giovedì 23 agosto 2012

Inti-Illimani Histórico: Ciclo cooperativa en vivo.

Carissimi lettori, così come ebbi il piacere di recensire il concerto che gli Inti-Illimani dei fratelli Coulon hanno tenuto nel teatro Capolicán per i quarantacinque anni, stasera vi parlo di quello che gli Inti-Illimani Históricos hanno tenuto per la Radio Cooperativa, nel ciclo "Cooperativa en vivo". Purtroppo lo streaming video è spesso interrotto, per noi non vedenti è abbastanza proibito mettere i video in pausa, unica azione che consente un caricamento fluido e quindi un ascolto goduto. Il concerto degli Inti di Salinas (i miei preferiti, anche se il mio sogno, come quello di tutti i veri fan degli Inti è quello di non averli mai visti separati o peggio in lotta tra loro, quelli che veramente hanno formato il VERO Inti-Illimani). Il concerto è iniziato con un gioiello che io non ricordo mai di aver sentito dal vivo, ma che so, per i numerosi contributi che lo testimoniano nel web, che è uno dei brani che Horacio Salinas esegue spesso. Il pezzo, di sua composizione e di ispirazione svedese (io per una vita ho pensato e segretamente ancora lo penso che sia di ispirazione italiana) è "Danza", che il gruppo ripesca da quella miniera d'oro che è "Palimpsesto", album del 1981. Il brano è uno di quegli strumentali complicati, politonali, dove la timbrica degli strumenti etnici viene portata ad eseguire carambole molto colte. Il brano, pur con il violino assente, acquista un gran fascino anche per la presenza della fisarmonica. Fa un pochino di tristezza vedere che la mano di Salinas ha perso forse un po' di smalto, ma la bellezza c'è tutta, anche grazie al charango dell'impagabile e carismatico Horacio Durán. La festa comunque c'è tutta, è un brano da riscoprire, bell'inizio. Arriva il primo brano cantato, che è una grandissima e dimenticata (da noi italiani) "Polo doliente". Dispiace forse un po' (tanto più se ci si è innamorati degli Inti per colpa o merito suo) costatare che la voce di José Seves ha perso un po' di quella limpidezza che la contraddistingueva e che la faceva risuonare come fulmine nelle anime di chi l'apprezzava. Comunque è bella, forse un po' troppo allegra in certi momenti, comkunque sempre "Polo doliente" resta. Fa piacere, ad una vera pianista intillimaniaca, sentire il pianoforte che fa parti paragonabili a quelle che in "Canción para matar una culebra" (1979) furono dell'arpa suonata da Jorge. Andando avanti, sempre da quel gloriosissimo "Canción para matar una culebra" viene la title track che gli históricos eseguono sicuramente con una semplicità convincente ma forse con poca verve. Le parti sono divise tra le voci di Salinas e Seves, il piano qui, per ora, è stato ridotto (se così si può dire parlando di un arrangiatore come Horacio Salinas) a produttore di piccoli momenti onomatopeici nell'introduzione. Comunque è bella, poi a me ricorda moltissime cose, non ultima la nostra uscita di scolaresca elementare che interpretò in maniera molto ossessiva questo "Mayombe bombe mayombe". Horacio Salinas, direttore degli Inti-Illimani Históricos, dopo aver parlato e ironizzato sul fatto che tra un po' ad inizio settembre verranno in Europa per risolverci la crisi, inizia un'esecuzione di un suo brano mozza fiato, tratto iriginariamente dal cd "Andadas", dal titolo "Araucarias". Anche qui si tratta di un bellissimo strumentale, che qui ha visto un utilizzo leggero ma particolare del pianoforte sulle gravi, nonché l'introduzione della fisarmonica (che se non sbaglio esegue una parte originariamente affidata al sacx: bello!). Andando avanti, la voce di José Seves, un po' incrinata ma sempre una delle più belle dell'America Latina, ci propone "Canto de las estrellas", sua composizione dedicata a Víctor Jara (cantautore cileno ammazzato brutalmente dal regime di Pinochet nel settembre del 1973). Il pezzo, che concludeva in maniera assolutamente perfetta "Arriesgaré la piel" del 1996, è molto bello nella versione degli Inti-Illimani Históricos, che portano il finale ad un curioso ritmo di controtempo, dove il pianoforte si diverte a svisare sulle alte, a metà tra un mandolino e certi stili jazz. Sempre bella, dolce, irruenta, come la vita. E continuando gli Inti ci regalano una bellissima e indimenticata "Alturas". Sempre bello ascoltare le sonorità di una chitarra classica con corde di nilon, un charango, una zampoña e un bombo, mentre cesellano questa impareggiabile melodia del grande Salinas. Incredibile è notare come gli accordi complicati che riempiono questo brano, costellato di momenti di solo apparente semplicità, non facciano per niente svanire la festa che dolcemente si fa quando lo si ascolta o lo si esegue. E andando avanti in q uesto momento nostalgico delle atmosfere andine, direttamente estratta dal primo volume di "Canto de pueblos andinos" viene "Papel de plata". Dopo anni dà gusto ascoltare la voce di Horacio Salinas, con il coro di quella di Horacio Durán. Il contrabbasso di Fernando Julio, seppur dona al brano nuove atmosfere rinvigorendo il registro grave, non disturba, idem dicasi per la batteria di Danilo Donoso, che imita perfettamente il suono del pandero (credo si chiami così), percussione andina. (Questo esempio di inclusione razionale della batteria dovrebbe essere seguito da tutti i gruppi italiani che invece la usano in modo dissennato). E facendo un salto di venticinque anni, gli Inti Históricos ci ricordano una traccia del pregevole (ma sconosciutissimo in Italia) "Lejanía". Il disco, credo concepito per il mercato statunitense, raccoglieva in prevalenza brani strumentali, tutti provenienti o ispirati dal folklore andino. In occasione del concerto a "Cooperativa en vivo" gli Inti eseguono una bella "Takakoma". Qui gli strumenti che gli Inti Históricos hanno incorporato alla sonorità del gruppo, d'altronde completamente radicati nella tradizione ad eccezione del pianoforte, dànno un buono e forte contributo alla sonorità del brano. Fa piacere riascoltare il lamento magico della quena (flauto a canna singola), che si mescola con la dolcezza della fisarmonica, a cui risponde l'irruenza (anche se anch'essa dolce) del charango. Belle emozioni, molti ricordi sgorgano come un fiume impetuoso dalla mia anima. Andando avanti, sicuramente aiutati dal fatto che Camilo Salinas oltre che suonare bene la fisarmonica suona bene il pianoforte, gli Inti Históricos riprendono "Palimpsesto", una melodia dove Patricio Manns (poeta e geniale collaboratore degli Inti senza distinzioni da anni) mette un testo politico con aperture alla filosofia e a metafore poco popolari, per evidenziare l'anima colta della catabilità. Molto raramente purtroppo in questa versione si riescono ad intuire i fantastici controcanti della versione del 1981, ma è pur sempre una grande emozione (io come repertorio e modo di suonare preferisco gli Históricos). E si arriva al passato recente degli Históricos con la "Danza negra" tratta da "Travesura", penultimo album del gruppo ed ultimo in studio, che in Italia non è mai arrivato ma si può facilmente comprare tramite Internet anche in cd fisico (tramite www.amazon.it, come ho fatto io!). La versione dal vivo è leggermente meno perfetta di quella da cd, ma è gradevole e ti viene una voglia di ballare che non puoi rigorosamente frenare. José Seves, credo autore del brano, lo guida con un misto di allegria e segreta sensibilità messicana (se sento delle note rotte penso sempre agli stili delle rancheras messicane, più forte di me!). Comunque è bella, viva gli Inti Históricos che hanno dedicato un cd ai bambini senza renderli stupidi, cosa che in Italia non fa ipù nessuno. E arriva Camilo Salinas che, prima del finale del canto, esegue uno dei suoi brevi e folgoranti assoli di piano. E il viaggio dentro travesura continua con quella che da sempre è la mia preferita di tutto il cd, la storica (ma a me sconosciuta "Quinteto del tren"), bella composizione di Luis Advis (quello di "Canto para una semilla" e "Santa María de Iquique", quest'ultimka opera interpretata dai Quilapayún). Bella la parte di fisarmonica, strumento a cui qui tocca fare la parte principale nell'imitazione onomatopeica del treno. Le voci si rincorrono, probabilmente gli Inti sono un pochino stanchi, dovrei essere meno impietosa, comunque è un bel concerto, mi piace sempre come dirige Salinas. ?? Andando avanti gli Inti Históricos ci propongono la "Drume negrita", un classico della musica afroamericana (le influenze africane hanno toccato tutto il nord e il centro America). Il brano nelle mani degli Inti una ninna nanna che senza minacce ricorda comunque al bambino che se non dorme il suo destino potrebbe riservargli brutte sorprese. Rispetto alla versione del disco si sente la mancanza del flauto traverso, che con la sua monumentale dolcezza dà, forse come nessuno strumento, idea di atmosfere notturne. Dopo aver lasciato gli Inti senza distinzioni Horacio Salinas incise alcuni cd da solista, da uno di questi, dal titolo "Remos en el agua", viene ripresa in "Travesura" nonché nel concerto che ci interessa, "Mi papá y mi mamá". Bel brano, che nella prima parte, doves i descrive il padre, è dolce. Quando si parla della madre la dolcezza cede spazio ad un ritmo binario che potrebbe anche essere paragonato ad un swing, anche grazie alla bella ritmicità del piano di Camilo Salinas. Salinas e Seves si divertono anche in una specie di scat nel finalino, bel momento anche questo. Gli Inti, lasciando "Travesura", riprendono tra le mani il loro precedente lavoro "Esencial", da cui estraggono "Llanto de luna", bolero strappatutto che il gruppo affida, come no, alla voce di José Seves, che da sempre ha dimsotrato di possedere ed euqilibrare dolcezza e potenza, le due virtù principali per cantare bolero. Il pianoforte di Camilo, e signori sa suonare è innegabile, si fa sentire in tutta la sua cantabilità, facendo leggere ma ben fatte variazioni sul brano, forse più adatte ad un brano di salsa, ma comunque fortemente compatibili anche qui. Ed eccoci alla mia preferita di tutto il repertorio degli Inti, quella benedetta "Medianoche" che me li fece scoprire ormai sedici anni fa. Qui sicuramente la si sente cantata meglio rispetto al concerto degli Inti-Coulon, poi va detto che amo moltissimo i boleros col pianoforte. Forse solo poche volte il canto di José Seves raggiunge quella potenza tremenda che me la fa amare tanto in "Arriesgaré la piel" (1996), ma è bella e forte. Ed eccoci all'assolo rituale, qui interpretato dal pianoforte, che almeno in questa prima parte si limita, se non in brevi momenti, ad esporre il tema. Il secondo assolo, più libero, è della chitarra di Horacio Salinas, mentre il suo posto viene brevemente preso dal pianoforte (padre e figlio dialogano tra lroo...). José canta il testo quasi con dolcezza e sopraffatto dal dolore per la fine di un amore che il protagonista non avrebbe voluto mai veder finire. Continuando si interpreta "Vuelvo", altro classicone del repertorio degli Inti, scritto da José Seves, e tratto da quella fucian di brani indimenticabili che è il giàripetutamente citato "Canción para matar una culebra" del 1979. La cosa più sconvolgente è forse che il pianoforte interpreta le parti che furono dle tiple (anche se i due strumenti sono compatibili e perfino facilmente intercambiabili). Gli Inti-Illimani históricos continuano (e credo concludono) il loro concerto a "Radio coperativa en vivo" con "El mercado de Testaccio", altro gioiello tratto da "Palimpsesto", questa volta indubbiamente di ispirazione italiana. Molto bella, sembra di sentire un misto tra gli Inti e una banda paesana delle nostre, anche senza i fiati. L'italianità è rappresentata da una bella fisarmonica, che permette anche l'esecuzione di bei ghirigori molto difficili da eseguire con gli strumenti latino-americani. Il brano, per chi non lo conoscesse, è un semplice tempo binario, con innesti di controtempi che non disturbano minimamente. Nell'insieme è un bel concerto, il mio sogno, come ho già detto sopra, è quelo di una reunion ufficiale tra i VERI Inti-Illimani.

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