martedì 11 gennaio 2011

Ma cos'è questo vintage 1

Carissimi lettori, oggi voglio riportare la vostra attenzione su una lodevolissima iniziativa avuta nel 2005 da "Tv, sorrisi e canzoni". Il giornale, va detto, ne ha sempre avute e continua ad averne. Particolarmente apprezzata da me fu l'uscita di due cofanetti doppi intitolati "Ma cos'è questo vintage", titolo parafrasato da una delle tracce del primo cofanetto, la notissima anche se poco citata "Ma cos'è questa crisi", scritta e cantata dal grande cantante e cantautore futurista Rodolfo de Angelis. Occupiamoci, per ora, del primo volume, il migliore della serie.

Il doppio cofanetto ha un'impostazione spudoratamente swing, difatti inizia con una meravigliosa "ba, ba, baciami piccina", lanciata ed interpretata dal grandissimo Alberto Rabagliati (qui c'è solo musica originale di epoche lontane, niente rifacimenti moderni spesso insopportabili!). Il brano, secondo me, va notato soprattutto per la sua vigorosa sezione di trombe.

La seconda traccia del primo disco è una delle cosiddette "canzoni della fronda", quelle canzoni che, secondo malintenzionati, erano interpretabili in senso sovversivo. Mi riferisco a "Pippo non lo sa", che ascoltiamo da Silvana Fioresi coadiuvta dalle sorelle Lescan, tre grandi cantanti olandesi note in Italia con il nome di Trio Lescano. Il brano, si diceva, fosse dedicato a Starace, uno dei dirigenti di punta del P.N.F. Come sia è geniale e sfizioso, perché noi a livello di swing non avevamo niente da invidiare agli americani, soprattutto se a swingare era gente come Pippo Barzizza o Gorni Kramer.

E a proposito di grandi gruppi vocali che hanno caratterizzato dagli anni Quaranta e Cinquanta (loro sono arrivati anche molto più avanti, anzi la grande Lucia Mannucci credo sia ancora tra noi) troviamo il Quartetto Cetra, dal quale viene cantato un meraviglioso brano in dialetto milanese che porta la firma del sopracitato Gorni kramer, ottimo (anzi virtuoso!) ineguagliato interprete della fisarmonica jazz.

Subito dopo ritroviamo il trio Lescano al quale tocca di accompagnare l'ottimo tenore Enzo Aita, in un motivetto che ancora fa ricordare Giovanni D'Anzi, il grande maestro della canzone milanese, celebre autore del brano "oh mia bela madunina". La canzone che troviamo è un inno alle gambe delle donne, intitolata appunto "Ma le gambe". Per ricordare questo grande autore di canzoni ci si può procurare (credo con molta fatica) il cd a lui dedicato dal grande Memo Remigi.

Ci troviamo davanti ad un attore che canta, tendenza che non è mai scomparsa del tutto, anche se Alberto Sordi in questo caso non cantava in modo attoriale, anzi cantava correttamente. Il brano che ci permette di ricordarlo è un brano meno conosciuto dal titolo "Finalmente solo".

Subito dopo troviamo una spassosissima canzone americana ("Civilization") che ci viene proposta da un'incisione del 1949 da due interpreti importanti della musica di quegli anni. Da una parte troviamo Luciano Benevene, al quale viene affidato il ruolo dell'africano ribelle alle comodità e agli svaghi europei proposti da una ancora sconosciuta ma presto destinata al successo popolare Nilla Pizzi. Sinceramente è meglio sentire questa versione piuttosto che quella di Renzo Arbore nel suo pur pregevole e qui consigliato "Tonite Renzo swing". Infatti mi da abbastanza fastidio il microfono usato come se fosse un dialogo tra lo spazio e la terra, che il cantante foggiano utilizza per tre quarti del cd, ovviamente anche in questa traccia. Tra i rifacimenti di questa traccia mi preme di consigliarvi quello operato da Cristian De Sica per un cd dove rendeva omaggio ai brani che avevano segnato gli anni Trenta e Quaranta.

Dal Sanremo 1953 ripeschiamo la stupenda "Vecchio scarpone", lanciata da Giorgio Consolini in coppia con il grande baritono Gino Latilla. La versione che viene rimasterizzata nella raccolta è quella eseguita da quest'ultimo in coppia con il "Quintetto vocale". Spesso certi critici, ritenendo così di essere più competenti od intellettuali, tendono a snobbare questo repertorio, scordandosi che per una parte della popolazione italiana è composto da gioielli che, oltretutto, se li si guarda obbiettivamente, hanno anche un grande fascino dal punto di vista musicale. Voglio confessare, poi, che per me certi brani, come questo, racchiudono valori che noi dovremmo recuperare in occasione di questo centocinquantenario che, invece di unirci, sta servendo a dividerci.

Andando avanti di qualche anno riprendiamo un classico della canzone italiana ispirata a ritmi latini, ossia troviamo il "Mambo italiano", che abbiamo il piacere di ascoltare nella primigenia e bellissima interpretazione di Carla Boni, grande virtuosa degli anni Cinquanta. Voce semplice e leggera, senza pretese ma perfetta. Va anche detto che gli orchestrali sono molto bravi a rendere il mambo in maniera molto buona, l'uso dei fiati è estremamente convincente, ricorda un po' l'orchestra di Perez Prado.

Ed eccola la canzone che ha dato il titolo all'intera iniziativa, questa marcettina anni Venti.Trenta cantata dal grande Rodolfo De Angelis, forse antesignano della cosiddetta "Musica demenziale", anche se il comico era ottenuto tramite ottimi giochi di parole e non tanto attraverso la volgarità, come accade per certi gruppi moderni.

Ed eccoci al "reuccio" della canzone italiana, lo stornellatore romano per antonomasia, il cantante Claudio Pica in arte Claudio Villa. Da lui riascoltiamo "Fiorin Fiorello", una delle canzoni che hanno avuto l'onore dell'immortalità, tra quelle del repertorio anni Trenta. Anche in questo caso il brano ha una "coda" swing, molto bella anche se forse poco compatibile con ciò che la precede. Io infatti vorrei permettermi di consigliarvi la versione di Carlo Buti, grandissimo cantante toscano che ebbe il suo periodo d'oro negli anni Trenta.

Ed eccoci a Fred Buscaglione, che non viene sorpreso in una delle sue canzoni ironiche, ma bensì alle prese con un classico della melodia italiana, la bellissima "Non partir", ancora una volta uscita dalla penna di Giovanni D'Anzi. La versione di Buscaglione è bella, ma forse sarebbe stato meglio affidare questa canzone ad un cantante dall'impostazione meno swing. Comunque va riconosciuta a Buscaglione abilità, e agli Asternovas (suo gruppo d'accompagnamento) umiltà nel non piegare mai al swing questo bellissimo brano melodico.

Continuando si trova una canzone napoletana tra le più famose e classiche, la bellissima "Malafemmena", che troviamo interpretata da Giacomo Rondinella, suo primo interprete. Come si sa questo brano fu scritto da Totò per questo grande cantante napoletano, che giustamente era il suo preferito. Il brano è nato con un bellissimo ritmo di habanera veloce, accompagnata da un'orchestra dove gli archi lasciano posto ai fiati come sezione predominante. La voce di Rondinella si stende sulle parole con una grande signorilità, pronunciandole con pathos che però non sfocia mai nel patetismo.

Si torna al swing con la versione originale di "Mamma voglio anch'io la fidanzata", che ascoltiamo da Natale Codognotto, cantante genovese rimasto noto con il nome artistico di Natalino Otto. Con lui c'è, ancora una volta, l'orchestra del grande Kramer, che si prodiga in uno dei suoi storici assoli di fisarmonica jazz (senza cassotto!). Questa secondo me non è la migliore versione del brano, molto più interessante, anche solo per la qualità dell'audio indubbiamente superiore, è quella incisa con Franco Cerri e il suo gruppo qualche anno dopo (negli anni Cinquanta). Sconsigliata, ovvio, invece quella degli Articolo 31, che, secondo me, non ha contribuito per niente alla divulgazione della figura di Natalino Otto. Se si vuole approfondire questo grande artista si può visitare il sito www.youtube.com/barzottone, oltre all'impagabile www.youtube.com/ildiscobolo, completamente dedicato ai supporti storici.

Negli anni Trenta (e fino all'avvento del rock and roll è stato così) non c'era frattura tra la canzone italiana e quella dialettale, infatti la prima si nutriva umilmente e quasi amava confluire nella seconda. Un esempio è la figura del grande Odoardo Spadaro (detto "spadaccino"), di cui abbiamo il piacere di ascoltare "Sullacarrozzella", in una versione incisa dal cantante negli anni Cinquanta. Molto bella, anche se in questo caso vi consiglierei di ascoltare quella incisa negli anni Trenta con Kramer. Il brano, e tutto il repertorio di Spadaro, è specchio di una fiorentinità popolare che ora non esiste più.

E a proposito di grandi toscani, andando avanti ritroviamo l'attore Paolo Poli. Il brano presente nella raccolta non me lo ricordo, quindi io divago e ne approfitto per consigliarvi una sua personalissima (ma rispettosa!) incisione della versione toscana del canto spesso conosciuto come "Le tre sorelle", contenuta in un volume della raccolta della canzone italiana curata da Renzo Arbore prima che decidesse che la sua missione sarebbe stata sputtanare le canzoni napoletane. Bellissimo lo sdoppiamento che Poli opera tra la sua voce "normale" e quella falsettatissima che usa per imitare la donna. Geniale!

Ed a proposito di grandi del swing, ecco la grande bacchetta di Pippo Barzizza, questa volta alle prese con un classico del swing all'italiana, ossia la sempre verde e piacevole "Quel motivetto che mi piace tanto", che il maestro esegue dirigendo l'Orchestra Blue Stars. Io vi consiglio di ascoltare la versione di Nicola Arigliano, incisa con il suo impagabile trio (Ascolese, Vannucchi, Tatti) nel cd "Colpevole" (2005).

Prima avevamo citato il connubio tra musica italiana e dialettale, infatti ora troviamo colui che ha più di ogni altro basato la sua carriera sulla convivenza e l'osmosi di questi due mondi. Mi riferisco a Domenico Modugno, del quale abbiamo l'onore di ascoltare uno dei suoi brani brindisini (non siciliani, smettiamola! Dopo, con l'aiuto della moglie ha effettivamente riportato il suo repertorio in siciliano, ma non all'inizio!). Il brano che ascoltiamo è "La donna riccia", sfiziosissima ballata contro le donne con questo taglio di capelli (anche se poi il cantante assolve la propria amata... va bene!). Bellissima questa versione per sola voce e chitarra, sconsigliati tutti i rifacimenti nessuno escluso.

Subito dopo facciamo un salto in Francia, anche se il classico che ci troviamo di fronte è interpretato da una grande voce italiana, ossia da Milva. Il brano che troviamo è "Milord", lanciato da Edith Piaf e tradotto abbastanza bene in italiano. L'unica critica, forse è che il giro di "musette" per noi risulta artificioso.

E ci troviamo davanti ad un altro brano minore, ripescato dal repertorio del Duo Fasano, risposta tardiva e poco convincente al Trio Lescano. Il brano non me lo ricordo, si chiama "Ragazzo dello swing".

Troviamo Totò, che recita una sua brevissima ma fulminante poesia in lingua napoletana, perché non ci si deve dimenticare mai che il poeta era altrettanto bravo dell'attore (anzi forse di più!).

Il volume secondo di questo primo cofanetto si apre con "Maramao perché sei morto", una canzoncina "sincopata", riportata forse con troppa tracotanza dai jazzisti verso ritmi standard che non le si addicono (sconsigliata la versione di Arigliano!). La versione che ascoltiamo è l'originale interpretata da una sconosciuta Maria Iottini coadiuvata dal Trio Lescano (a volte tornano!).

Proseguendo troviamo un altro attore che ha dimostrato ampiamente il suo talento anche a livello canoro. mi riferisco al grande Vittorio De Sica, di cui ascoltiamo la sfiziosissima e mai dimenticata "Dammi un bacio e ti dico di sì", canzoncina sincopata cantata insieme ad Elsa Merlini. Forse la voce di lei è poco convincente in un ambito sincopato, ma buon brano, leggero e gradevole come ora non se ne fanno.

Dal Sanremo 1952 ripeschiamo un'altra canzone che qualche malintenzionato ha interpretato come una metafora della situazione geopolitica (di allora e di sempre!) dell'Italia: i "papaveri" sarebbero gli Stati Uniti, mentre la "paperina", che non si può ribellare perché è condannata alla subalternità da un destino avverso sarebbe la nostra bella penisola. Anche se il brano è sicuramente leggero ed in fondo gradevole, lancia un messaggio che non condivido. Comunque musicalmente è carino, è una tarantella di tipo centro-meridionale (non salentino insomma), con una particina in minore prima di andare col mitico "Lo sai che i papaveri...". La voce di Nilla Pizzi qui ha un colore leggero per niente patetico, indimenticabile comunque.

Continuando troviamo il primo brano di cui non mi sovvengo, la canzone "Che musetto", cantata da un certo Elio liotti.

Ed eccoci ad un momento militaresco, con "Passo di corsa", eseguita dai Bersaglieri. Non mi piacciono le bande, e in generale non amo i gruppi costituiti da strumenti della stessa famiglia.

Ed eccoci ad una romanza, pezzo fondamentale della cultura musicale di quel periodo, perché se la musica leggera non aveva ancora rotto con la musica popolare (per fortuna!) non aveva nemmeno staccato i ponti con la classica. Ascoltiamo la voce di quello che da molti è ritenuto il miglior soprano di tutti i tempi, la greca Maria Callas.

Nel secondo cd torna Rodolfo De Angelis con un brano che non mi sovviene dal titolo "Babà, Bebè, Bubù".

Ed eccoci al "Pinguino innamorato", brano che ascoltiamo nella sua versione originale, quella di Silvana Fioresi (famosa anche per "L'uccellino della radio") coadiuvata un'altra volta dal Trio Lescano. È notevole anche la versione di Nicola Arigliano nel cd "Go man", con l'inconfondibile tromba di Enrico Rava.

E a proposito di questa convivenza tra classico e leggero, andiamo avanti e troviamo "Voglio vivere così", interpretato dal tenore Ferruccio Tagliavini, cantante dalla voce potente e frizzante allo stesso tempo, cosa che oggi si è un po' persa. Come già fatto per "Bongo, bongo" si consiglia caldamente la versione di Cristian De Sica.

Il trio Lescano, oltre che coadiuvare i principali interpreti della canzone italiana del periodo ante Seconda Guerra Mondiale, ha anche avuto un certo successo come gruppo solistico. A dimostrazione di ciò sta questo swing bello lento dedicato al camminare sotto la pioggia. È un brano che loda in maniera radicale la povertà, ma nonostante ciò è gradevolissimo.

Il brano successivo è "Boccucia di rosa", ma non riesco a ricordarmi chi nel cd lo canti. È molto buona l'interpretazione di Fred Buscaglione. Qui, ovviamente, il suo gruppo può lasciarsi andare, soprattutto Dino Arrigotti, suo grande pianista.

Torniamo a Domenico Modugno, questa volta con uno dei brani in lingua italiana scaturiti dalla collaborazione con Riccardo Pazzaglia, grande paroliere che purtroppo la gente ricorda solo per la sua apparizione in uno dei programmi di Arbore degli anni Ottanta. Stupendo è l'utilizzo degli intervalli della musica cinese con obbiettivo esotizzante, sperimentato già dal grande Odoardo Spadaro nella sua notevole "Canzone cinese". Il ritmo è a metà tra una polka ed un ritmo esotico.

Il cd continua con la versione femminile della già incontrata "Oh mamma mi ci vuole la fidanzata", che ovviamente diventa "Oh mamma mi ci vuol un fidanzato", che ascoltiamo da Nella Colombo.

Un cantante swing grandissimo, quanto Buscaglione, Carosone, Rabagliati od Otto, è sicuramente il torinese Ernesto Bonino, del quale ascoltiamo "Quindici anni". Per quanto riguarda questo cantante io sono legata alla sua versione (incisa con il solito Kramer) di "C'era una volta un piccolo naviglio".


Tornando a Buscaglione troviamo un suo brano spagnoleggiante dal titolo "Porfirio Villarosa", dedicato ad un "manovale alla viscosa" che pianta il lavoro e si dà alla bella vita! Stupendo, e devo dire che non mi dà fastidio l'uso delle ritmiche spagnole per un pezzo a scopo esoticheggiante. Ovviamente ciò si deve al fatto che il brano in questione sia suonato molto bene. Infatti, è stato già affermato durante questo articolo, in quegli anni i ritmi popolari non venivano sfruttati ma venivano studiati.

Subito dopo troviamo un elemento del sestetto dell'altro re indiscusso del night italiano anni Cinquanta. Mi riferisco a Peter Van Wood, che qualcuno ricorderà aver militato nello strampalato ma ottimo sestetto di Renato Carosone. Qui lo troviamo alle prese con un brano dedicato alla più grande mania dei napoletani, ossia il gioco del lotto. Il brano è un tipico ritmo binario (polka, Fado, che dir si voglia), giocato su un giro di tonica e dominante, ripreso paro paro da un brano qualsiasi della nostra tradizione. Il brano da una combinazione di numeri che sarebbe scaturita al protagonista da un sogno. Non vi racconto la canzone, mai sia, così ne approfittiamo anche per ricordaer questo artista scomparso di recente e ben presto dimenticato dai nostri media, sempre dietro al cantante di qualità discutibile magari straniero.

Ed eccoci ad un omaggio alla musica "sincopata", con un brano del Trio Lescano dal titolo "C'è un'orchestra sincopata". Il brano è un esempio di come, all'epoca si amasse pubblicizzare i principali cantanti ed orchestrali in canzoni. Un esempio di questo possono essere canzoni come "Natalino studia canto" (Natalino Otto), "Quando canta Rabagliati" (Alberto Rabagliati), "La famiglia canterina" (Alberto Rabagliati e Trio Lescano) oppure il finale del brano "Firenze" di Odoardo Spadaro, che nella sua prima incisione, Voce del padrone, si concludeva con la citazione della suddetta casa discografica.

Abbiamo citato in questo excursus sulle canzoni che contengono citazioni dei propri interpreti anche "Quando canta Rabagliati", swing sfiziosissimo dedicato alla voce del cantante milanese, abilissimo del "Rabagliar". Di questo brano esistono due versioni: la prima, che credo sia contenuta nella raccolta, è degli anni Quaranta mentre la seconda è degli anni Sessanta. Il finale, nei due casi, muta. Nella prima versione si cita Tito Schipa, tenore leccese tra i più noti d'inizio secolo, mentre nella seconda si cita Celentano. I due artisti sono nominati come esempi di interpreti forse più famosi ma non dotati della personalità di Rabagliati.

Nel 1954 il Quartetto Cetra partecipò al Festival diSanremo con il brano "Aveva un bavero", brano di ispirazione militaresca ma con una tenerezza disarmante. Da allora il gruppo prese l'abitudine di parodiare le principali canzoni di ogni edizione. È questo il caso di "Musetto", che viene tramutata (rispettosamente) in un dialogo telefonico tra vari personaggi, con tanto di rumore del caro e vecchio telefono analogico.

Torna anche Paolo Poli con un brevissimo brano dal titolo "Chi sono".

Speriamo di avervi fatto piacere con questi ricordi, mi auguro di poter recensire il secondo cofanetto al più presto!

Nessun commento:

Posta un commento