domenica 14 aprile 2013

Qualche parola su "Radio Italia story"

Carissimi lettori, come avrete notato amo molto riflettere sulle scelte di un canale radiofonico che seguo con alterna passione da ormai vent'anni. Mi riferisco a Radio Italia solo musica italiana. Il gruppo, tramite l'etichetta "Solo musica italiana" ha pubblicato una compilation tripla dal titolo "Radio Italia story" (la parolina inglese fa esterofilo, piace tanto a chi crede che usare la propria lingua sia un obbligo). Mi va di commentare per voi la tracklist, il disco esce lunedì 16 aprile. Si inizia con una "Non me lo so spiegare", buona canzone di Tiziano Ferro, dall'andamento lento e largo e dal testo molto bello (non si può negare qualità al musicista di Latina, io la penso in un certo modo su di lui ma l'ho già detto). La seconda traccia ci fa fare un salto indietro (il brano di Ferro ha circa una decina d'anni) fino al 1993 e ci riporta a "Tutte storie", album di Eros Ramazzotti che io ebbi in cassetta all'epoca perché qualcuno mi voleva far passare da Zero, che io avevo appena scoperto, al "naso che canta". Ovviamente non ci sono riusciti, anche perché ho sempre ritenuto che il romano cantasse testi banali (e questo è uno di quelli dove pur di parlare di tutto non si parla di niente). Molto più recente è la terza traccia che ci porta la canzone che Laura Pausini dedicò a sua nonna scomparsa. Il brano è tratto da "Primavera in anticipo", penultimo album di inediti della romagnola. Il brano non è malvagio ma Dio mio per ora non si vedono capolavori. Torniamo al faditico e fatale 1993 (due brani su quattro...) con "Vivere" bellissima ballata tratta da un cd che per me ha segnato invece l'inizio dell'ormai irreversibile declino di Vasco Rossi. La ballata descrive quel senso di scoramento che Vasco viveva fortemente in quel periodo, basta pensare a "Stupendo", altra traccia del cd dove si diceva che tutte le cose in cui si era creduto negli anni precedenti erano state inutili (una "Quello che non" con meno poesia e senza pensieri montaliani). Stupendo il brano, senza casini da rockettari frustrati. Ma un brano sconosciuto no? Quanto vorrei una compilation dove si andassero a ripescare i brani che non hanno fatto la storia, i "perdenti" spesso aprioristicamente. Si va avanti con Biagio Antonacci, con una di quelle canzoni smielate che hanno fatto la fortuna del cantautore, "Iris". Molto bella la tonalità di dodiesis minore, ma il giro sfruttato è banale, il testo mieloso. Inno per inno, andando avanti si trova uno di quelli di chi vuole "fare" il rockettaro (se lo sei non lo devi ostentare, secondo me qui invece si ostenta anche troppo). C'è "Certe notti" di Ligabue alla traccia successiva, tratta da un cd chiamato "Buon compleanno Elvis", il quale, secondo alcuni fan del rocker di Correggio, segna l'inizio della sua standardizzazione, sicuramente addio alla sfacciataggine di usare strumenti alternativi al trio batteria-basso-chitarra. Dal festival di Sanremo 1995 viene la vincitrice "Come saprei" di Giorgia. Bel brano, anche perché ancora la cantante romana non si era convinta che per cantare bisognasse urlare. Il testo forse in alcuni momenti cade nella retorica, ma si può capire. Ma vergogna! Spero che quelli di Radio Italia sappiano di chi è "Meraviglioso", scritta da Domenico Modugno, artista che, pur essendo ignorato dai media nazionali, continua a tutt'oggi ad essere uno dei punti di riferimento per gli amanti stranieri della nostra musica. Qualcuno magari mi dirà che da fan di Mimmo dovrei festeggiare che molti gruppi reinterpretino i brani del polignanese. Io non solo non festeggio ma sono scettica. Mi chiedo: quanti lo fanno con spirito di passione sincera? Quanti lo fanno solo per coprire mancanza di creatività? Io la penso come Cinzia Marzo (secondo me il concetto è molto trasportabile in ogni ambito): io reinterpreto perché mi viene da dentro e non sconvolgo, quando voglio sperimentare compongo io. Le parole non sono esatte, mi sono permessa di adattarle. Sangiorgi e compagni (Negramaro) prendono "Meraviglioso" e la riscrivono quasi, frequentando molti fan dei Negramaro ho pure scoperto che le loro cover piacciono e che noi dovremmo stare zitti. Io non ne posso più. Si va avanti ricordando un bel brano di Elisa Toffoli, che, al contrario di Spagna, riesce a cantare tanto in inglese quanto in italiano, dimostrando di avere tanta familiarità con l'una quanta con l'altra lingua. Il brano è interpretato con un cameo di Luciano Ligabue. Bello sia testualmente che musicalmente. E ovviamente chi è il prossimo? Sono i Modà, con un bel brano tratto dal cd "Viva i romantici", a cui va riconosciuta un'invidiabile longevità. Torniamo al Festival di Sanremo dell'anno scorso con la vincitrice, scritta tanto bene da Francesco Silvestre dei Modà per la voce di Emma Marrone. La canzone a me era piaciuta lì per lì, anche se mi era parso che si volesse andare dietro ad un filone, quello del cantautorale "impegnato", facendo il verso alla bellissima e sincera "Chiamami ancora amore" di Vecchioni, che scomponendo gli schemi aveva vinto l'anno prima. Emma ha un bel timbro, se lo sfruttasse meglio sarebbe buona cosa. "E questo no, non è l'inferno", è il Paradiso. Andando avanti c'è "Quello che le donne non dicono", capolavoro di Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone, interpretato da una grande Fiorella Mannoia al Sanremo 1987. Canzone stupenda tutt'ora ascoltata e cantata come poche, ritenuta a ragione inno alla femminilità. Andando avanti si toccano capolavori, perché si continua con "La donna a cannone", che sin dal primo nanosecondo ti fa morire con quel diavolo d'assolo di piano, con quelle tre note in scaletta alle quali non resisti. Queste sono delle scintille di creatività di cui De Gregori è spesso dotato, che gli fanno scrivere melodie e poesie folgoranti. E questa è la mia musica italiana. La penultima traccia del cd 1 (sono tre i cd che costituiscono la compilation) è ritenuta molto bella. Ne riconosco l'alta qualità (anche se non ho una grande stima di Battiato) ma non concordo. Il brano in questione è "La cura", forse grande dimostrazione di gratitudine ma per me un po' affettata (preferisco e avrei gradito più "E ti vengo a cercare"). L'ultima è davvero di quelle di cui c'è poco da dire. Cantata ineluttabilmente ogni 31 dicembre, per augurarci che "L'anno che verrà" sarà migliore di quello che si chiude, la canzone è in realtà piena di significati riposti in ogni sua più profonda piega. Nonostante ciò è semplicissima, chi riesce a fare lavori così è artista, Dalla lo era. Il secondo cd inizia alla grande, con "Avrai" di Claudio Baglioni, brano dedicato ad un bambino, suo figlio, al quale raccontava il futuro, in alcuni casi prendendoci, in altri lasciandosi molto indietro (d'altronde abbiamo vissuto cambiamenti imprevedibili). Musicalmente è apparentemente semplice, ma di quella semplicità che nasconde belle difficoltà, non si suona se non sei più che bravo. Baglioni quando la fa dal vivo ci si diverte molto proprio per questo. E se il brano precedente era un capolavoro, il prossimo è una ballata a cui non può essere disconosciuta bellezza, ma che già non mi tocca più di tanto. Sempre meglio del Grignani "rockettaro per forza" degli ultimi anni, quello dei primi cd, dove il rock veniva condito e quasi portato ad un'italianità molto profonda. Riascoltare "Falco a metà" è una bella esperienza nonostante tutto. Molto più recente e banale secondo me è "La tua bellezza", uno di quei brani in cui Francesco Renga vorrebbe comporre qualcosa di liricheggiante perché gli piace l'opera. Se uno non ha una voce più che adatta per fare certe cose sarebbe meglio scordarsele. La quarta traccia è stata inno elettorale del PD qualche anno fa (Dio santissimo). Una canzone lenta ma con un groove elettronico sul quale Jovanotti spalmava note stonate come nutella sul pane. Era un Mantra, di quelli che al PD piacciono tanto come il "Cambiare si può" che Bersani ripete sempre. In questo caso era "Mi fido di te". Tornando indietro di una ventina d'anni si ritrova "Quando", canzone di Pino Daniele colonna sonora del film "Pensavo fosse amore, invece era un calesse" di Massimo Troisi. Bellissima ballata in cui il chitarrista napoletano, invece di fare il bluesman 'e nuje trova davvero una strada sua anche melodicamente ricca, quindi arriva alto. E ogni tanto una bella vincitrice di Sanremo ci vuole, qui c'è "uomini soli" dal Sanremo 1990. Bellissima melodia, buono anche il testo, almeno non sdolcinato, ma le loro voci sono da stenderci un velo pietoso (a me di gruppi rock italiani piacciono pienamente solo i Nomadi di Daolio). Ritroviamo anche la seconda classificata del Sanremo 2012, dopo aver già visto la vincitrice, con "Sono solo parole" di Noemi. La rossa ha una bella voce, ma ancora mi deve finire di convincere. Chi la paragona con Mia Martini esagera molto, Mimì aveva molto più pathos. Ma la vogliamo smettere con questi accostamenti del cavolo? Andiamo da una bella voce ad una bella voce mal sfruttata. Secondo me Alessandra Amoroso potrebbe cantare belle canzoni se solo: non facesse sentire il proprio accento leccese (non mi affascina l'accento del sud sul canto), nun urlasse e cantasse testi meno patetici. E giustamente come dimenticare colei che è stata imitata appena uscita? Riascoltiamo, se proprio ci tenete fatelo, "Novembre" di Giusy Ferreri, brano che annunciava il cd "Gaetana" (altro che Giusy!). Mi fa riflettere questo titolo su una consuetudine di cui mi parla spesso una mia amica siciliana: la trasformazione di nomi ritenuti troppo vetusti in nomi esotici. Il brano ripete un ossessivo e opprimente fadiesis minore, da dimenticare, specialmente il vocalizzo che divide le strofe. Zucchero, quando ha visto che con il blues non guadagnava sufficientemente, si è buttato su questa specie di elettro pop, che d'altronde aveva la possibilità di prendere la melodicità italiana, che prima si disprezza ma poi si sfrutta per la cantabilità. Ovviamente con questo tipo di musica ci stanno bene testi filosofici, magari criptici. Un genere che va molto di moda è il bacarackiano-retro. Cremonini ci si è buttato con i Lunapop, non ha più smesso, questa sembra "Penny lane" dei Beatles. "Una come te", brano d'amore non banale ma la voce di Cesarotto non mi va giù! Ehm... questa no! "La fidanzata" è una canzone degli Articolo 31, che omaggiava la "Oh mamma mi ci vuol la fidanzata" di Natalino Otto. L'omaggio ha per caso avuto conseguenze? Non credo, quindi non festeggio. Non mi risulta che ci sia stato numero sufficiente di richieste di cd del grandissimo Natalino, vero swing man all'italiana. Odio ancora di più quando i brani omaggiati sono già dei classici, di quelli che non hanno assolutamente bisogno di essere ricordati. Sinceramente lo "Spaghetti funk" dei Gemelli diversi ha dato sempre esiti disastrosi, in "Un attimo ancora" (omaggio a "Dammi solo un minuto" dei Pooh) si salva solo per Jenny B, voce incredibile. Qualcuno mi potrebbe spiegare il testo di "Vieni da me" de Le vibrazioni? Siccome capisco l'italiano non ho mai capito di che parla. Musicalmente sarebbe anche un bel terzinato, ma è insulso il brano nel complesso. Il terzo cd rievoca la fase soul di Neffa, con una bella ballata dal titolo "Prima di andare via", dove senza tanta elettronica il signor Giovanni dimostrava di saper cantare, meglio dell'ultima dove imita troppo Francesco Bianconi dei Baustelle. I negrita non li sopporto, qui li troviamo con una canzone colonna sonora di un film, ritmicamente non banale. Ma non potrebbe essere proibito usare le canzoni di De Andrè come nomi d'arte? Dolcenera la troviamo con "Ci vediamo a casa", l'ultima sua partecipazione al Festival di Sanremo. Non banale ma nemmeno esaltante. Sfigati sono tanti, Masini un po' se l'è cercata, anche con questa canzone, anche se ha il lieto fine. Musicalmente non è male ma veramente è troppo triste. Mi riferisco a "Cenerentola innamorata". Si inizia a parlare di cose belle con una delle primissime canzoni di Luca Carboni dal titolo "Farfallina". Tenera conversazione con un'emarginata, deandreiana forse. Ma che brutta! La prossima è "Sei la più bella del mondo", io di Raf amo solo "Inevitabile follia", questa è troppo dance ma è quella dance che ha vergogna di essere se stessa. Troviamo Mina con "Volami nel cuore", tratta da "Cremona". Io forse avrei messo, anche per ridere un po', "Dottore" cantata con Beppe Grillo, che se avesse continuato a fare le sue cose invece di ammorbarci con il m5s magari era meglio. Si torna al 1982 con "E non finisce mica il cielo", capolavoro di Mia Martini, uscito dalla penna di Ivano Fossati, che quando non fa l'elitario è un grande. E mi stavo quasi stupendo di non trovare gli 883, che hanno fatto parte della BRUTTA storia della canzone italiana. Ma eccoli qua, con "Canzone d'amore". Ma perché non avete messo "Con un deca" da "Hanno ucciso l'uomo ragno" (senza Club Dogo, grazie!) Mi stavo forse dimenticando che qui si campa di hits. E si va avanti con Gianna Nannini con "Meravigliosa creatura", l'unica canzone bella della Nannini negli ultimi vent'anni. Bella la chitarra di Schiavone. Incubo! Sanremo 2002, quella che ho odiato di più me la ritrovo di qui (scritto alla perugina) spiattellata. "Salirò", dance con "bussi" orripilanti. Lui non lo stimo! Di Mengoni dico solo che non è il mio tipo, mi piacciono le voci maschili negli uomini. Zitti che non hanno scordato De Andrè. Del cantautore di Genova c'è "Don Raffaè", l'unica d'altronde passata da Radio Italia, neanche spesso. La penultima traccia accontenta noi "Sorcini" con Renato Zero con "I migliori anni della nostra vita" tratta dal cd del 1995. Bella e già eterna. Si chiude alla grandissima con Dalla-Morandi e la loro "Vita". Nel complesso bella ed obiettiva compilation, consigliata nonostante tutto.

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