domenica 27 settembre 2009

Commento alla puntata del 26 settembre 2009 di "Canzonenapoletana@rai.it".

Carissimi lettori, come promesso, continuo a commentare le puntate di "Canzonenapoletana@rai.it".
Da oggi inizia un ciclo di tre puntate dedicate ad Armando Gill, uno dei primi, se non il primo, cantautore italo-napoletano.
Io non vi scriverò le informazioni che Paquito del Bosco dà perché, come vi ho già detto, le puntate di queste trasmissioni possono essere ascoltate in due siti internet: http://www.canzonenapoletana.rai.it/, a partire dal lunedì della settimana successiva all'emissione, quindi questa si potrà ascoltare da domani, e su http://www.international.rai.it/notturnoitaliano, cliccando sulla fascia oraria dalle 02.00 alle 03.00, dal giorno dopo l'emissione in radio, quindi dalla domenica.
Il primo brano che si ha il piacere di ascoltare è "'O surdato", una bellissima canzone, triste e malinconica, sui soldati che partono e, quando tornano, spesso non trovano le cose come le hanno lasciate.
La voce di Gill è tenorile, ma non quel tenorile tirannico, anche se con poca dolcezza.
Siamo ancora nel periodo in cui Gill scriveva solamente i versi, che spesso venivano musicati da un non meglio identificato maestro De Crescenzo.
Anche questa canzone, intitolata "Uocchie celeste", interpretata da Enrico Caruso, è stata scritta da questi autori e risale all'inizio del Novecento, mentre quella di prima era del 1899.
Nonostante i suoi anni, il materiale, rigorosamente antico, è in buone condizioni e si può notare come questo maestro De Crescenzo aveva il gusto per melodie da romanza, molto corpose. Infatti, l'interpretazione di Caruso rende assolutamente giustizia.
Armando Gill amava molto i militari, e spesso ha dedicato loro canzoni. E' il caso di questa "'O ritorno d'a Cina", tra le prime canzoni scritte e musicate autonomamente dal Gill. E' un duetto, come andavano di moda molto allora nel "cafèchantant" o "cafècantante" alla napoletana. Non vi posso dire niente, se non che il brano è interpretato da Achille Diaz e Maria Borsa. (Il disco si sente male, ma d'altronde, pensate, molti dischi venivano incisi su matrici già precedentemente utilizzate!).
Ed ecco un bozzetto, di quelli che Gill amava tanto, sempre d'ispirazione militaresca, intitolato "Pasquale va a Tripoli".
E' una specie di "macchietta", genere a cui Gill d'altronde si dedicava con buonissimi risultati, coltivato allora anche da altri interpreti come Nicola Maldacea o Peppino Villani, i cui testi erano scritti, tra gli altri, da Pasquale Cinquegrana e Ferdinando Russo.
Ed ecco un bozzetto macchiettistico su quella gelosia, che tutt'ora fa tanti danni nel Sud d'Italia e non solo, perché noi, anche se ci diamo tante arie di falsa modernità, soprattutto sui difetti siamo ancora quelli di cent'anni fa.
La canzone in questione, "Nun so geluso", scritta nel 1917, è interpretata dallo stesso autore, non con un senso del ritmo rigoroso, ma questa è storia della canzone napoletana e ci dobbiamo inginocchiare. Particolarmente bella è la versione di Roberto Murolo nella sua "napoletana, antologia cronologica della canzone partenopea", uscita in vinile per la Durium tra il 1959 ed il 1963.
E' del 1918 l'ultimo brano che si ascolta in questa puntata, la bellissima e segretamente triste "'O quatto 'e maggio", su quanto i traslochi o le intimazioni modificano la nostra vita.
La versione di Gill è molto rovinata, per scoprirla meglio io consiglio di sentire quelle di Giacomo Rondinella o Tony Bruni.
Spero di farvi piacere con queste chicche napoletane, e spero, soprattutto, di contribuire a far riscoprire questo sterminato mondo.

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