giovedì 2 febbraio 2012

I Coribanti: "Speranza"

Carissimi lettori, oggi voglio tornare a parlare di musica popolare salentina, facendo una recensione al primo (e per ora unico cd uscito) del gruppo salentino dei Coribanti.

La prima traccia è una canzone-manifesto, interpretata sulla melodia di "Nia nia". Il brano, scritto per il testo da Giancarlo Colella, chitarra e voce principale nonché direttore del gruppo, è una serie di strofe sciolte nella più pura tradizione salentina. Questa "modernità che sgorga dalla tradizione" e ne ricalca quasi tutte le caratteristiche in maniera si direbbe naturale ed istintiva, è forse la più grande caratteristica dei Coribanti, tutti nel Salento dicono di ispirarsi alla tradizione e di innovarla fedelmente, loro signori lo fanno!

Il secondo brano è un classico della tradizione salentina, ma sempre bello e piacevole da ascoltare. Il brano a cui ci si riferisce è "Lu rusciu de lu mare", dove brillano le due bellissime e dolci voci femminili del gruppo. Il canto, come in tutto il cd, non ha bisogno di essere calcato, il gruppo porta la dolcezza nella musica popolare salentina, cantando "come gli viene da dentro" (per usare un'espressione cara a Cinzia Marzo degli Officina Zoè). E proprio agli Officina Zoè fa pensare questa rielaborazione, se non fosse che la presenza del flauto la avvicina, anche per la sinuosità delle linee melodiche, a quella degli Alla Bua. Comunque i rimandi ai "maestri" (perché si può anche imparare dai moderni, non solo dagli antichi) non scalfiscono la forte autonomia di questa versione, che, in una seconda parte continua con una tammurriata. La tammurriata è però suonata con la dolcezza tipica dello stile del gruppo, che spero sinceramente si imponga nel panorama della riproposta, difatti, e l'ho già detto ma mi ripeto volentieri, piuttosto che evolversi facendo del folk qualcosa di altro da sé, bisognerebbe portarlo leggermente verso la contemporaneità magari non calcando il canto.

E quando si torna a ritmo di pizzica si canta una bellissima melodia d'autore con testo altrettanto d'autore. Entrambe sembrano tradizionali, forse quello che connota lo stile di Giancarlo Colella è una facilità per la rima, il distico rimato, che io non trovo molto in gran parte dei canti tradizionali da me conosciuti, che si muovono con assonanze o rime casuali. Il brano, insieme a "Pizzica dei Coribanti" è il mio preferito da quando ho questo disco, si intitola "Comu focu de ristucciu". Tipica pizzica con il giro di tonica-dominante, notevolissimo il flautino dolce, a tratti leggermente stonato (ma la troppa limpidezza di molti flautisti blasonati da molto più fastidio) e insuperabile è la terzina di mandolino, suonato dai Coribanti senza pretese mediterranee, piuttosto come ricordo della classe artigiana, che ha altrettanto sviluppato il folklore, magari portandolo verso musicalità più vicine a quelle colte, più prossime allo strumentale piuttosto che al polivocale, più ballabili che cantabili. Rivalutatelo cari salentini!

Il testo è un inno al Salento, alla sua terra, al suo vento, al suo mare, al suo vino ("ca te 'mbriaca"), ma non dà fastidio perché è scritto con sincerità e tenerezza. Questa sì (al contrario di certe canzoni politiche attuali) che sarà una canzone che ci continueremo a cantare e magari entrerà nella tradizione.

Continuando si torna alla tradizione cantando un classico indiscusso di quella grica, ovviamente ci si riferisce a "kali nifta". Sapete tutti come la penso su questo brano, ma va detto che i Coribanti riescono a farla in maniera assolutamente convincente. Non c'è voglia di fare macello, le strofe sono tutte cantate lente, ed anche quando si vaa pizzica per il ritornello viene conservata la dolcezza della serenata. Molto bella anche la voce della cantante, ma della dolcezza delle voci se ne è già parlato lodandola come una delle tante virtù dei Coribanti.

Si può sospettare che questo forte legame con "Kali nifta", che questa rielaborazione denota e conferma, si possa spiegare con il feeling del tutto speciale che il gruppo, pur essendo del Capo di Leuca (nasce ad Acquarica del Capo nel1999) ha con la cultura greca, da cui d'altronde ha preso il nome. In questo caso, e va detto, la Grecia non viene vista come un elemento esotico con cui contaminarsi, ma come qualcosa che si ha propriamente nel sangue. Ed il flauto ci porta, quando il canto si tace, ad una dolce e vorticosa (ebbene sì!) tammurriata strumentale, dove si gioca con il ritornello di questo classico.

E continuando si torna a cantare un bellissimo testo d'autore, intitolato "Luna ruffiana". Dopo un'introduzione lenta, prevalentemente strumentale se non fosse per un'invocazione alla luna scandita dalla chitarra insieme alla tammorra muta e al flauto, parte una bella tarantella (o pizzica lenta) dove vediamo l'innamorato che invoca l'astro affinché porti il suo messaggio d'amore all'amata (tipicamente tradizionale, che sia d'autore lo si sente solo dall'innata facilità della rima, che Colella trova in maniera veramente invidiabile).

E come avevano già fatto gli Aramirè in "Opillopillopì" (introvabile disco del 1998) i Coribanti ci deliziano con una pizzica per flauto, con la differenza che, mentre negli Aramirè il flauto non era l'unico protagonista perché c'era anche il canto e non aveva un'autonomia interpretativa effettiva, qui, in questa convincente tonalità di fa, si lascia andare a cantate (perché anche gli strumenti cantano se ben suonati!) nuove. Solo in pochi momenti si ha la sensazione di sentire, oltre alla "Pizzica con flauto" degli Aramirè, la tipica "tarantata" o "indiavolata" di stifaniana memoria. Anche qui la forza della pizzica è resa con la dolcezza della modernità. Come detto sopra, salentini imparate.

E si torna a cantare moderno, rivitalizzando il canto funebre, con il brano "La morte de l'anima". Come per ricordare il canto struggente delle prefiche il canto inizia a cappella, con coppie di note semplici. Il brano, quasi subito, prende il ritmo di una tarantella, ma il tempo si vergogna di germogliare, per mantenere il dolore del testo (in questo il brano ricorda "Menevò" degli Officina Zoè, anche lì, nel disco "Il miracolo", la pizzica è "vergognosa").

L'accompagnamento, giusto per accentuare più fortemente questo concetto, dal punto di vista percussivo è assicurato solo da una tammorra muta che assicura solo la botta, non esegue mai terzine (in questo il brano dei Coribanti si può considerare una "radicalizzazione" del capolavoro dell'Officina a cui è stato paragonato).

Ed a proposito di brani in cui la matrice Zoè è forte (ma l'interpretazione è autonoma, non è imitazione!) tornando alla tradizione si canta "Nia nia nia", canto in grico in minore, interpretato con queste caratteristiche (credo per la prima volta) dagli Zoè in "Terra". La versione dei Coribanti, pur essendo più veloce di quella dell'Officina, riesce a dare comunque l'idea della culla, soprattutto grazie alla presenza eterea del flauto che smorza la festosità naturale della fisarmonica.

E andando in pizzica si torna alla melodia con cui si era aperto questo cd (se avessero messo questa traccia come ultima era troppo bello, si sarebbe avuta circolarità, la fine come inizio, concetto secondo me molto vicino alla tradizione della pizzica). Qui non si vuole strafare a livello di strofe (ma come sapete io non vado a tutti i costi alla ricerca dell'innovazione: meglio la tradizione fatta leggera!).

Bella anche l'armonica, anche senza terzine virtuosistiche, dà il controcanto alto ai bassi della fisarmonica, che sembrano voci profonde per la lunghezza delle note che emettono.

E tornando alla pizzica, e i Coribanti sì che la fanno a pizzica, si arriva a "lu Paulinu". A me viene istintivo confrontare questa versione con quella degli Arakne Mediterranea nel cd "Tre tarante", sinceramente meglio questa dei Coribanti, più fresca e leggera, anche perché non accompagnata dalla tammorra muta (comunque interiore come strumento) e affidata, invece, a tutto l'ensemble, che chiude con un bel giro strumentale.

E l'ultima traccia è forse quella che va più fuori dalla tradizione (se si può considerare fuori dalla tradizione qualcosa solo perché non usa solo il giro di tonica e dominante ma lo arricchisce con intervalli naturalissimi). Il brano ha una bellissima parte solistica, leggera ed eterea come tutto questo cd, affidata al flauto, che canta una parte talmente umana che verrebbe quasi voglia di mettere delle parole e mettersi a cantare.

La pizzica pizzica, che come abbiamo già visto è sempre dolce e svolazzante e mai povera ed ossessiva fino allo sfinimento (queste cose non mandano in trance, fanno più che altro venire l'esaurimento nervoso!) qui è triste ma è sempre fresca e piacevole.

Si chiude con poche note di flauto, così i Coribanti ci salutano sfumando.

Bel gruppo, bel disco, salentini e suonatori di musica salentina: imparate!

lunedì 30 gennaio 2012

Youtube e altre storie comunicative.

Carissimi lettori, oggi mi va di aggiornare il blog, non parlando di musica ma con un'invettiva dedicata a quelli di Youtube.

Come avranno notato gli utenti più abituali del sito esso è stato ristrutturato in maniera discutibilissima. Enumeriamo le principali caratteristiche negative (di positivo io non vedo niente!).

Intanto non si può più fare "amicizia" con le persone, poi non ci si può più iscrivere ai canali (i vedenti ce la fanno ma io no).

Va anche detto che io (con jaws versione 5.10 come screen reader e Internet explorer 7) vedo i profili raddoppiati. Veramente inutile. Sinceramente mi ricordo che si poteva tornare alla vecchia homepage, io ci ho provato ma non ci sono riuscita, se non sbaglio ormai non è più possibile. Tramite questo blog io lancio un appello: protestate in qualche modo, reclamiamo, magari li convinciamo a tornare indietro.

Fra l'altro in questo macello della grafica ci si è messo anche il fatto che non ti fa partire i video sui quali tu credi di cliccare: io prima volevo ascoltare una canzone e mi è partita la pubblicità dei "prezzi pazzi". È da una quindicina di giorni che ciclicamente si ripropone il problema e non fanno niente di concreto per risolverlo.

Se qualcuno sa come potermi fare tornare alla vecchia homepage mi scriva a valentinalocchi@hotmail.it, indirizzo di posta che potete utilizzare per qualsiasi comunicazione, meglio la posta (alla quale posso rispondere e lo faccio con grande piacere) che i commenti che non mi arrivano, quindi li vedo raramente e poi non posso entrare in contatto con chi li redige.

Scusate per questo articolo, serve solo per uno sfogo personale e per piccoli consigli a chi voglia entrare in contatto con me.

Comunque ringrazio tutti quelli che passano sul mio canale di Youtube (www.youtube.com/valentinalocchi) perché solo loro mi dànno il coraggio di non cancellarmi.

sabato 21 gennaio 2012

Bigazzi secondo me

Carissimi lettori, l'altro ieri la musica italiana è stata funestata da un lutto importante: è morto Giancarlo Bigazzi.

Come amo fare io con i musicisti ed i parolieri lo ricorderò con un po' di aneddoti e riflessioni su alcune canzoni che ha scritto.

La prima citazione va per uno dei tanti capolavori della carriera di Massimo Ranieri (quando non faceva l'intellettuale che porta la canzone napoletana verso la world music). Il brano è "Rose rosse", pezzo coronato da un'orchestra fantastica. Bello il testo, leggera riflessione sui cambiamenti sociali del boom economico (non critica ma riflette e racconta, anche questo è importante, forse più delle canzoni a orologeria!).
Poi si può citare "Luglio," noto tormentone estivo, di quando in estate si ascoltavano canzoni che oltre ad essere da spiaggia erano anche belle e non scadevano come mozzarelle. Il brano ha una di quelle andature latineggianti che sempre (tutt'ora) connotano spesso e volentieri l'estate, sottolineate dalle marimbe e dalle trombe messicaneggianti.

Notevole è anche "Il carnevale", da Bigazzi scritta per la Caselli, che la interpretava con leggerezza senza tralasciare il pathos del testo, che esprime senza pudicizia il grido d'una persona lasciata dal proprio amante.

Altro tormentone a firma Bigazzi è la bellissima "Lisa dagli occhi blu" cantata dal grande (ma per colpa della semplicità apparente di questa canzone e della nostra superficialità) sottovalutato Mario Tessuto. Nell'interpretazione di Tessuto il brano, su un addio consumato tra i banchi di scuola, diventa un grido di dolore unico.

Meno importante per me, non per questo meno bella, è "Lady Barbara" cantata da Renato dei Profeti (quelli de "Gli occhi verdi dell'amore"). La canzone ha un'aria favolistica, si parla di un amore irraggiungibile, direi perfino un po' gotico.

Dalla collaborazione con Totò Savio (che poi sarà con Bigazzi e Pace una delle anime degli Squallor) nasce "Vent'anni", una di quelle melodie semplici ed aperte che permettono come poche di brillare al grande Massimo Ranieri, raccontando con leggerezza la storia di una vita.

Per Ranieri scrive anche "Erba di casa mia", resoconto nostalgico di esperienze giovanili. Anche questa porta con sé un ritmo lento e asciutto, bella davvero.

Non ho mai amato i fratelli Bella, ma in questo articolo li devo citare tutti e due. Bigazzi per Marcella ha scritto alcune canzoni tra cui mi va di citare la famosa "Montagne verdi", bella ballata nostalgica, che però per me non ha il fascino impareggiabile di "Sole che nasce sole che muore".

Per il fratello scrive "Non si può morire dentro", "Questo amore non si tocca", Più ci penso". Queste tre canzoni fanno di bella un ottimo musicista ma un interprete sfortunato: mamma natura non l'ha dotato di una voce minimamente affascinante.

Per i Camaleonti, insieme a Claudio Cavallaro, scrive alcune canzoni di cui conosco solo "Eternità", ottimo testo, reso pesante da certe trovate discutibili della melodia.

Non amo nemmeno Tozzi ma va detto che Bigazzi scrive per lui canzoni notevoli: non ne posso più delle due canzoni-tormentone "Ti amo" e "Gloria" ma non posso tacere la bellezza, pur nella sua apparente semplicità di "Donna amante mia", la cui tenerezza ha sempre saputo distruggere ogni mio preconcetto.

Facendo un salto di una decina d'anni ci ritroviamo il nome di Bigazzi in quella canzone, tormentone e banale quanto volete ma comunque ben fatta, che è "Si può dare di più", portata da Ruggeri, Tozzi e Morandi al Sanremo 1987 (e vinsero, meglio di chi ha vinto mediamente gli ultimi Sanremo, eccezion fatta per Vecchioni).

Gli anni Settanta sono anche gli anni degli Squallor: ve la ricordate "Trentotto luglio"? Trauma!

Credo che lì la voce da basso (bellissima ma al contempo terrificante per la sua profondità disumana) non appartenga a Bigazzi, comunque tra i componenti del gruppo c'è anche lui.

Negli anni Novanta il Bigazzi (dopo aver spalleggiato gente come Pupo...) fa un errore madornale: produce Marco Masini. Il cantante "disperato" io non lo posso sopportare: troppo triste. Le ultime? Pur di farsi perdonare la tristezza con cui ci ha ammorbato per anni adesso fa l'allegrone!

Sempre grazie a Bigazzi scopriamo il primo emulo di Masini uscito qualche anno dopo: Alessandro Canino. Vi ricordate una canzone patetica e bruttissima chiamata "Brutta"?

Per chi fosse tanto giovane da non ricordarla dirò che è la storia di una ragazzina bruttarella che viene consolata dal protagonista maschile della sua bruttezza durante una festa di compleanno nella quale le sue amiche la lasciano sola.
"E mi piaci tutta: brutta... lo vedi che non sei brutta... crescere è sempre una lotta, ma io ti aiuterò" (vado a memoria, è da un secolo che non ho la grandissima fortuna di imbattermi in questa brutteria suprema).

Grazie al Bigazzi, poi, abbiamo il piacere (si fa per dire...) di scoprire Raffaele Riefoli, a tutti noto come Raff. È del paroliere in questione il testo dell'hit dance "Self control".

Grazie al Bigazzi (santo Dio che robettina...) scopriamo nel 1991 o giù di lì Paolo Vallesi, che con la canzone "Le persone inutili" ci viene a dire che le uniche vere persone sono quelle che non andranno mai sulle pagine dei giornali o nei cortei (ma che amano ogni giorno molto più di noi". Il ritmo, in sé bello, e il testo squallido verranno ripresi dal cantautore anche ne "La forza della vita", perché ritmo che ammorba non si cambia!

Bigazzi è il colpevole per uno dei tormentoni del 1992, la canzone vincitrice della sezione "Nuove proposte" del Festival di Sanremo "Non amarmi". Ancora mi ricordo che la cantavamo a scuola e io, pur essendo una femmina quindi dovendo razionalmente fare la parte di Francesca Alotta, per l'orgoglio di vedere un non vedente come Baldi arrivato fino a lì facevo sempre le parti sue.

Negli anni Novanta, epoca del tramonto degli Squallor, bigazzi intraprende la carriera di compositore di colonne sonore da film (ma è mai possibile che tutti, soprattutto spesso musicisti senza successo compongono per cinema?). È da ricordare, nel caso di uno che non lo ha fatto per mancanza di successo, la bigaziana firma apposta alla colonna sonora di "Mediterraneo" di Gabriele Salvatores.

È del 1992 il capolavoro (e si deve dire!) "Gli uomini non cambiano" interpretata dalla grande (graaaaande) Mia Martini in quel Festival di Sanremo che comunque di chicche ce ne aveva anpiamente sfornate.

È di Bigazzi (oh mamma mia!) la musica di uno dei capolavori del repertorio di Francesco Guccini dal titolo "Cirano".

Adesso, grazie al solito listone di canzoni che la Wikipedia (non deve chiudere, mai sia! dà ripercorriamo un po' meglio le tappe della carriera del nostro.

È del 1969 un altro pezzo del Del Turco molto carino, sempre con le atmosfere latineggianti che andavano tanto allora, intitolato "Cosa hai messo nel caffè". È una canzoncina che racconta con semplicità e leggerezza un innamoramento, metaforizzato dalla presenza di qualcosa di strano nel caffè bevuto dalla donna amata, che darebbe un'eccitazione del tutto speciale. La cantante Lisa Hono ne ha fatto una versione sussurrata e bossanoveggiante per me da scordare.

E anche la canzone "Sole che nasce sole che muore" è nata dalla penna del Bigazzi! Ascoltare tutto ma specialmente il flauto col soffio alla Jetro Tull applicato alla melodia italiana.

Tra i brani dei Camaleonti merita sicuramente una citazione (non per la bellezza, solo per la notorietà) "Perché ti amo". Questa canzone potrebbe essere portata come esempio del fatto che anche il più bel testo può essere ridotto a pattumiera da un arrangiamento penoso e da una musica mal fatta. Per una serenata dalla semplicità quasi popolaresca si impiegano mug, wawa e altri effetti assurdi.

Come si può raccontare la tossicodipendenza con le parole che capirebbe anche un bambino di cinque anni? "Perché lo fai disperata ragazza mia, perché ti fai..." (citazione a memoria dal capolavoro-bruttura di Marco e Giancarlo Bigazzi lanciato dal Masini al Sanremo 1991. Pensate un po' a confrontare questa frase con: "E adesso ridi e ti versi un cucchiaio di mimosa nell'imbuto di un polsino slacciato" (De Andrè, "Giugno '73").

Un po' di polemica c'è forse stata, comunque un altro mito se ne è andato e io così l'ho ricordato.

mercoledì 18 gennaio 2012

Sui big del Sanremo venturo

Carissimi lettori, mentre sto preparando un'altra avventura virtuale sulla quale mi terrò un articolo a parte, mi va di aggiornare questa mia prima e mai dimenticata creatura virtuale. Mi va di fare un articolo (al fulmicotone...) sul Festival di Sanremo 2012, sui cantanti in gara nella sezione "big".
Grazie al bellissimo sito www.popon.it diretto dalla giornalista Paola De Simone ci possiamo sfogare sulla lista malefica: quest'anno non mi aspetto il Vecchioni di turno.

La prima artista è anche brava, una delle poche voci valide sfornate in questi ultimi anni, dal colore caldo e dalla timbrica potente, mi riferisco a Nina Zilli (vi ricordate la bellissima "L'uomo che amava le donne" o "Centomila" colonna sonora di un film di successo? Quella è la Zilli).

Per fare il verso ai festival di sanremo di una ventina d'anni fa (che a loro volta ricopiavano da quelli di trent'anni prima) tornano gli stranieri. Con Nina Zilli nella serata dei duetti (quest'anno solo con cantanti stranieri) la cantante romana duetterà con la voce dei Morcheeba in un brano intitolato "Never never". Staremo a vedere, qui in fondo il tono polemico è assente.

Ma ecco "lu focu" s'accende. Il cantante in sé non è male, anche perché ci si riferisce a Samuele Bersani, la canzone ("Un pallone") non può essere giudicata perché sconosciuta, ma il problema è che il cantautore (dato il suo essere romagnolo ha scelto di reinterpretare "Romagna mia" in inglese (voglio che ai Grammy qualcuno tipo Eminem faccia un reppaccio dei suoi in italiano, la tortilla tiene que volverse, ¡diablo!)). L'ospite è Goran Bregovic, la cui maestria è fuori discussione, ma forse è fuori luogo. Per ascoltare qualcosa di bello di Bersani io vi consiglio di ritrovare "Replay" (brano presentato ad un Festival di una decina d'anni fa), "Giudizi universali" e, soprattutto "Il mostro", pubblicata per la prima volta nel cd "Amen di Dalla (tra un pochino ne parleremo...)

Dolcenera, la prima cantante salentina che ha sbancato prima della coppia Amoroso-Marrone, torna con la sua voce da cantante rock sussurratrice che finge di urlare ma non ce l'ha fa, con un brano dal titolo "Ci vediamo a casa". Lei a me non è mai piaciuta, non le perdono poi di aver sfruttato come nome un personaggio di Fabrizio De Andrè, è come se io mi chiamassi "Macaria" dato che amo gli Zoè... vergogna!

Duetterà con un artista che disconosco in un brano che non so capire quale è.

Dalla, Dallino, Dallotto! Qualche mese fa tu avevi sparato cazzate (adesso Bertoncelli non spara più, adesso spari tu!), avevi detto che il pop l'avevi lasciato per il troppo schematismo che vi è dentro. Solo che... Mi duetti con Pierdavide Carone da Amici, la mecca della musica pop spazzatura! Vabbè che dopo la pagliacciata con Marco Mengoni su "Questo è amore" nel brano "Meri Luis" da te mi aspetto di tutto
(Per chi non sa il nostro ha tolto alcune parti del canto originale e, sulla stessa base ha fatto cantare l'asessuato!).

Il duetto che Dalla proporrà certifica un'ossessione del bolognese: essere meridionale. Lucio Dalla, insieme ad un artista che disconosco, canterà "Anema e core". Sinceramente è veramente negato per cantare musica del Sud, basta sentire l'orribile versione de "Lu rusciu" che Dalla dette in una N.D.T. sparagnesca.

La cantante che continua il listone è Irene Fornaciari, figlia d'arte come si vede, anche se va dato merito al padre d'averle per anni sconsigliato la carriera musicale (io ho un preconcetto stupido ma ancora non lo riesco a vincere, sui figli d'arte italiani, in pratica non me ne piace uno). L'unica cosa bella è l'artista con cui duetterà, il grande Brian May dei Queen, uno dei migliori chitarristi rock senza le pretese virtuosistiche che affollano quel mondo e la musica in generale.

E a proposito di quanto dicevamo in occasione della presentazione di Dolcenera, ecco una della coppia delle salentine sopra citate: Emma! Il brano che presenta è "Non è l'inferno", mentre dovrebbe (dico "dovrebbe perché Maria Letizia Veronesi, vedova Battisti li starebbe fermando cantare "Il paradiso" insieme ad un artista che non conosco. La voce di Emma non sarebbe neanche male se non urlasse troppo.

E qui non si può che parlare bene del gruppo e (perché no) anche della cantante testè ritornata. Mi riferisco ai Matia Bazar con "Sei tu" e alla stupenda voce di Silvia Mezzanotte. Basta ascoltare canzoni come "Brivido caldo" o "Messaggio d'amore" per farsi un'idea di ciò che ci potremmo assaporare tra un pochino. Il cantante anglofono con cui duetta il gruppo genovese è bravissimo (Aljarreau), ma è troppo virtuoso, a me il virtuosismo stanca.

Noemi, forse l'unica cantante veramente convincente degli ultimi anni insieme alla già citata Zilli, torna a Sanremo con "Sono solo parole". Per quanto riguarda il duetto anche questo è a rischio stop, in quanto si omaggia battisti con una traduzione di "Amarsi un po'" (rimpiango quando erano gli stranieri a cantare in italiano, in questo modo entrambi ci arricchivamo: noi conoscevamo pezzi di altre culture che ci sarebbero rimasti sconosciuti altrimenti,, i cantanti stranieri facevano esperienze di nuove sonorità). Ora loro si impongono e noi ci schiavizziamo. Comunque l'abbinamento stavolta potrebbe essre buono, la cantante anglofona è Sara Jane Morris (già interprete della versione inglese di "Se stiamo insieme" al Sanremo 1991), le due voci hanno un bagground simile, non dovrebbero cozzare.

È proprio il caso di dire: "¡Que lástima!".. In spagnolo questa espressione significa: "Che peccato". Immaginatevi di mettere insieme un artista che non amate ma rispettate con uno che detestate. Ecco l'accoppiata successiva. Francesco Renga, per la sua temerarietà e oserei dire discrezione si è guadagnato una certa stima, torna al Festival di Sanremo con "La tua bellezza". Chi detesto è Sergio Dalma, cantante spagnolo che qualcuno ricorderà per "l'amico che hai", canzone dello spagnolo rifatta in italiano con Antonacci. In quel caso le due voci stavano bene insieme, entrambe roche, vissute, simili. Ok che i duetti spesso si fanno per contrasto, il problema sorge insolubile quando si tocca una canzoncina da niente (di Meccia e Fontana, chiamata "Il mondo"). Qui ci vuole una voce melodica, Renga ce l'ha, Dalma no!

E con tutta la "Sincerità" me la sarei risparmiata volentieri la prossima artista, come forse avrete sospettato parlo di Arisa. Intanto non mi è mai piaciuta la sua voce, non sa di niente. Poi, sinceramente, è adatta per le canzoni leggere (forse leggera potrebbe essere una definizione che le potrebbe calzare...). Ovviamente non posso parlare della canzone inedita e conosciuta solo a Morandi e Mazzi, posso però dire che il pathos che ci vuole per cantare "Che sarà" (che è il brano che costei reinterpreterà in coppia con uno dei suoi interpreti originali, il portoricano José Feliciano) è almeno per me completamente assente dalla sua voce. Forse il virtuosismo del chitarrista metterà una bella pezza!

Ed eccoci a Chiara Civello (incognita perché è caduta nello stesso errore in cui cadde la Balistreri nel 1973, se viene ufficialmente presa è uno scacco alla buona musica: le canzoni dei big devono essere inedite, questa non lo sarebbe). La cantante di questo nuovo jazz (pop jazz, acid jazz, non lo so!) duetterà con Shaggy ("bombastic " vi dice qualcosa, a me sì!). La cosa potrebbe tendere al curioso, bisognerebbe capire quale titolo italiano si nasconde sotto quello inglese citato su www.popon.it.

Andando avanti (e siamo alla fine grazie a Dio), c'è il duetto più assurdo della storia della musica italiana degli ultimi anni. Immaginatevi due persone che (almeno per me) non sono accumunate che da una cosa: l'essere nati nel Sud Italia. Di lui posso dirvi che è il capo di una casa di produzione che voleva (non so se l'ha fatto, spero sia fallito!) esportare altri cantanti neomelodici napoletani sul firmamento nazionale. Avete capito di chi parlo: ovviamente il Gigione D'Alessio (preferisco Gigione vero, almeno con lui mi faccio quattro risate! Attenzione: il "Gigione vero" è un cantante di liscio napoletano: ebbene sì!).

Cosa dirvi di lei: nata a Bagnara Calabra, sorella di una molto (mooooooolto più brava di lei, purtroppo morta a quarantasette anni. Ovviamente mi riferisco a Loredana Bertè, sorella della grande (graaaaaande) Mia Martini.

Vi immaginate D'Alessio e la Bertè insieme: per trovare di peggio giusto se penso a Pupo, il Principe e il Tenore. Duetteranno (cioè "terzetteranno!") con una tedesca a me sconosciuta.

Dopo "O Fado" (Edel, 2001), "Il silenzio e lo spirito", "Anima blues" e altre esperienze particolari e formative (non è come Dalla che prima sputa sul piatto dove ha mangiato per quarantacinque anni e dopo duetta con Pierdavide Carone) Eugenio Finardi ritorna alla canzone d'autore. Staremo aperti ad ascoltare la sua canzone nonché il suo duetto in inglese con Noa (una delle più belle voci al mondo, basta sentire "Beautyful that way" o "Es caprichoso el azar con il grande e sconosciuto in Italia Joan Manuel Serrat). Forse la cosa migliore del Festival.

L'ultimo big è un gruppo, del rock indipendente, perché è da diverso tempo che Sanremo (per mangiarsela, come ha fatto per molte altre cose negli anni) sta strizzando l'occhio alla musica alternativa. Si chiude con i Marlene Kunz che, dopo aver presentato un brano di cui non mi è rimasto il titolo, duetteranno con Patty Smith. Non nego la bravura della cantante ospite, non nego una certa compatibilità tra i due mondi, ma mi sembra una grande corsa al mito.

Avevo voglia di fare questo articolo, per dirvi che potrete contare ancora su questo blog. Buon anno musicale tra musicadautoredintorni.

domenica 18 dicembre 2011

"Sodade": ricordo di Cesaria

Carissimi lettori, la musica capoverdiana oggi è di lutto, difatti ieri se ne è andata la più grande voce dell'arcipelago, la cantante di Mornas e Coladeras Cesaria Evora.

Per descrivere i generi di musica capoverdiani, alcuni portoghesi, forse con un po' di megalomania ma comunque realisticamente, dicono che sono "fados con ritmo".

Per me, sinceramente, pur avendo sentito altri cantanti capoverdiani, nessuno ha l'espressività dolcemente strappacuore della voce di Cesaria.

L'album a cui io sono più legata è "Café Atlántico", disco del 1999 dove, oltre a Mornas e Coladeras, si assiste anche all'interpretazione di brani in portoghese ("Negue", classico brasiliano) e in spagnolo ("Maria Helena"). Per motivi ovvi, legati alla lingua, rende di più l'interpretazione intima del primo brano, piuttosto che quella del secondo, dove comunque c'è un bellissimo arrangiamento.

Le canzoni di Cesaria sono cantate in creolo, una lingua nata dal contatto tra il portoghese, lingua dei colonizzatori europei, e i dialetti africani autoctoni. Purtroppo io non capisco molto i testi, ma spesso essi sono animati da un senso quasi ecumenico, che forse la nostra musica (sia leggera che popolare) dovrebbe riscoprire.

Bella la voce dell'Evora, che era dolce ma potente, leggera e malinconica.

Gli ultimi album, come i primi, usciti tra l'altro quando la cantante aveva più di quarant'anni, non sono forse perfetti. Le due gemme che costellano la sua discografia sono, almeno per me, "Café Atlántico" (già citato ma "repetita iuvant") e "São Vicente di longe".

Scusate se questo articolo non può assolutamente ambire ad essere il ritratto di questo genio capoverdiano, è stato l'unico modo che ho trovato per sfogare la mia tristezza.

martedì 6 dicembre 2011

Chicca officiniana imperdibile!

Carissimi lettori, devo aggiornare il blog con un piacere del tutto particolare. Rovistando nel web (e non si finisce mai di scoprire roba nuova!) ho trovato un'intervista a Lamberto Probo degli Zoè veramente succulenta. Risale alla partecipazione del gruppo alla penultima edizione di "Roma incontra il mondo", rassegna di musiche popolari che si tiene nell'estate romana.
Il link è radiosonar.net/.../82-intervista-officina-zoe-10-luglio-roma-incontra-il-mondo.html.
Non ve la spiego, il musicista si sfoga a tutto tondo, da godere!

domenica 4 dicembre 2011

Una bella notizia "pizzicata"

Carissimi lettori, oggi scrivo per darvi una delle notizie più belle che mi potesse capitare di dare.
Dal sito "www.radiotvsalento.net" si può accedere con estrema facilità alla prima web radio dedicata alla pizzica ed alla musica popolare salentina chiamata "radio salento pizzica station".

Laprima volta che l'ho aperta il giorno non sembrava essere dei migliori perché mi ha salutato il gruppo dei Mascarimirì (il "cavallo" e il "cavallino" che nitrivano di una contaminazione tra pizzica, tarantella, rai e non so che altro... incubo!).

Dopo, a Dio piacendo, sono arrivati gli Allabua con "'A vigna", traccia minore del loro secondo cd, incisa con la collaborazione di Quintino Sicuro alla ghironda. Subito dopo sono partiti i Cunservamara, gruppo della nuova ondata, non privo di spunti di interesse. Il loro brano era una versione stornellante di "Te sira".

Tornata ad accendere la web radio sono stata accolta da una "Carataranta" del Canzoniere Grecanico Salentino a guida Daniele Durante. Il brano non è un capolavoro ma è inhnegabile la maestria del gruppo.

Ora mi stanno deliziando gli Officina (Zoè ovviamente!) con la loro versione de "lu rusciu de lu mare", tratta dal classicissimo "Terra".

Continuerò per un po' ad ascoltare redigendo un resoconto di una playlist, per consigliarvi a voi comunque di ascoltarla e farle anche delle critiche, costruttive e sentite come a me piacciono.

Continuando si arriva ad un brano de La notte Della Taranta, ossia alla"Pizzicarella" versione Sparagna. La critica che viene istintiva è che mettono troppo prevalentemente cose commerciali ma meglio di niente come divulgazione della pizzica si può accettare.

Il brano sinceramente è una delle peggiori cose che si siano mai fatte, in quanto il signorino Sparagna nei suoi tre anni di conduzione dell'orchestra popolare (idea bruttissima in sé oltretutto!) si è ritenuto in diritto e in dovere, per ridare contemporaneità al folk salentino, di rimusicarlo in tutto e per tutto. Questo a casa mia si chiama essere ladroni! Per me, e fortunatamente non solo, la "Pizzicarella" della "Simpatichina" è più bella e più coinvolgente.

Poi, per quanto riguarda la voce di Alessia Tondo, bambina prodigio della Notte, non ha una voce convincente ma nemmeno un po', e sette anni dopo questa incisione (2004-2011) la sua voce è già rauca e forza molto se canta. Se questo è il futuro del Salento sinceramente meglio restarsene al passato.

Va detto che la batteria, e su questo Sparagna è stato bravo, imita i tamburelli, anche se piuttosto che sentirli imitati da una batteria io li avrei voluti sentire dal vero i tamburelli.

Pur di allungarla allo sfinimento, invece di trovare nuove strofe, cosa che veramente darebbe un futuro a questa musica, la "Pizzicarella" si ricanta identica in tutto e per tutto. Fantasia, novità, innovazione solo a chiacchiere, a fatti stagnazione!

Gli strumenti si stanno dando a una pizzica casinara ma forse coinvolgente per i "tarantolati" (e la smettessero di chiamarsi così!) che stavano nel cortile del convento degli Agostiniani.

Questa stazione ha di bello che alterna brani veloci e brani lenti. Andando avanti si ascolta un brano, probabilmente in dialetto siciliano o brindisino, con un testo bellissimo ma con una musica ed un arrangiamento di questi che vanno di moda ora, in minore, con tre accordi e melodie dove, pur di non calcare e imitare gli anziani, si fadiventare il folk altrodase stesso. Almeno qui non c'è la batteria, si ascolta un gruppo quasi tradizionale. Come spesso succede nei gruppi nuovi, magari si assiste anche ad un dominio buono degli strumenti, qui fanno cose interessanti sia le percussioni che il violino, ma anche alla scarsità delle voci, che invece, secondo quanto affermano quelli che hanno iniziato questo lavoro venti o più anni fa, sono l'elemento più importante della musica popolare salentina, che, non lo scordiamo, era cantata nei campi e non c'erano strumenti se non in cotnate occasioni.

Il brano successivo fa fare un bel salto di qualità, difatti, dal cd "Focu d'amore" del Nuovo Canzoniere Grecanico Salentino a guida Mauro Durante, si ascolta la "Pizzica caddhipulina", molto ben cantata e suonata da tutti.

Il canale comunque è caldamente consigliato, ma ancora un pochino lo seguiamo redigendo un resoconto.

Oltre al repertorio tipico di ogni regione o di ogni zona c'è un repertorio che ormai è diventato una "coinè", ossia uno standard panameridionale. Tra i brani che compongono questo standard, purtroppo, c'è "Brigante se more", brano con testo e musica d'autore (Eugenio Bennato e Carlo D'Angiò) dedicato al brigantaggio, una forma di "leghismo" meridionale, molto più giustificato della secessione della Lega Nord, comunque inutile in un'epoca di globalizzazione selvaggia dove per aver spazio si può solo pensare unitariamente e non separarci.

Si dovrebbe riparare le ingiustizie che da ogni lato si sono perpetrate, si dovrebbe vivere in pace tra di noi, l'Italia è bella perché è ricca di diversità, restare uniti è un dovere!

Comunque questa canzone io non l'ho amata né nella versione originale né, tantomeno, in quelle fatte in tutto il Sud senza conoscere il dialetto napoletano, in una coinè (anche questa insopportabile quanto questo obbligo di scimmiottare i dischi di Bennato di trent'anni fa spacciati per tradizione) dove si mischia napoletano, salentino, siciliano. La stessa traccia continua con "Vulesse addeventare nu brigante", altro brano della "coinè" che io condanno (il Sud, come tutta l'Italia, è bello perché è diverso e vario. Un conto è se tu scegli consapevolmente di fare tutto il Sud, un altro è, come succede ora spessissimo, se per ignoranza di quello che hai a casa tua, lo vai ad arricchire con brani, oltretutto prevedibilissimi, presi da altre regioni senza studiarti niente né gli stili né i dialetti).

Adesso stiamo ascoltando un brano di un gruppo a me sconosciuto (purtroppo qui non so se si sanno gli interpreti ed i titoli delle canzoni, per ora io non so come fare). Il brano è bello solo per la musica, le voci fanno abbastanza pena, ma già ne abbiamo parlato in precedenza,questo è il futuro della musica salentina (preferisco il passato, grazie!).

La critica è sempre quella, quasi solo cose commerciali!

E torniamo al piacevole, arrivano gli Zimbaria (i veri, quelli con Pino "Zimba"!). Dal loro primo disco ("live", 2004) arrivano degli stornelli con strofe riprese dagli Ucci, almeno adesso si canta la vera tradizione salentina.

Adesso fate voi, io ve l'ho detto e comunque sono felice.