitolato "Comm'è difficile", interpretato da Salvatore Papaccio e scritto da Nicola Valente e Francesco Fiore nel 1922. E' la storia di un uomo che dice alla propria moglie che fare le cose facili e la cosa più difficile di questo mondo (forse è vero!).
E' un valzer che Papaccio interpreta con moltissima leggerezza, anche se sulle note lunghe vuole sempre dimostrare la stupenda potenza della sua voce.
Stiamo ascoltando un altro brano del 1922, molto più conosciuto e tutt'ora ascoltato con piacere (che nostalgia della versione di Teresa Rocco a Napoli nova!). Si parla di "Vommero e Margellina", scritto, come molto suo repertorio, da Francesco Fiore insieme al grande Gaetano Lama, conosciuto mondialmente come l'autore di "Reginella" (versi di Bovio, 1917).
E' la storia di due innamorati che stanno rispettivamente uno al Vomero e uno a Mergellina, e dei loro piani per sposarsi. E' molto carina, ed era da una vita che non la ascoltavo!
Si è ascoltata poi una bellissima habanera intitolata "Nun è chella ca dico io", che abbiamo sentito cantare a Giuseppe Milano. E' un ritmo non particolarmente usato ad inizio secolo a Napoli, ma forse è uno dei ritmi più adatti per la musicalità molto equilibrata del dialetto. Il brano si gioca su un incontro con un'innamorata talmente cambiata che non la si riconosce, e su questo si fanno numerose varianti spassose.
La puntata si chiude con un brano che io non amavo, ma solo perché non ne avevo mai sentito una versione che mi avesse attratto. Il brano è la marcettina spassosa "beneditto 'o mese austo". E' un brano di inno all'estate, come stagione caratterizzata dal risveglio delle ragazze, che si fanno finalmente vedere.
Comunque sono molto felice di questo ciclo, perché Francesco Fiore è uno dei poeti più prolifici ma meno conosciuti da chi, come me, è solo un grandissimo appassionato della canzone napoletana, ma magari non ha la possibilità di farsi una collezione grandiosa del suo repertorio (come me la vorrei fare!).
Appuntamento, ovviamente, alla prossima puntata!

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