martedì 6 ottobre 2009

Fado português (A Amália).

Carissimi lettori, anche oggi apro il mio diario, questa volta per ricordare un''artista a cui devo tanto che, in un giorno come questo, dopo una lunga lotta con la malattia ci lasciava.
Mi riferisco alla fadista portoghese Amália Rodrigues. Probabilmente, se non ci fosse stata questa triste circostanza, io non l'avrei scoperta. Mi ricordo benissimo la sensazione che ebbi quel giorno, quando dalla radio spagnola suonavano le note di una musica, per me sconosciuta, che si chiamava Fado e che, ben presto, sarebbe diventata uno dei punti di riferimento della mia vita di ascoltatrice e di musicista un po' presuntuosa.
La voce d'Amália, che anche ora mi sta facendo compagnia durante la compilazione di questo scritto, mi colpì per la sua limpidezza perfetta, senza sconti, che non avevo mai trovato e non avrei mai ritrovato successivamente in nessuna delle cantanti che avrei scoperto. Infatti, se confrontiamo la struttura timbrica della portoghese con quella ad esempio di Cinzia Marzo, che avrete capito essere una delle mie voci preferite, se non la mia preferita tra le femminili del folk italiano, scopriamo che Amália, quantomeno nei suoi primi trent'anni di carriera, anche se io non considero più di tanto le sue primissime incisioni, aveva un timbro semplicemente limpido, anche se di una potenza disarmante, mentre Cinzia, a seconda di ciò che canta, ha un timbro fortemente, se non completamente, diverso.
Tornando ad Amália, e scusate, voglio subito togliermi un rospo dall'anima. Chi la conosce un minimo, sa che lei, a partire dal bellissimo "Bobino 1960", live registrato nel teatro parigino di Bobino, ha iniziato a cantare brani in altre lingue e ad inserire nei concerti, oltre al Ffado, altri repertori, in quel caso soprattutto la copla spagnola, ovviamente opportunamente "afadistados", perché lei, contrariamente alle fadiste d'oggi, è prima fadista che star internazionale. A partire dagli anni '70, dopo l'incontro con Franco Fontana, avvocato che per lei lascerà l'attività forense e diventerà agente artistico, inizierà a cantare canzoni italiane a cui noi, dopo aver risposto per qualche anno, ossia quando andava di moda il folk serio come Otello Profazio, con ovazioni e molte opportunità come i duetti con Maria Carta e Rosa Balistreri, iniziamo ben presto a dimostrare il nostro, veramente proverbiale, menefreghismo. Questo si è dimostrato ancora più forte, ed è una vergogna accresciuta, quando lei morì perché nessuno, a parte Enrico Vaime dal suo "Blackout" e Fernando Fratarcangeli dalla parte musicale del programma sportivo "Zona Cesarini", la ricordò, facendomi pensare che da noi non fosse neanche conosciuta.
Voglio confessarvi una cosa. Ho parlato della limpidezza del timbro che mi folgorò la prima volta che sentii la voce della Rodrigues, ma, in verità, io la preferisco quando, a partire dalla fine degli anni '70, il suo timbro inizia a diventare più stanco, traducendo meravigliosamente quella tristezza profonda che lei viveva tanto e di cui riempiva moltissimi dei suoi versi.
A voi, lettori, comunque voglio consigliarvi alcuni album da poter ascoltare e, magari, acquistare per farvi ritornare alla mente questa voce così semplice e complicata.
Meraviglioso è il già citato "Bobino 1960", pubblicato in lp da un'etichetta francese, per la quale Amália aveva provvisoriamente lasciato, tra il 1957 e il 1960, la sua fidata Valentim de Carvalho. E' un disco live dove, contrariamente al molto più conosciuto "Amália no Olympia" pubblicato anche come "Amália Rodrigues in concert", c'è una vera comunione tra l'artista ed il pubblico.
Interessante è anche "Fados 67", pubblicato anche con il titolo di "Maldição", dove la fadista è accompagnata da quello che secondo molti cultori del Fado è il miglior gruppo d'accompagnamento mai esistito, il Conjunto de guitarras de Raul Nery.
Per quanto riguarda l'esperienze e le passioni italiane di Amália, sono bellissimi, ma purtroppo quasi introvabili, "A una terra che amo", lp del 1973 con alcuni brani della tradizione popolare italiana, prevalentemente meridionale, "afadistados" benissimo, e "Amália in teatro, live registrato al Sistina di Roma, dove Amália racconta il fado e la tradizione rurale portoghese, a cui lei si è altrettanto dedicata perché la sua famiglia veniva da una delle più ricche regioni in quanto al folklore, in un italiano simpaticissimo, ma, vi giuro, che si impara ad amare semplicemente e profondamente questa cultura, molto più che se si leggono moltissimi studi.
Meravigliosi, infine, sono due dischi degli anni '80 intitolati rispettivamente "Gostava de ser quem era" e "Lágrima", composti completamente da poesie d'Amália, mirabilmente musicate dai suoi chitarristi. Se farete questo percorso nella discografia d'Amália così come io ve l'ho consigliato, la conoscerete bene, senza tediarvi.
Fra i tributi che le sono stati fatti, particolarmente bello è il cd strumentale "Guitarras cantam Amália" della collezione "lisboa cidade de Fado", registrata da un "conjunto" d'eccezione: Paulo Parreira alla chitarra portoghese, Joáo Veiga alla chitarra classica e Joel Pina, bassista storico della fadista, alla chitarra-basso.
Spero d'avervi fatto venire curiosità e voglia di scoprire, finalmente, questa voce del Portogallo e del mondo intero.
Viva Amália!

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